la Repubblica, 19 ottobre 2019
L’omosessualità di Elena Linari, difensore delle azzurre
VANITYX
Fra i sei tatuaggi sul braccio sinistro ce n’è uno, la scritta per aspera ad astra, che è il suo marchio di fabbrica: un marchio spirituale. Elena Linari se n’è andata dall’Italia nel 2018, forse stufa del grigiore o forse solo curiosa di nuovi sapori. Voleva crescere ( ad astra ), sperimentare, incontrare e se possibile risolvere difficoltà ( per aspera ). E ha scoperto un mondo migliore: «A Madrid non ho nessun problema a parlare della mia omosessualità. E sapete perché? Perché non è un argomento scioccante come in Italia, dove tanta gente reagisce male. Essere gay in Spagna non è come essere gay in Italia. In Spagna la libertà di sentire è un valore condiviso, in Italia no». I 25 anni di Elena, fiera fiesolana, sono tosti. Infatti sembrano di più. Scende in campo con il n. 5 sia in Nazionale che nell’Atletico Madrid col quale ha vinto l’ultima Liga. Era l’unica azzurra del Mondiale a giocare all’estero. Elena e il calcio bigotto figlio di una società più arretrata di lui, dove non si può ancora essere felici ognuno a modo suo: «Ma che scherziamo? La gente soffre e noi ci lamentiamo se un figlio è omosessuale? Allora abbiamo proprio sbagliato tutto». In un mondo “normale”, secondo Elena, certe rivelazioni non sarebbero mai una notizia: «Ho una compagna che vive in Italia e allora dov’è la storia da prima pagina?» racconta a Dribbling, in onda oggi alle 14 su Raidue. Dice anche di volerle dedicare un gol ma siccome lei di gol ne fa pochi (uno nella scorsa stagione) pensa che la sua compagna sia un po’ sfortunata perché non si sa bene quanto dovrà aspettare (dopotutto la pagano per difendere). Elena poi ritorna sull’argomento (non argomento) per denunciare le grettezze che nutrono la nostra cultura sportiva e la miseria di certe convinzioni radicate: «Trovo assurdo che il calcio femminile abbia bisogno che si parli dell’omosessualità delle giocatrici per far parlare di sé. Oltretutto è una balla che nel calcio femminile fiocchino le omosessuali. In Italia tanti sportivi coprono il loro privato con una relazione di comodo per evitare di scatenare i pregiudizi. Segno che non siamo pronti». Più che coraggio, la scelta di Elena è semplicità diretta. Come quella di sua nonna: «Quando l’ha saputo si è commossa e mi ha detto: “Ho paura per te perché in Italia non siete tutelate”. Capite? A dirmi queste cose era una donna di 80 anni! Non avreste anche voi pianto di gioia?».