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 2019  ottobre 18 Venerdì calendario

Intervista a Robbie Williams

Il "regalo di Natale" di Robbie Williams ai suoi fan è un doppio album in uscita il 22 novembre, intitolato The Christmas Present , con un bel gioco di parole visto che i due dischi, uno di classici e uno di inediti, hanno come sottotitoli Christmas Old e Christmas Future , richiamando Il canto di Natale di Dickens. «Non è stata una scelta facile» ci dice quando lo incontriamo, tutto in nero e pailletes, in una suite del The Berkeley Hotel trasformata in set. «Avrei potuto fare solo i classici mentre la cosa difficile è far ascoltare alla gente le canzoni nuove, non altrettanto evocative. Quindi appena finito il lavoro ho avuto un bell’attacco di panico. Ma sono molto fiero del risultato, ho speso tempo e energia per questo disco, per scrivere le canzoni. Diciamo che ho fatto il furbo: ho messo vecchie canzoni di Natale per costringere la gente a ascoltare quelle nuove».
Oltre venti anni fa, quando ha iniziato la sua avventura solista, avrebbe mai pensato di fare un disco di canzoni di Natale?
«Certo che no, detestavo solo l’idea. La verità è che andando avanti la strada si stringe, senza accorgertene diventi parte dell’establishment, ma credo che questo sia davvero un disco di Robbie Williams, quello che sono stato e quello che sono».
Chi è oggi Robbie Williams?
«Ho avuto una vita fortunata, opportunità straordinarie, ho fatto esperienze incredibili. Tutto questo mi ha portato dove sono adesso, ad essere uno che canta canzoni di Natale. Scherzi a parte è una responsabilità enorme quella di entrare nelle case della gente in un periodo come quello delle feste, essere ascoltato mentre le famiglie si riuniscono a pranzo, essere parte di quel tessuto emotivo è fantastico».
Ascoltando l’album sembra che lei ci creda davvero nel Natale…
«Ho scritto trentacinque canzoni, se l’avessi fatto solo per una logica commerciale non ci avrei messo tanto impegno, non avrei corso il rischio di metterci canzoni nuove.
No, questa era una sfida che potevo affrontare solo in questa maniera, con un profondo amore per il Natale, un amore bambinesco, profondo. Che condivido con mia moglie, romantica e sentimentale, una professionista nella costruzione di momenti memorabili».
Intrattenitore lo è sempre stato, ma con questo disco il passo definitivo per essere showman è fatto.
«Non saprei dire esattamente cosa sono diventato. Di certo prima odiavo molte cose di me stesso e degli altri, oggi sono più tollerante, anche musicalmente. Forse mi sento come quegli attori che all’improvviso in un film cantano e tutti pensano "accidenti, sa fare anche questo". Ecco, sono un’attore che sa cantare un po’».
Molto modesto.
«No, non sono modesto ma so che posso fare ancora altre cose, che gli spettacoli che sto proponendo vanno sempre di più nella direzione del grande show in cui la musica è il centro ma accadono altre cose. So che devo fare ancora molto, sento che devo dare il meglio quando sono sul palco. Ma tutto accade con un piano, non è successo per caso, prima facevo le cose è basta, ora ho una visione, un progetto».
Un po’ del vecchio Robbie Williams è rimasto da qualche parte?
«Si, e alcune delle canzoni nuove magari a qualcuno daranno fastidio, non sono molto tradizionali. Soprattutto una,
Happy Christmas Jesus Christ : sono convinto che se i Monty Python avessero voluto scrivere una canzone natalizia per me, l’avrebbero scritta così».
Quando è scattato il clic che l’ha fatta cambiare?
«Quando ho detto di sì a mia moglie. Quando ho preso un impegno con lei. Darsi completamente all’altro, farlo entrare nella tua vita, cambia ogni prospettiva. E le canzoni sono cambiate per forza, io nello scrivere sono sempre stato autobiografico, scrivo quello provo, quello che vivo. Non riesco a fingere di essere qualcuno di diverso da me, nel bene e nel male».
Com’è nato il progetto di questo album?
«È nato tre anni fa, in studio, mentre stavamo provando delle cose nuove. Mi sono convinto, l’idea mi piaceva e ho proposto anche un titolo: "Achtung Bublè", perché io amo pazzamente Michael Bublè, ma adesso basta con le sue canzoni di Natale».
Ci sono molti ospiti nel disco.
«Alcuni sono vecchi amici, personaggi che amo e hanno ispirato il mio lavoro, come Bryan Adams e Rod Stewart. Altre cose sono nate per caso, come quella con Mike Tyson».
In un brano canta anche sua figlia Teddy. E in un’altra suo padre, che si esibisce nei suoi show.
«Mio padre è nel disco e ne sono fiero, molto fiero. E viene a tutti gli spettacoli, sale sul palco e canta, ha un gran carisma e mi ruba la scena».
Le piace la musica di oggi?
«Non molto, ma sono in un età in cui su posso permettermi di pensarla così perché faccio parte di una generazione diversa. Mi piacciono Ed Sheeran, Calvin Harris, ma la maggior parte di quello che ascolto alla radio pare evanescente. Sembra che la musica sia già stata scritta tutta, per i giovani autori è difficile fare canzoni che possano arrivare al pubblico e restare nel tempo».
E il mondo di oggi, le piace?
L’album si apre con "Time for change".
«Sono in una bolla, io e la mia famiglia, attorno c’è il rumore, la pantomima, la sfiducia. Ci sono io, i miei cari, il mio lavoro. Il resto è fuori da me. La canzone ha un malinconico senso di speranza, senza la quale non si può vivere».
Ci sarà anche un grande show di Natale?
«Sì, farò un live a Wembley in dicembre, una "grande merda festiva". Era questo il vero titolo del disco. Ma non lo hanno voluto….».