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 2019  ottobre 18 Venerdì calendario

Intervista al premio Nobel Olga Tokarczuk

Incredibile quello che può accadere alla Buchmesse. Si gira tra gli stand convinti che alle cinque di pomeriggio si stia sbaraccando e invece in un piccolo spazio delle edizioni Kampa Verlag sta accadendo qualcosa. C’è una folla di persone che si alzano sulla punta dei piedi per riuscire a vedere oltre un cordoncino. L’editore svizzero è quello che pubblica il premio Nobel Olga Tokarczuk. Che lei sia qui nascosta nella ressa? Riusciamo a intrufolarci e la vediamo sorridente con un bicchiere in mano che parla con un gruppetto di persone. Scopriamo poi che sono una parte degli editori che la pubblicano nel mondo. L’evento non era annunciato, in realtà non è neanche un evento ma una sorta di saluto tra amici del mondo editoriale. Con molta difficoltà la avviciniamo. È gentile, dice che forse alla fine del cocktail potrà dedicare un po’ di tempo a Repubblica . Non ne è certa, si tratta di aspettare. Dopo un’ora finisce con la cronista e la scrittrice dentro uno stanzino minuscolo, sedute quasi una sull’altra schiacciate tra le pile dei libri. La situazione è talmente buffa che iniziamo l’intervista ridendo. Olga è luminosa, una ragazza di 57 anni con gli occhi che brillano e il sorriso di una bambina.
Durante la conferenza stampa di apertura della Buchmesse lei ha detto che la letteratura è sempre politica, può spiegarsi meglio?
«Volevo dire che la parola "politica" va intesa in un senso molto più ampio. Per me si fa politica in ogni momento della vita: quello che mangiamo è politica, come trattiamo gli animali è politica, la natura è politica. Anche i nostri vestiti lo sono (Olga, la Nobel con i dreadlocks, indossa una gonna svolazzante e degli stivaletti modello suffragetta, ndr ). Perfino la spazzatura è politica».
Il critico letterario Harold Bloom, morto quattro giorni fa, sosteneva che la letteratura non deve essere vincolata a contenuti politici.
«Non sono affatto d’accordo con Bloom. Quello che dice poteva avere un senso nel passato, ma non oggi.
Bloom è un uomo nato negli anni Trenta, in un’altra epoca. Internet ha cambiato le cose: nel mondo della Rete tutto diventa politica. Ma non è solo questo. Riconosco nel modo di pensare di Bloom un tratto maschile. C’è una differenza tra uomini e donne nel definire che cosa sia politico e che cosa non lo sia. Le donne credo che abbiano orizzonti più estesi, sanno guardare alla politica legandola alla vita».
Le recenti elezioni hanno riconfermato al governo i populisti di Jaroslaw Kaczynski, come vede il futuro?
«Nel mio paese, proprio con questo governo alla guida, è stata approvata una legge che vieta l’educazione sessuale nelle scuole. È solo un esempio, certo, ma dà l’idea del tipo di approccio. Ci tengo però a precisare che nonostante tutto ho molta fiducia nei meccanismi della democrazia, nella funzione di contenimentodel Parlamento».
È la quindicesima donna ad aver vinto il Nobel dal 1901. Ha letto le opere delle altre premiate?
(Si accende) «Adoro Svetlana Aleksievic, ma la mia preferita è Wislawa Szymborska».
Anche lei polacca.
«Le racconto un aneddoto. Un giorno, una ventina di anni fa, ero a Cracovia nel solito caffè dove mi vedevo con gli amici. A un certo punto vedo seduta in un piccolo tavolino proprio lei, Wislawa Szymborska. Per timidezza e per la grande emozione ho fatto finta di non riconoscerla. Pur amandola molto non volevo disturbarla. Dopo un po’ ho sentito una mano sulla spalla, era lei che si veniva a presentare. Non è incredibile? Io allora ero ancora una giovane scrittrice e lei si avvicinava per conoscermi. Mi disse: Olga voglio congratularmi con te per i tuoi libri».
Prima faceva la psicologa, perché ha deciso di lasciare il suo lavoro?
Ricorda il momento in cui, di fronte a un bivio, ha scelto una strada invece che l’altra?
«Perfettamente. È stata una decisione dura. Ero una psicoterapeuta di successo, seguivo molti pazienti. Scrivevo ma non ancora a tempo pieno. Fino a quando un giorno ho capito che dovevo fare una scelta. Non è stato facile, per dedicarmi alla scrittura ho rinunciato a guadagni certi. All’inizio non avevo un soldo, ma sapevo che dovevo insistere, avevo dalla mia parte la tenacia».
Quanto tempo dedica alla scrittura ogni giorno?
«Lavoro anche dodici ore di seguito.
Ma non sto tutto il tempo sulla pagina. Cammino, penso, cerco idee, mi guardo intorno in cerca di particolari da catturare».
Qual è la prima persona che ha chiamato dopo aver saputo di aver vinto il Nobel?
«Mio marito».
È anche lui uno scrittore?
«È un traduttore dal polacco al tedesco. Gli ho telefonato e lui ha iniziato a piangere. Siamo sposati da tredici anni». Usciamo dallo stanzino, lui, Grzegorz Zygadlo, è fuori che l’aspetta. L’ultima domanda, quella su Peter Handke sostenitore di Milosevic, non ha voglia di sentirsela fare ancora una volta: «È tempo di festeggiare, non di polemiche».
Lasciata la Buchmesse andrà a Breslavia dove la aspettano altre celebrazioni.