La Stampa, 20 ottobre 2019
Nonna Delia, che inventò la dieta mediterranea
Senza saperlo, ha scritto il capitolo più significativo della storia dell’alimentazione italiana. Pagine e pagine di sostanza e tradizione, pochi esperimenti e un amore viscerale per la sua terra: quel Cilento che oggi fa gola dagli Stati Uniti alla Russia, dove la globalizzazione ha fatto schizzare i numeri dell’obesità e delle malattie croniche. Delia Morinelli, 82 anni, domestica e cuoca sopraffina, con il mestolo e le pentole ha riportato l’Italia in cima a una classifica: quella di Paese con la migliore cucina del mondo, in termini di gusto e di benefici per la salute. Per oltre trent’anni, dal 1965 alle soglie del 2000, la signora è stata la domestica di casa Keys. Un cognome che a Pioppi, borgo di pescatori che in inverno conta poco più di 200 anime, è noto tanto quanto il più diffuso Vassallo. E, fuori dai confini, è il codice con cui gli addetti ai lavori identificano la dieta mediterranea. Uno stile di vita, più che un semplice regime alimentare, riconosciuto dal 2010 come patrimonio culturale immateriale dell’umanità dall’Unesco.
Una vera «testimonial»
E così, nonna Delia si ritrova a essere la testimone vivente di quella che è stata la carriera di Ancel Keys, il fisiologo statunitense morto centenario nel 2004, che per quasi quattro decenni elesse il litorale della bassa provincia salernitana come sua dimora: per lavoro e per piacere. Approdato negli anni 50 a Napoli, dove allora era bassissima la mortalità per malattie cardiovascolari, il medico decise di fermarsi in Campania e poi di stabilirsi a Pioppi per lunghi periodi dell’anno, facendo proprie molte delle abitudini nutrizionali del luogo. Qui, tra la collina scoscesa di Pollica e il mare blu, il lavoro dello scienziato giunse alle conclusioni più significative.
No a fumo e grassi
Confrontando le abitudini alimentari e il tasso di malattie cardiovascolari della gente di questi paesi con quella di altre sei nazioni, Keys dimostrò che i principali fattori di rischio per la salute del cuore e delle arterie sono rappresentati, oltre che dal fumo, dai livelli di grassi animali che si assumono con la dieta. E scoprì, di fatto, che sovente i poveri mangiano meglio dei ricchi.
Così è nato il mito della dieta mediterranea, caratterizzata dal largo consumo di alimenti di origine vegetale. Olive, castagne, fichi, scarola, ceci di Cicerale e fagioli di Controne sono peculiari di questo periodo. Ma nei campi e sulle barche si lavora tutto l’anno: per produrre il frumento e prendersi cura dei limoni, raccogliere i legumi e portare a riva le alici.
I coniugi «Kissi»
Nel Cilento, dove il figlio di Delia e la moglie portano avanti una piccola trattoria in cui capitano spesso ricercatori delle più antiche e prestigiose università europee e statunitensi, le tradizioni resistono. La signora risponde al telefono alle 19, ma è ancora presto per la cena: «La sera mangiamo poco: qualche alice con il limone, un tozzo di pane, un bicchiere di vino e un frutto». Via libera, allora, ai ricordi. «Quando arrivai dai Keys, avevo 25 anni e non ero mai uscita prima di allora per lavorare. Ci misi poco, però, ad ambientarmi. Ero una governante come tante, che si occupava di tutte le faccende. Capii subito, però, che il signor Ancel e la moglie Margareth erano molto interessati alla mia cucina». Qualcosa di atipico, per chi riconosceva come una tradizione quello che per due statunitensi era una novità assoluta. Dopo poche settimane, i coniugi «Kissi», come li ricorda Delia, cominciarono a fare tante domande sui piatti che ogni giorno finivano sulla loro tavola. «Il professore adorava le zuppe di lenticchie e di fagioli, ma anche le acciughe e le olive del giardino». Si cucinava con quello che dava l’orto, nient’altro. «Come condimento sughi semplici, qualche volta conditi con il pesce. Il ragù non è un’abitudine, a casa mia». E poi tante alici, che finivano nel piatto poche ore dopo essere state scaricate dalla barca del signor Giannino: il marito di Delia. «Ha speso una vita in mare: usciva tutte le sere e rientrava al mattino, quando io ero pronta per andare a servizio dai Keys».
Menu della longevità «2.0»
Delia ha dato molto ai Keys, ma lo scambio di conoscenza è stato reciproco. Lo si intuisce sentendola parlare di chilocalorie, piramide alimentare e medicina preventiva. Sul perché nel Cilento si viva più a lungo rispetto alla media, le idee sono chiare: «Oltre a mangiare bene, ci muoviamo molto e non stiamo mai da soli: avere le persone care vicine è come mangiare un dolce ogni giorno». Con la differenza che gli affetti nutrono il cuore, senza allargare il giro vita. Per questo, nel tentativo di recuperare uno stile di vita ormai perduto in larga parte d’Italia, è sempre più robusta la pattuglia di turisti che sceglie di immergersi tra gli 80 Comuni del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Obbiettivo: tornare alle origini. «La dieta mediterranea deve diventare un modello di sviluppo sociale, economico e culturale - racconta Stefano Pisani, subentrato al sindaco pescatore Angelo Vassallo: ucciso in un agguato di matrice camorristica nell’estate del 2010 -. Oltre che per la salute, questo stile di vita è a ridotto impatto per l’ambiente. Sposare la nostra causa vuol dire difendere il Pianeta in una fase cruciale, alla luce dei cambiamenti climatici in atto».
Il futuro nella ricerca
Considerando che al di là dell’Atlantico c’è chi è pronto a spendere centinaia di euro per ricevere una bottiglia di olio extravergine di oliva franto nel Cilento, il fine ultimo è istituire a Pioppi un istituto di ricerca sulla dieta mediterranea. «Affinché non si perdano, le conoscenze già acquisite devono essere integrate con lo sviluppo tecnologico che caratterizza la nostra epoca». Qualcosa di quasi incomprensibile per nonna Delia, già finita però sui libri di storia. «Non lo avrei mai detto, ma in fondo a Pioppi ho vissuto come una regina».