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 2019  ottobre 20 Domenica calendario

Il Chapo cinese ha perso 66 milioni in una notte

VANITYX
Sul passaporto canadese sembra un signore qualunque, mezza età, origini cinesi, i capelli neri con la scriminatura al centro. Ma a guardarli in foto non sembrano persone qualunque anche El Chapo o Pablo Escobar? Secondo alcune delle maggiori agenzie mondiali per la lotta al narcotraffico Tse Chi Lop, 55 anni, apparterebbe alla stessa categoria. Uno dei più grandi signori della droga d’Asia, se non il più grande.
Sospettato di essere il capo de “La società”, un cartello composto da almeno cinque grandi clan delle triadi di Hong Kong e Taiwan, capace di produrre tonnellate di metanfetamina e di smerciarla in una dozzina di Paesi dell’area, dal Giappone alla Nuova Zelanda, nascosta dentro bustine di tè. Un giro d’affari stimato tra gli 8 e 18 miliardi di dollari l’anno e che continua a crescere, nonostante le polizie di mezzo mondo, guidate da quella Australiana, gli stiano alle calcagna.
Le carte dell’inchiesta internazionale chiamata Operazione Kungur, lette dall’agenzia di stampa Reuters, descrivono un’organizzazione perfino più capillare e disciplinata dei cartelli sudamericani. Guidata da Sam Gor, soprannome che in cantonese significa “fratello numero tre”. Tse Chi Lop nasce nel Guangdong, Sud della Cina, durante il caos della Rivoluzione culturale e da giovane si affilia a una triade. Nel 1988 approda in Canada, Paese di cui qualche tempo dopo diventa cittadino, ma da dove continua a gestire il traffico di droga in Asia. Quando prova a importare eroina negli Stati Uniti la polizia lo arresta, in qualche modo se la cava con nove anni di carcere e una volta uscito riprende da dove aveva lasciato.
Non è facile capire come sia riuscito a mettere in piedi una rete illecita di portata continentale. Una delle chiavi sarebbe alla fonte, la capacità di cucinare in mezzo alla giungla del Myanmar quantità enormi di cristalli a prezzi ridotti, da rivendere poi in tutta l’Asia con ricarichi fino a 3mila volte. Grazie a profitti del genere Sam Gor avrebbe messo d’accordo tutti i clan locali, dalla mafia taiwanese ai biker australiani, promettendo nuove partite gratuite in caso di sequestro.
Si fa scortare da una squadra di kickboxer tailandesi, pare che in una notte al casinò abbia perso 66 milioni di dollari. Eppure rispetto ai boss sudamericani, materiale infinito per Hollywood, il suo stile di vita è meno appariscente. Anche per questo “fratello numero tre” è ancora in vita, e libero. In Asia i sequestri salgono ma il prezzo delle metanfetamine scende, segno che gli affari vanno a gonfie vele.