la Repubblica, 20 ottobre 2019
Lo stile di Ugo Colombo, gregario e panettiere
Venerdì, pernottamento a Pordenone. Nella stanza d’albergo, sulla parete libera, una scritta in grandi caratteri: “Qual è la vera vittoria, quella che fa battere le mani o quella che fa battere i cuori?”. Firmato Pier Paolo Pasolini. Domanda retorica con risposta implicita, avrebbe commentato il mio professore di ginnasio. Non essendo Marzullo, specialista in punti interrogativi, ogni tanto me ne permetto qualcuno. Risposta implicita neanche tanto. Senza aprire un dibattito accennerei a un bibattito, battito sincrono di mani e cuori. Ognuno può pensarla come vuole, fatto sta che le parole hanno un senso, un peso. Se qualcuno decide di chiamare Sorgente di pace un tiro al bersaglio, qualcosa non funziona.
Erdogan, lo sanno tutti, è una creatura di estrema sensibilità. Chissà cosa gli ha detto Giuseppe Conte in un’ora di telefonata, così ho letto, per metterlo di cattivo umore. Da buon italiano, provo a rimediare. Erdogan non ama che l’offensiva turca sia definita un’invasione? Chiamiamola scampagnata fuori porta, o picnic oltre frontiera con danni collaterali, o piccola esercitazione antiterrorismo, che sarà mai. Già gli si rizza il pelo se sente la parola genocidio riferita al popolo armeno. Figurarsi adesso che i filoterroristi di mezzo mondo considerano un’invasione e un massacro la sua Sorgente di pace.
Sarà difficile farlo capire ai curdi, che come ultima risorsa antiaerea bruciano i copertoni sperando che il fumo dirotti qualche bomba. Ma ormai le bombe sono intelligenti e vanno dov’ è previsto che vadano, sulle case, sugli ospedali, sugli sfollati. Ma sempre con bon ton: prima le donne e i bambini.
Vorrei passare a un pubblico ringraziamento. Al presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, che dopo una conferenza stampa ha commentato: «In questi giorni ho letto di tutto e di più, ma anche su giornali importanti. Fortunatamente i giornali non li legge più nessuno». Fonte: Corriere dello sport. Doppio ringraziamento: il primo perché ha ammesso l’esistenza di giornali importanti, ma ignoro in base a quale ragionamento, il secondo per l’appoggio dato alla carta stampata in un periodo non dei migliori. Potrei aggiungere un terzo grazie per l’evidente contraddizione tra le due frasi, ma lasciamo stare. Più interessante il passaggio in cui parla del futuro di Callejon e Mertens, che sarebbero tentati dalle offerte provenienti dalla Cina. «Se uno vuole andare a fare le marchette in Cina perché strapagato ed è disposto a passare due-tre anni di merda, questo è un problema suo». Ecco uno che parla chiaro, ma con idee non chiare sulla Cina. Due-tre anni di merda, in Cina, o anche tutta una vita di merda la fa un bracciante, un muratore, un contadino, non un calciatore di 32 anni che arriva dall’Europa e anche per questo è strapagato. Detto questo, liberissimo di chiamarle marchette. Dipende dai punti di vista.
Telefonata che mette tristezza. Da Pontremoli, “Ugo è morto”. Ugo Colombo, ciclista gregario, ma di quelli capaci di finire un Giro al terzo e al quinto posto, e un Tour al decimo, sempre sgobbando per il capitano, Bitossi. Legnanese, tra gli scopritori del talento di Saronni, si era staccato dal ciclismo. Troppe cose non gli piacevano più, si stava cambiando in peggio, il suo era un onesto ciclismo di fatica. Era andato a vivere a Pontremoli, faceva il panettiere e faceva un buon pane.
Lo ricordo con grande affetto, tutto vestito di bianco e imbiancato dalla farina, gli occhi azzurri che ridevano perché si sarebbe parlato in libertà dei vecchi tempi. Era uno dei miei informatori in bicicletta. La tv trasmetteva solo il finale delle tappe, c’erano tanti chilometri da ricostruire. Chi tirava dopo una foratura, chi rompeva i cambi, chi aveva cominciato la fuga? All’arrivo andavo da Colombo, ma anche da Poggiali, Fezzardi, Armani, De Prà, Chiappano e ricostruivo quel che era successo lontano dai miei occhi, ma non dai loro. E sapevo di potermi fidare, non mi avrebbero raccontato fischi per fiaschi, e tanto meno lui, che era la pulizia fatta persona. Allora sì che ci sentivamo tutti sulla stessa barca. Come più in là Cassani, Colombo era un ciclista intelligente, quando non esistevano le ammiraglie collegate via radio. Leggeva e sentiva la corsa, era di quelli che i francesi chiamavano e chiamano capitains de route. Per quelli che non l’hanno conosciuto, dirò che l’hombre vertical nello sport non è solo il campione che riempie le prime pagine. Ugo Colombo, gli sia lieve la terra, era un hombre vertical, e così lo voglio ricordare.
L’ angolo della poesia. “Separazione”, del curdo Sherko Bekas: “Se dai miei versi/ strappi le rose/ delle quattro stagioni della mia poesia/una morirà. / Se escludi l’amore/ due delle mie stagioni moriranno./ Se porti via il grano/tre delle mie stagioni moriranno./Se mi togli la libertà/tutte e quattro le mie stagioni moriranno/ e io con loro”.