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 2019  ottobre 19 Sabato calendario

Forse gli Ufo esistono davvero

È difficile credere in Dio, figuriamoci negli Ufo. Ma un fatto è sicuro: in cielo, da queste parti, c’è un traffico fitto di cose strane. Ormai sono troppi, per sospettare che siano tutti cretini, quelli che hanno visto, descritto, testimoniato, giurato: insomma sopra le nostre teste, anche se (...) segue dalla prima vittorio feltri (...) molti si rifiutano di ammetterlo, volano parecchi misteri. Dischi volanti? Extraterrestri? Adagio con le parole impegnative, ma vale la pena di andare a fondo, sebbene l’esercizio costi qualche imbarazzo: il rischio è di coprirsi di ridicolo. L’indagine si rivela subito ardua. Le autorità militari di queste faccende non ne vogliono sapere, hanno altro a cui pensare. Ci sono gli scienziati: ma come si fa a disturbare uno che studia tutto il giorno: «Scusi, lei che ne sa dei marziani?». Restano i filosofi, che dato il mestiere, forse hanno più tempo: in fondo, che c’entra la filosofia coi dischi volanti? Su questi argomenti, pure con la gente comune non è facile discorrere, ha l’impressione della presa in giro e preferisce non esporsi. Eppure a Pordenone, da anni ormai, ma soprattutto recentemente, l’Ufo è di casa; stando alle segnalazioni, circolano più alieni che Panda. L’ultimo episodio clamoroso, non c’è stato giornale che non l’abbia riportato: marito, moglie e figlio pordenonesi sono stati addirittura inseguiti, per tre ore, da un velivolo quanto meno originale. I tre erano in macchina sull’autostrada. A Mestre hanno notato un cono luminoso, un «affare» mai visto che, pur zigzagando a una quota di circa 250 metri, manteneva la loro stessa rotta. Vicino a Padova si sono fermati per il pieno di carburante, e hanno detto al benzinaio: «Guardi lassù, che le pare?». L’uomo ha strabuzzato gli occhi e ha dovuto constatare: un Ufo. La famiglia rimonta in macchina e quel coso era sempre sopra: così per altri 200 km, finché, al casello di Bergamo, si è stufato di curiosare nell’utilitaria e, con uno schizzo verticale, è scomparso dietro le stelle. Coincidenza non banale: altre persone, la stessa notte, sulla medesima autostrada, hanno incontrato la «pera luminosa». La scorsa settimana, un camionista di Vicenza di passaggio a Valdagno, non solo ha veduto un disco volante, lo ha fotografato. E chi ha esaminato i negativi esclude il trucco. Qualche giorno prima, in provincia di Brescia, presso Rezzato, in un campo di granturco i contadini hanno trovato sul terreno una traccia mostruosa: le impronte, profonde una decina di centimetri, di pattini enormi. Un elicottero? Impossibile. Non risulta in alcun registro aeronautico un atterraggio in quel posto. Attorno al solco provocato dalla fantomatica macchina, c’era del terriccio affumicato che è stato portato in laboratorio per una perizia. Ma il responso non si conosce ancora. Queste le cronache degli ultimi giorni. Se si risale fino a un paio di anni fa, ci si rende conto che gli avvistamenti sono stati centinaia, e quasi tutti nella parte orientale del Nord Italia, cioè da Brescia a Trieste. Perché proprio qui? Qualcuno interpreta il fenomeno in chiave, per così dire, positivista: nel Triveneto esistono un paio di basi della Nato e una dell’aviazione militare: ovvio che il traffico in cielo sia più intenso che altrove. Può darsi che ogni tanto si svolgano voli di jet sperimentali, inusuali, che l’inesperto scambi per extraterrestri. Obiezione: se l’arcano è tutto qui, perché non spiegarlo una buona volta, almeno la smettiamo con le fantastiche ipotesi spaziali. Risposta: da quando in qua i segreti militari vengono spifferati ai quattro venti? Cerchiamo di essere razionali. Ma c’è anche chi, pur non avendo le caratteristiche culturali e psicologiche del credulone, è propenso a interpretare il fenomeno come un segno inequivocabile che nell’universo – direbbero Quelli della notte – l’uomo non è solo. La tesi non è nuova, ed è suggestiva. E il fatto che sia alimentata da incessanti apparizioni contribuisce a irrobustirla; e i credenti aumentano. A Pordenone e dintorni sono una moltitudine, capeggiata dal vice presidente del Centro Ufologico nazionale, professor Antonio Chiumento, insegnante di matematica, il quale ha trasformato casa sua in una specie di “telefono amico” per coloro che, intravisto un marziano e non avendo il coraggio di raccontarlo al bar, desiderano sfogarsi ed avere conforto. Professore, quotidianamente di qua passano gli Ufo, un bel lavoro per lei. «È dal 1974 che m’interesso e le assicuro che non ho mai avuto un momento di requie: almeno un paio di chiamate al giorno». Cosa le dicono? «Le loro esperienze. Spesso sono persone traumatizzate, spaventate». Paura di che? «Si metta nei loro panni. La materia è inquietante, e imbattersi nell’ignoto emoziona sempre». Generalmente come sono le descrizioni? «Dischi volanti, oggetti piatti e tondeggianti che emettono fasci di luce, il più delle volte bluastra. Ma non mancano le varianti, il “sigaro” non è raro». Perché telefonano a lei e non che so, ai carabinieri? «Sono conosciuto. E si sa che sono una persona seria, non mi sogno mai di sfottere. Talvolta però si rivolgono ai carabinieri che con me collaborano, e io con loro. Qualche anno fa in caserma ho tenuto una conferenza per insegnare come si fanno i rilevamenti ufologici». Di cui lei è un tecnico, allora. Quando li fa? «Quando ne vale la pena». E la decisione su che cosa si basa? «Sull’attendibilità delle segnalazioni». Come distingue le valide dalle fasulle? «Anzitutto, tramite amici che ho negli aeroporti, verifico, sulla scorta dell’ora e della zona, se anziché un Ufo era magari un elicottero, e di frequente è così. Una seconda selezione si fa sul racconto: se non è contraddittorio, nell’80 per cento dei casi non è inventato. Ho i miei metodi per interrogare. Gli episodi autentici hanno delle costanti: oltre alla forma dell’oggetto, anche il modo di navigare e altri dettagli che è meglio non diffondere per non agevolare i burloni». Come avvengono i sopralluoghi? «Sondaggi: la molteplicità delle testimonianze dà la certezza che non è stato un abbaglio. Se c’è stato atterraggio, e capita di frequente, sono necessari anche dei prelievi». Prelievi? «Dove s’è posato l’Ufo restano elementi non trascurabili: rami d’albero piegati, erba inaridita dai carburanti combusti; è bene non disperdere le tracce». Quante inchieste ha concluso? «In 9 anni, almeno 750. E 150 volte mi sono imbattuto in fatti inspiegabili». Cioè? «Incomprensibili con i mezzi della scienza e con le conoscenze, sia pure teoriche, che abbiamo. Di conseguenza è lecito parlare di presenze che coinvolgono in pieno l’ufologia». Extraterrestri? «Che altro, se no?». Spero che non se la prenda, la domanda ha della rozzezza, ma la risposta mi sta a cuore: agli extraterrestri che gli frega di venir qui di nascosto? «La loro logica è diversa dalla nostra, impostato così il ragionamento non fila». Avranno uno scopo? «Valutare il nostro grado di civiltà, per citarne uno». Non pensa che valuterebbero meglio se si presentassero educatamente? Suppongo che chiunque di noi sarebbe disponibile a scambiare quattro chiacchiere col marziano. «Non sarei così schematico. Il fatto che gli alieni siano in grado di raggiungerci da un’altra galassia, dimostra che sono talmente più avanti dell’uomo da incutergli terrore. Interpreterei la discrezione come una sorta di rispetto per le nostre coronarie». Non mi sembra rispettoso che ci spiino dal buco della serratura. Inoltre, sarebbero più utili illustrandoci le loro conquiste tecnologiche che non con le sbirciatine villane. «Il mondo è diviso, gli uomini sono schierati in gruppi perennemente in guerra. È assurdo pretendere che gli extra diano una mano a una fazione in danno di un’altra; e non sarebbe bello neppure che contribuissero ad accrescere le tensioni esistenti, che bastano e avanzano. Evidentemente sono ragionevoli e si tengono fuori dalla mischia». Qual è l’avvistamento che in questi anni l’ha impressionata maggiormente? «Quello del maresciallo dell’aviazione Giancarlo Cecconi. Era in volo su Treviso e ha intercettato un Ufo, si è accostato e lo ha fotografato alla perfezione. Somigliava a una cisterna. Fece scalpore, ma le gerarchie militari per mettere a tacere la storia dichiararono che era un pallone; e un settimanale pubblicò delle immagini che volevano essere una conferma. Ma attenzione: le foto non erano quelle scattate dal sottoufficiale e che io avevo esaminato, erano diverse. Altro che pallone: fosse stato quello, tra l’altro, all’avvicinarsi dell’aereo sarebbe schizzato via per lo spostamento d’aria. Invece, il maresciallo che lo aveva affiancato per tre o quattro minuti sostiene che l’oggetto ha sempre mantenuto un assetto regolare. Dimenticavo: l’Ufo era stato registrato anche dal radar che, come si sa, è sensibile ai metalli, non alla gomma». Ogni tanto qualcuno afferma di aver incontrato dei marziani in carne e ossa. Lei se n’è occupato? «Sicuramente. Il più elettrizzante dei contatti lo ha avuto Angelo D’Ambros il 24 novembre 1978 sull’Altipiano di Asiago, in provincia di Vicenza. Era andato nel bosco a tagliare la legna: si volta, e vede due umanoidi sospesi dal terreno una ventina di centimetri. Alti poco più di un metro, magrissimi, naso e orecchie lunghi, indossano una tuta, ma le mani e i piedi, eccessivamente grandi, sono nudi e coperti di peli giallastri. Il contadino, agghiacciato, riesce ugualmente a domandare cosa vogliono, però parlano un linguaggio indecifrabile, una specie di borbottio. Poi, uno cerca di strappargli la roncola, chissà, forse temeva che gliela desse in testa. Scoppia la rissa: l’umanoide che tira da una parte, l’altro che non molla. Finché D’Ambros raccoglie un bastone e li costringe a scappare. Sempre sospesi, come per levitazione, praticamente volano. E lui, dietro di corsa; ma li perde di vista. Seguita a cercare, ed ecco su una radura un disco blu con la cupola rossa scoperchiata, e i due esseri che si infilano dentro. Il boscaiolo assiste al decollo: il razzo, con una fiammata, si alza silenzioso e taglia le nuvole come una sciabola di fuoco. Sull’erba, un’ombra di caligine. Lo stesso giorno, altri testimoniano concordemente la presenza in cielo di un coso strano. C’è da riflettere». Non sarà che in determinate zone il consumo di alcol etilico è proporzionato al numero e alla frequenza delle apparizioni? «Comprendo il suo stupore, tuttavia liquidare un problema di tale importanza con mezzo litro di vino, non soltanto è riduttivo, ma anche sciocco. Molte persone hanno avuto rapporti del terzo tipo, non è onesto sostenere che fossero tutte sbronze. Sono proprio quelli come lei che ostacolano gli studi seri: perché la gente, per non passare da ubriacona, parla malvolentieri di queste cose». Perdoni, professore, ma gli omini con le orecchie a sventola che pilotano a piedi nudi i razzi interplanetari non indeboliscono lo scettico? «Già, e lei magari è uno di quelli che se un gatto nero attraversa la strada, infila svelto le mani in tasca per toccare le chiavi. Per fare una risata, non c’è bisogno di scomodare gli Ufo».