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 2019  ottobre 18 Venerdì calendario

Vera storia di Mifsud, falso prof del Russiagate

LA VALLETTA — C’è un solo luogo in Occidente dove Joseph Mifsud, l’uomo chiave del Russiagate cui è appeso il destino di Donald Trump, e, in misura minore, quello di Giuseppe Conte, non è chiamato Professore: l’isola di Malta. Casa sua, dove è nato nel 1960. «Il professor Joseph Mifsud? — chiedono con sorriso sarcastico al rettorato dell’università di Malta — Qui non c’è mai stato un professore Joseph Mifsud. Conosciamo e abbiamo avuto un Joseph Mifsud, certo, ma professore non lo è mai stato né ha mai provato a diventarlo. Deve essere una delle sue storie da zatat .
Nell’isola lo sanno tutti che è un tipo così». Zatat , in lingua maltese, potrebbe essere tradotto come fanfarone, millantatore. Ma in verità, nel termine, c’è una punta di più greve e sincero disprezzo. Perché quando se ne chiede la traduzione in lingua inglese, ne esce un «professional bullshitter». Un cazzaro professionista.
Diciamo pure che non è un buon inizio per l’uomo che si vuole, alternativamente: a) agente di Mosca, accreditato alla corte di Trump, con il compito di consegnare nel 2016 il kompromat raccolto nelle mail rubate alla candidata democratica Hillary Clinton; b) agente provocatore a libro paga dei governi inglese e italiano per far deragliare la campagna repubblicana delle presidenziali Usa 2016 avvelenandola con materiale raccolto da Mosca. E, tuttavia, è un inizio fecondo e non necessariamente contraddittorio con il profilo di uomo nella manica di qualche Intelligence. Perché è qui, a Malta, che Joseph Mifsud ha cominciato a lavorare alla sua maschera, a indossarla con sempre maggior disinvoltura fin quasi a convincersi di essere davvero quello che non era mai stato.
Se si fa qualche altra domanda al Rettorato sul conto dello zatat , ne esce fuori la fotografia di un’alba gonfia di speranze. Metà degli anni ’90, il primo Rinascimento di Malta. Una generazione di giovani isolani che torna a casa per scrivere un futuro diverso da quello dei loro padri. Joseph Mifsud rientra da Belfast, dove è arrivato dopo un periodo all’università di Padova. In Irlanda del Nord, ha ottenuto alla Queens University, che i pettegoli dicono ateneo in odore di massoneria internazionale, un Phd in "Managing Educational Reforms". Il ragazzo — ricordano — allora poco più che trentenne è un "eloquent speaker", "forward looking", un affabulatore capace di intuire il futuro. Trova così un posto da "senior lecturer", qualcosa di meno di un ricercatore, all’università di Malta dove comincia a occuparsi di relazioni internazionali. È il primo equivoco. Perché, quella definizione, non indica alcuna competenza o mansione geopolitica o in affari diplomatici (l’uomo, del resto, ha studiato formazione). Al contrario, un banale ruolo di ambasciatore dell’università presso altri atenei dell’Occidente. Il Professore, che tale non è, conosce in questo periodo anche la donna che oggi porta in silenzio, e con grande compostezza, la mortificazione di un cognome — Mifsud — che ha avuto da sposata e ora alla berlina internazionale. Si chiama Janet. E lei sì, è davvero un’accademica. Insegna all’università di Malta biochimica e con Joseph mette al mondo una figlia, Giulia, oggi maggiorenne.
I due — sono i primi anni 2000 — trasmettono l’immagine di una giovane coppia di accademici dalla vita modesta, come i loro salari. Vivono a Swieqi, borgo incastrato tra Saint Julian e il promontorio di Penbroke, in una piccola "terrace house", un condominio. In cui il Professore non metterà più piede quando annuserà la high life dei salotti londinesi, della Roma monumentale, della Mosca di Putin. E dove Janet continuerà a vivere da sola, come un’appendice non più utile alla causa. Oggi, la Professoressa, lei sì, fa sapere di non avere la più pallida idea di che fine abbia fatto l’uomo da cui è separata da tempo. E di cui, con tutta evidenza, da tempo non vuole più sapere nulla. Quantomeno da quando cominciò a farsi vedere con una giovane fidanzata ucraina di 26anni, Anna. Ma anche lei, come chiunque altro sull’isola, esclude che Joseph possa anche solo immaginare di nascondersi da qualche parte sull’isola. Troppo piccola per passare inosservato. Troppo affollata di spie occidentali e agenti della Cia che qui hanno il loro più importante occhio e orecchio nel Mediterraneo.
Ma torniamo a quei primi anni 2000. Lo zatat cova ambizioni in silenzio, protetto dal lassismo che in quel tempo regna sovrano all’università di Malta. Non è mai al dipartimento. Non si sa che diavolo faccia. A che titolo, dunque, prenda i quattro soldi che pure intasca a fine mese. Deve arrivare un nuovo rettore, Juanito Camilleri, professore di informatica dall’intelligenza vivacissima, per dare un taglio a quella storia. Camilleri scopre, grazie anche al lavoro di revisione contabile di PricewaterhouseCoopers, che, nelle pieghe dell’autonomia finanziaria riconosciuta all’ufficio di Relazioni internazionali dell’Università, Mifsud si è ritagliato un fondo che usa come fosse un conto spese personale. Per carità, non più di diecimila euro. E, tuttavia, è il battesimo di un format che replicherà nei 10 anni a seguire.
L’università avvia la procedura di licenziamento, composta da Mifsud con una lettera di dimissioni irrevocabili dalla sua mansione di "senior lecturer" dell’università. Del resto, ha già trovato dove andare. Perché il caso, o forse no, gli ha portato in dote nuove amicizie. L’università di Malta ha siglato un accordo con la Link University di Roma, dell’ex ministro Vincenzo Scotti. È un ateneo ancora poco noto che, nelle intenzioni della partnership, deve funzionare come succursale a Roma dell’università di Malta. I progetti della Link, in realtà, come quelli di Mifsud, che di questa unione è il facilitatore, sono tuttavia altri. La Link apre in Italia corsi che l’università di Malta non tiene — di intelligence e security, per dire — in materie e con professori su cui non è possibile esercitare alcun controllo di qualità. E infatti il matrimonio si scioglie presto. Amichevolmente, ma presto. Nel 2008, quando ritroviamo il nostro Joseph nel gabinetto dell’allora ministro degli Esteri del partito nazionalista, Michael Frendo.
Frendo, che di mestiere è avvocato, è uomo colto e mite. Mifsud riesce a farlo fesso per qualche mese. Nel gabinetto del ministro, dove è planato grazie alla assidua frequentazione delle cene che Frendo ha organizzato nella sua campagna elettorale, gli viene affidato l’incarico di sovrintendere agli impiegati delle segreterie. Si è venduto la storiella di essersi occupato a Malta di gestione dei fondi europei, cosa che non ha mai fatto. E, appena messo piede al ministero, comincia a fregiarsi di un titolo, "capo di gabinetto", che non ha nulla a che vedere con ciò che fa. Perché il vero capo di gabinetto si chiama Cecilia Attard Pirotta, oggi ambasciatrice maltese in Israele. È lei che nel giro di poco tempo scopre di che grana è fatto quel tipo. «He did not deliver. He cannot deliver», dice a Frendo. «Non è grado di portare a termine nulla di ciò che gli viene affidato». In compenso, squaglia il cellulare di servizio con bollette che convincono il ministro ad allontanarlo.
Ma lui ha ottenuto ciò di cui aveva bisogno. Un’altra riga, tutto sommato non troppo farlocca, nel suo curriculum, che gli apre le porte dell’università di Agrigento, in Sicilia. Dove in poco tempo, prima che lo caccino, riesce a distrarre fondi dell’Ateneo per poco meno di 50mila euro, per i quali la Corte dei conti italiana ancora lo insegue.
Il capolavoro del professore che professore non è, è del resto a un passo. Per ragioni di cui ancora oggi nessuno all’università di Malta si capacita, e che nessuno nei Balcani è in grado di spiegare, diventa presidente della nuova "University of the Eastern Mediterranean", la Emuni, la punta di diamante di un nuovo progetto di alta istruzione che i paesi dell’Unione si sono contesi. E che è stato, alla fine, assegnato alla piccola Slovenia, nella città costiera di Piran. È il 2008-2009, nessuno sa o è in grado di spiegare per quale diavolo di motivo, tra tanti premi Nobel e accademici di vaglia in giro per l’Europa, venga scelto questo carneade maltese. Forse, azzarda qualcuno, perché in quella metà degli anni 2000 Mifsud si è agganciato a un uomo che pesa molto nei paesi dell’ex Jugoslavia. Miomir Zuzul, già ambasciatore croato negli Stati Uniti dal ’96 al 2000 (vive tuttora a George Town), cattolico praticante. Ma, soprattutto, cavaliere dell’Ordine di Malta.
È un fatto che a Piran Mifsud cominci a farsi chiamare da tutti Professore. Professore di un’università, la Emuni, che nelle intenzioni dovrebbe raccogliere studenti provenienti dai paesi del Nord Africa e del Levante ma che, in quegli anni, non ha né studenti né una sola facoltà, se si eccettua una summer school frequentata da venti tunisini. Anche qui il gioco dura finché i pazienti ma disciplinati sloveni non scoprono che lo zatat si è fumato 39mila 332 euro in pranzi, cene e bollette telefoniche.
È il 2013, il Professore si dà nuovamente alla macchia per riapparire d’incanto a Londra dove lo attende qualche buon amico e una nuova vita. La terza, verrebbe da dire. In realtà, come la storia dimostra, la prima, la più importante. Quella che lo porta dritto a Mosca.
1. continua


***


19 ottobre

LONDRA — Si è detto che Joseph Mifsud — il professore che professore non è — sia scomparso nell’autunno 2017 senza lasciare alle sue spalle alcuna traccia. Ebbene, anche questa, come il suo titolo accademico, appare un’inesattezza. Al civico 8 di Walworth Road, nel quartiere londinese di Elephant & Castle, c’è infatti una torre in vetro e acciaio dove ancora il 13 dicembre dello scorso anno il maltese risultava regolarmente domiciliato nel Regno Unito. Quel giorno, infatti, su indicazioni dell’anagrafe inglese, un ufficiale giudiziario notifica a questo indirizzo la sentenza della nostra Corte dei conti che condanna Mifsud a un risarcimento di poco meno di 50mila euro, equivalenti al denaro pubblico sperperato in quel del Consorzio universitario di Agrigento anni prima. L’appartamento — all’interno 3211 — dove si suppone che Mifsud abbia vissuto o lavorato fino a dieci mesi fa, oggi non lo ospita più. Il nostro, come spiegano cortesemente alla reception dell’edificio dopo un controllo negli schedari, «non si fa vedere da un bel po’». «Riteniamo — aggiungono — che abbia cambiato domicilio». Non è un caso che sia a Londra l’ultima traccia dello Zatat , del «cazzaro professionista» per dirla alla maltese, che ha in pugno il destino di Donald Trump. Perché è a Londra, nel 2013, quando in Slovenia, alla University of Eastern Mediterranean (Emuni), l’aria si fa pesante, che non solo trova riparo, ma costruisce i presupposti e indossa la maschera della sua seconda vita. A ben vedere, quella che ha sempre sognato. La più ambigua. Quella che gli apre le porte delle cancellerie dei Grandi del Mondo.
A Londra, infatti, Mifsud ha un vecchio amico che conta. Si chiama Nabil Ayad. È un uomo legato all’Organizzazione per la liberazione della Palestina ed è il direttore della "London Academy of Diplomacy", che ha fondato nel 1978 e che per anni ha funzionato da cinghia di trasmissione degli studenti della University of Westminster in predicato di entrare nel circuito della cosiddetta deep diplomacy , la diplomazia parallela. Ayad, nel 2009, ha chiuso una joint venture tra la sua London Academy of Diplomacy e la University of East Anglia. Cui, cinque anni dopo, subentra l’università scozzese di Stirling.
È qui, in Scozia, nel settembre del 2014, che lo Zatat maltese appare con il titolo di "Professore" in una tre giorni di seminari aperti a un gruppo di diplomatici africani e dei paesi caraibici. È un evento accompagnato da un qualche sfarzo: una cena di gala innaffiata da fiumi di champagne. È un evento, soprattutto, dove fa capolino un altro personaggio chiave della seconda vita di Joseph Mifsud e del Russiagate, sia nella sua declinazione americana che in quella italiana: il dottor Stephan Roh.
Roh è un ricco avvocato svizzero, tedesco di nascita, e con una moglie russa, Olga, con cui ha comprato un castello in Scozia che è valso a entrambi il titolo di barone e baronessa di Inchdrewer. È l’uomo da cui Mifsud non si separerà più. Il suo studio legale, "RoH Attorneys at law" — con sedi a Zurigo, Berlino, Londra, Hong Kong — è specializzato in due diligence e antiriciclaggio. E con la diplomazia ha poco a che vedere. Ma il legame tra i due è saldo come l’acciaio. Roh è l’ombra di Mifsud quando ancora non ha motivo di darsi alla macchia e suo socio nell’avventura alla Link University di Roma (acquisiscono quote della società di gestione). Roh è la voce di Mifsud quando diventa un fantasma. Perché è nello studio di Zurigo dell’avvocato svizzero-tedesco che viene scattata l’ultima foto del maltese svanito nel nulla. Roh, soprattutto, è l’autore dell’ormai introvabile pamphlet, del 2018, The faking of Russiagate , contronarrazione di un complotto che vorrebbe la Russia di Putin e gli Usa di Trump vittime delle intelligence occidentali.
Osservare le mosse londinesi della coppia Mifsud-Roh è di una qualche utilità. Perché quelle mosse portano a Mosca. Per dire: nell’aprile del 2014, Mifsud partecipa al "Global university summit" a Mosca e, nel maggio di quello stesso anno, incontra a Londra l’ambasciatore russo Alexander Yakovenko. Sempre in quel 2014, a luglio, il consigliere dell’Ambasciata russa a Londra Ernest Chernukhin visita la London Academy of Diplomacy, frequentata in quell’anno anche da Roh, con una delegazione dell’università statale di Mosca Lomonosov, universalmente nota come la fabbrica delle spie russe. Un’università, peraltro, dove, con sorpresa, l’ex rettore dell’università di Malta, Juanito Camilleri, si ritroverà di fronte proprio lo Zatat che aveva allontanato anni prima dall’ateneo dell’isola.
Del resto, anche Roh si dà da fare con Mosca. Acquista una piccola società inglese di consulenza nucleare, la Severnvale Nuclear services ltd (specializzata negli effetti delle radiazioni nei reattori nucleari), per avviare una cooperazione scientifica con Mosca. Un business quantomeno singolare rispetto al mestiere di Roh. E, a quanto pare, fortunato. Perché, dopo l’acquisizione di questa piccola società, e il licenziamento del suo fondatore, John Harbottle, i ricavi passano da 42mila sterline l’anno a 43 milioni di dollari. Mosca porta fortuna evidentemente. Anche alla moglie di Roh, Olga, che in quei magnifici anni londinesi ha una boutique a Mayfair, dove si veste anche Theresa May.
Il 12 maggio del 2017, Mifsud e Roh appaiono insieme al Russian international affairs council a Mosca per un rapporto sulle fonti energetiche. In quello stesso anno l’università di Stirling nomina senza alcun concorso il nostro professore che professore non è full time professorial teaching fellow, una sorta di assistente didattico. Mifsud è ormai una celebrità a Londra. Frequenta cene e pranzi nelle ambasciate. Si fa fotografare nei circoli tories abbracciato a Boris Johnson. Dirige il London center of international law practice, un nome altisonante che nasconde una scrivania e un telefono che non squilla mai. Una scatola vuota, come ha raccontato a Repubblica Simona Mangiante, che in quell’ufficio ha lavorato. E che conosce questa storia perché moglie dell’avvocato George Papadopoulos, che il London center frequentava, membro della campagna repubblicana di Donald Trump e uomo cui Mifsud avrebbe veicolato le mail hackerate a Hillary Clinton, il kompromat del Russiagate.
A Mosca porta anche un’ultima preziosa informazione che si raccoglie a Malta da una fonte qualificata degli apparati di sicurezza dell’isola. Si scopre infatti che, nonostante i suoi trascorsi con il partito naziona-lista, Mifsud trovi ascolto, a partire dal 2014, dal governo laburista di Joseph Muscat. E il motivo non ha nulla a che vedere con la diplomazia. Ma con lo schema di vendita dei passaporti maltesi a cittadini extra Ue. Indovinate quali? «I russi».
Del resto, è sempre quando si incrocia Mosca che questa storia suona. L’avvocato Stephan Roh bussa infatti alla porta di Repubblica. «Vi scrivo con urgenza — si legge in una mail — dopo aver letto la prima puntata della vostra inchiesta per segnalarvi che Mifsud è stato ufficialmente indicato dalla Link di Roma come professore, ha insegnato alla Link nell’estate del 2016, è stato direttore della Internationl strategic development della Link. Aveva una segretaria personale alla Link di nome Claudia Staffieri». Link, Link, Link. C’è nell’insistenza ossessiva di Roh un interesse evidente a tenere stretto il faro su Roma. Perché? E perché ora? Vincenzo Scotti, fondatore della Link, ha perso la voglia di sorridere. E a Repubblica consegna le prove documentali che smentiscono le tre affermazioni di Roh. Non era un professore (anche se tale veniva definito. «Ma che diavolo potevamo saperne noi visto che si portava quel titolo dietro dalla Stirling University?», dice Scotti); non tenne nessuna Summer school nel 2016 («Erano cicli di conferenze cui parteciparono decine di speaker», ancora Scotti); non aveva nessuna segretaria personale.
È un fatto che Joseph Mifsud abbia intossicato qualunque cosa ha toccato nelle sue due vite. Ed è un fatto che nessuno, ma proprio nessuno, tra quanti hanno avuto a che fare con lui tra Washington, Londra, Roma, Agrigento, la Slovenia, Malta, si sia mai posto il problema di chi diavolo fosse davvero e, soprattutto, se lavorasse per conto proprio o per conto terzi. Non se lo sono posto nemmeno gli italiani. Né prima, né durante, nè dopo. Anche di questo la prossima settimana il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, i direttori delle due agenzie di intelligence (Aise e Aisi), dovranno dare conto al Comitato parlamentare di controllo sui Servizi.
2. fine.