Corriere della Sera, 19 ottobre 2019
Cinquant’anni fa il primo messaggio in rete
Il 2019 è stato già ricordato come l’anniversario della caduta del Muro di Berlino, dell’allunaggio, della Grande crisi di Wall Street e della morte di Leonardo da Vinci: a ben pensarci tutti e quattro eventi da cui oggi facciamo derivare il concetto di «modernità» occidentale. A confermare questa fortunosa coincidenza temporale ce n’è un quinto, e forse anche un sesto, a fare da corollario alla teoria principale: il 29 ottobre del 1969, dunque 50 anni esatti tra dieci giorni, veniva inviato il primo messaggio su Arpanet, la progenitrice di Internet. Il messaggio doveva essere un semplice comando dell’informatica di base, «login», una sorta di apriti sesamo digitale come si ricorda chi ha avuto la fortuna di crescere con un vecchio Commodore 64 che non poteva beneficiare del dialogo semplificato con un mouse. Ma quel 29 ottobre qualcosa andò storto: la trasmissione, che doveva mettere in contatto l’Università di Los Angeles con un centro di ricerche di Menlo Park nella Silicon Valley, venne troncata dopo le prime due lettere da un crash del computer. Degli apocalittici disintegrati ne coglierebbero un qualche vacuo segno del destino, come se anche il nostro rapporto con la tecnica subisse le stesse leggi apocrife dei fondi del caffè. Ma senza per questo volere alimentare teorie catastrofiste, non è forse anche il crash dei computer – a cui oggi siamo quasi insensibili – la sesta caratteristica della modernità? Viviamo immersi in una iperstoria fatta di atomi e bit, con tutto il mondo connesso alla rete in latente attesa di un blackout digitale. Quella del 1969, in definitiva, fu solo la prima di una lunga serie di interruzioni tecnologiche da cui ancora oggi possono dipendere le nostre giornate, come un bizzarro orologio che, da un momento all’altro, ci può riportare indietro a quel 29 ottobre di 50 anni fa.