Il Post, 18 ottobre 2019
Storia dei matrimoni a Las Vegas
Little White Chapel – probabilmente la cappella più famosa in cui sposarsi a Las Vegas, quella delle nozze di Frank Sinatra, Judy Collins, Bruce Willis, Michael Jordan, Britney Spears e recentemente di Joe Jonas e Sophie Turner – non è più in vendita da mercoledì: la sua proprietaria, la 86enne Charolette Richards ha detto di aver cambiato idea dopo aver ricevuto un’offerta, e di aver deciso di continuare il lavoro che fa dal 1951. Da allora il mondo degli affari attorno ai matrimoni di Las Vegas è cambiato e negli ultimi anni attraversa una crisi preoccupante: nel 2018 il turismo legato ai matrimoni di Las Vegas aveva generato 2,5 miliardi di dollari, stando ai dati della Clark County, la contea della città. Non è poco ma è almeno un miliardo di dollari in meno rispetto agli anni di gloria dell’industria, che ora impiega più di 10mila persone. Sempre nel 2018 nella Clark County erano stati celebrati 74.534 matrimoni, il 42 per cento in meno del 2004, quando ce ne erano stati 128.238. La situazione è stata raccontata in un articolo uscito sul New York Times pochi giorni fa, intitolato «Perché nessuno comprerà la cappella per matrimoni più famosa di Las Vegas?»: la decisione di Richards di vendere la cappella – sul mercato da aprile, per 12 milioni di dollari – sembrava il segno definitivo della fine di un mondo.
È un mondo iniziato per agevolare frugali e celeri matrimoni durante la Grande Depressione e cresciuto in cerimonie scintillanti e chiassose con comparsate di finti Elvis e Babbi Natale. Nel 1931 lo stato del Nevada, dove si trova Las Vegas, approvò una legge che consentiva di ottenere in pochi minuti una licenza matrimoniale: gli sposi dovevano andare insieme negli uffici dell’anagrafe, dimostrare con un documento di avere almeno 18 anni, di non essere consanguinei o già sposati, e pagare una quota che cambiava di contea in contea; contrariamente agli altri stati non era richiesto l’esame del sangue, che serviva per dimostrare l’assenza di malattie veneree. A quel punto c’era un anno di tempo per fare registrare la licenza da un officiante accreditato in una delle tante cappelle che sorsero in città e che ora proliferano nella cosiddetta Strip, il vialone con gli hotel e i casinò. La facilità di sposarsi – e anche di divorziare, garantita sempre dalle leggi del Nevada – attirò moltissime coppie facendo nascere un’industria organizzata e serrata: ora ci sono pacchetti di tutti i tipi, che propongono matrimoni tradizionali, a tema gotico (tra i più richiesti), hawaiiano, ispirato all’antico Egitto, in mongolfiera, in elicottero o nel deserto.
Questo mondo scintillante attira anche gli stranieri. Oggi i matrimoni funzionano quasi nello stesso modo. Basta recarsi al Clark County Clerk, gli uffici dell’anagrafe di Las Vegas che sono aperti tutti i giorni dalle otto del mattino a mezzanotte, con un documento di identità e 77 dollari e poi compilare un modulo (ma si può anche farlo prima online) con i propri dati (incluso il numero di eventuali matrimoni precedenti); in una quindicina di minuti si ottiene la licenza, che anche in questo caso vale un anno, solo nello stato del Nevada. La licenza consente alla coppia – non si può rilasciare a un’unica persona o a più di due – di sposarsi e non è quindi prova del matrimonio. A quel punto bisogna farsi sposare da un ufficiale davanti a un testimone (che viene fornito anche dalle cappelle che organizzano i matrimoni), poi si hanno fino a 10 giorni per richiedere, anche online, il certificato di matrimonio (20 dollari a copia). Gli americani possono fermarsi qui, mentre gli stranieri devono richiedere la cosiddetta apostille (qui), cioè la dichiarazione di validità internazionale rilasciata dal ministro degli Esteri del Nevada (che costa altri 20 dollari), e poi far trascrivere l’atto al consolato di stato italiano in Nevada.
A questi costi (117 dollari, circa 105 euro) vanno aggiunti quelli della cerimonia. Per dare un’idea: un pacchetto limousine (per un massimo di sei persone) + Elvis che canta costa 298,30 euro mentre se si preferisce il matrimonio tradizionale si parla di 178,80 euro, dura un’ora e mezza e include anche un fotografo, un video delle nozze e un mazzo di rose. Si riceve anche un certificato di matrimonio, ma è soltanto simbolico, quello valido va invece richiesto sempre all’anagrafe. Negli ultimi anni stanno spuntando anche un po’ di cappelle piccole e informali, come la Little Neon Chapel dove il costo di una cerimonia parte da 49 dollari. La loro concorrenza sta affaticando ancora di più le gigantesche cappelle che da decenni macinano un matrimonio dietro l’altro.
Tra queste, racconta il New York Times, c’è Viva Las Vegas, che con i suoi 3.700 metri quadrati è la cappella più grande della Strip e celebra dai 2.500 ai 25mila matrimoni all’anno; il suo proprietario, il 61enne Ron Decar, ci lavora ancora travestendosi da Elvis Presley, James Bond, il Padrino o qualsiasi cosa vogliano i clienti. Un tempo la cappella era un enorme hotel, ora è un complesso di edifici dedicati alle nozze, tra cui un negozio di costumi, un diner anni Cinquanta per i pranzi e una stanza piena di fiori artificiali. Fa affari soprattutto grazie alle cerimonie di rinnovo dei voti matrimoniali, che valgono la metà delle entrate: «al secondo giro la gente vuole fare qualcosa di divertente. – ha spiegato Decar – Quando uno si sposa, si preoccupa di cosa penserà la mamma, ma quando rinnova i voti non c’è più pressione. Si pensa solo a divertirsi». A marzo Viva Las Vegas ha festeggiato 20 anni di attività, in cui ha fatto sempre la stessa cosa; da più di dieci però gli affari si stanno progressivamente riducendo. Accade un po’ perché in generale ci si sposa meno, soprattutto dopo la crisi economica del 2008 quando per i millennials (i nati tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta) il costo di un matrimonio è diventato proibitivo, un po’ perché i matrimoni a Las Vegas hanno perso fascino, passando, per molti, dall’essere spiritosi e liberatori a un po’ tristi e kitsch.
C’entra anche l’età molto più alta degli sposi, come sostiene Daniel Vallance, che ha 44 anni ed è il responsabile della gestione della Little Church of the West, la cappella dalla struttura più antica di Las Vegas: fu costruita nel 1942 su modello di una chiesa del XVIII secolo di una città mineraria americana, e al momento è prenotata fino al 2023. «Ora ci si sposa a 30 anni – dice Vallace – e quindi si hanno più mezzi finanziari. La gente non ha più voglia di spendere 50 dollari per essere sposata da un Elvis grasso e ubriacone: vuole qualcosa di più elegante e questo è l’approccio che abbiamo noi da 76 anni». Vallace ha anche un consiglio per i suoi rivali in crisi: «Vuoi sapere qual è il futuro del business dei matrimoni? Parla con le spose e fa’ quello che ti chiedono». Le regole d’oro di Dee Dee Duffy, 55enne proprietaria della Graceland Wedding Chapel, sono invece «niente matrimoni con zombie» e «non trattare mai le coppie come fossero numeri». La cappella è una replica della casa di Elvis Presley a Memphis, in Tennessee, e si vanta di essere stata quella che ha introdotto i matrimoni a tema Elvis, ancora il pezzo forte dell’azienda, che personalizza le cerimonie con molta cura attorno alle richieste degli sposi: i numeri dei loro matrimoni e guadagni sono costanti da anni.
Altre cappelle, come la Chapel of the Flowers, si stanno ristrutturando per aggiornare l’estetica ai tempi correnti, altre ancora provano a mettere da parte le decennali rivalità e allearsi per creare una sorta di nuovo brand, che navighi il concetto di nozze-a-Las-Vegas nel futuro: «vogliamo che le persone sappiano che stiamo cambiando, che ci stiamo adeguando ai tempi e che siamo in grado di rispondere alle esigenze di nuovi clienti», ha detto Lynn Goya, impiegata di Clark County, al New York Times. Intanto Charolette Richards continuerà a fare quello che ha sempre fatto nella sua Little White Chapel, che non è affatto piccola ma comprende un fornitissimo negozio di fiori, uno in cui affittare abiti da sera da uomo e da donna, una flotta di limousine, molte cappelle e un altare principale per le nozze. Il giorno in cui se ne celebrarono di più è ricordato con un’insegna luminosa e la data, il 7 luglio del 2007 (cioè 7/7/7, un numero pieno di significati mistici, religiosi e spirituali): furono 547. Ogni coppia, ora come allora, riceve la «Ricetta per un matrimonio felice» compilata dalla stessa Richards, che prevede «due tazze traboccanti di gentilezza», «quattro braccia cariche di gentilezza» e «un’intera vita passata insieme».