La Lettura, 13 ottobre 2019
L’energia è questione di densità e spazio
Ci sono diversi modi di pensare all’energia: da dove viene, quanta ce ne serve, quanto sia inquinante, quanto pesi sul benessere delle nazioni o incida sul cambiamento climatico. Ma dietro a geopolitica, ambiente ed economia ci sono anche un paio di fattori fisici impossibili da ignorare: densità e spazio. Due elementi che hanno giocato pesantemente nel definire l’assetto attuale dell’uso dell’energia nel mondo e in Europa.
Densità di energia per massa o per peso, ad esempio: si spiega così la difficoltà di scalzare il petrolio (le benzine e il gasolio) come signore indiscusso dei trasporti. In un chilo di benzina c’è all’incirca il doppio di energia, cioè di capacità di effettuare un lavoro, di quanta ce ne sia in un chilo di carbone, e il triplo rispetto alla legna da ardere. Densità di volume: un metro cubo di petrolio (scrive ad esempio Massimo Nicolazzi nel suo nuovo libro Elogio del petrolio, Feltrinelli, 2019) contiene mille volte più energia di un metro cubo di gas naturale. E un semplice tubetto di uranio da un centinaio di grammi, se utilizzato per produrre energia elettrica, batterebbe abbondantemente entrambi, oltretutto con emissioni di gas serra pari a zero. Fatti che servono a comprendere perché alcune fonti di energia si siano affermate e altre meno. E che servono a spiegare perché una «transizione» dallo stato presente ad uno stato futuro con caratteristiche assai più green non sarà semplice. Anche qui pochi numeri sono meglio di tante parole: nei 45 anni dal 1973 al 2018 nei Paesi dell’area Ocse la quota di fonti energetiche fossili – petrolio, gas, carbone – è passata dal 94% al 79%, con il nucleare che ha compensato buona parte del calo salendo dall’1% a quasi il 10%. Uno zoccolo duro, come si vede, che si sta dimostrando assai difficile da scalfire.
Qual è la fonte rinnovabile e naturale più «densa» disponibile all’umanità? Non ci sono dubbi: il Sole. In teoria su ogni metro quadrato della superficie terrestre perpendicolare ai raggi solari potrebbe arrivare una quantità di energia tale (1.400 watt circa) da far funzionare ininterrottamente un asciugacapelli. Ma poi vanno fatti i conti con atmosfera, nuvole, sfericità del pianeta e soprattutto con le tecnologie al momento disponibili. Col solare fotovoltaico, oggi, non si superano i 10 watt per metro quadrato; per converso, una centrale elettrica che usa metano conta su una potenza tra 200 e 2 mila watt per metro quadrato. Se l’Italia volesse ricavare dal solare fotovoltaico tutta l’energia elettrica che utilizza in un anno dovrebbe tappezzare di pannelli l’intera Valle d’Aosta. Salvo poi, la notte, dotarsi di qualche strumento per non andare a picco, batterie e accumulatori o impianti tradizionali. Pare insomma che la politica, per spingerci verso il futuro carbon free, debba ancora fare i conti con la fisica.