Corriere della Sera, 18 ottobre 2019
Ecco che cosa rallenta i processi
Quasi 1 udienza su 4 in Tribunale viene rinviata (peraltro in media a 5 mesi di distanza) per assenza dei testi citati, errori nella loro convocazione, notifiche omesse o sbagliate a imputati e difensori, e carenze logistiche della macchina giudiziaria. E quando arrivano le sentenze di primo grado, le prescrizioni ne falciano 1 su 10, ma le assoluzioni nel merito arrivano già in oltre 1 caso su 4 (1 su 3 nei reati monocratici come truffe e furti). Sono alcune delle dinamiche – spesso controintuitive rispetto a credenze comuni – fotografate dalla ricerca che gli avvocati dell’Unione Camere Penali Italiane (meglio che nell’esperimento del 2008) hanno svolto con l’Eurispes tra maggio e settembre su una udienza di 13.600 processi campionati dall’istituto statistico in 32 sedi di Tribunale, e che oggi presenteranno al congresso straordinario di Taormina.
Il campione di 13.600 processi (su 1 milione e 182.000 pendenti nei tribunali) ne ha visti rinviare 10.828, nella maggioranza dei casi (63,9%) come normale conseguenza di istruttorie non concluse. Tuttavia un dato scorporato segnala carenza di senso civico nei cittadini e inconsapevolezza dell’importanza della veste di testimone: ben l’8,3% di udienze è infatti rinviato per assenza dei testi correttamente citati dal pm e un altro 1,5% per assenza di quelli della difesa. Rinvii ai quali sommare quelli per errori del pm (1,7%) o dei difensori (0,3%) nel convocare i propri testi.
Ai difensori sono addebitabili anche lo 0,8% di rinvii per proprie esigenze e i legittimi impedimenti (comunque a prescrizione fermata) dell’imputato (1,5%) e del legale (2,1%): in tutto, il 4,7%.
Comprensibile, quindi, che Ucpi valorizzi che una quota ben più alta di rinvii di udienze (il 16,1%) vada invece sul conto o dei magistrati o comunque dell’apparato giudiziario. Se nel 3,3% dei casi è assente il giudice, se nello 0,3% muta il collegio (con lettura degli atti assecondata dalle difese nel 59,6% dei casi), se nello 0,2% non si presenta il pm e nello 0,4% non si trova il fascicolo, il grosso delle udienze salta infatti sempre a causa delle notifiche omesse o fatte in maniera irregolare dagli uffici giudiziari all’imputato, al difensore o alle persone offese: una voce – ulteriore rispetto all’1,7% di errate citazioni di testi del pm – che pesa per l’8,1% (con l’unica consolazione di essere meno dell’11,6% del 2008). E poi c’è un altro 3% di rinvii dovuti a logistica come il mancato trasporto dal carcere del detenuto, l’assenza di trascrittori, l’eccessivo ruolo.
Sui 13.600 processi monitorati, 2.807 sono andati a sentenza con il 43,7% di condanne, il 26,5% di estinzioni del reato, il 25,8% di assoluzioni nel merito (che salgono al 28,9% nei reati monocratici), alle quali sommare un ulteriore 4% di «non punibilità per particolare tenuità del fatto»: dato elevato, questo delle assoluzioni, giacché si registra già in primo grado dopo in teoria il doppio filtro operato dai pm con l’archiviazione in indagine o dai gup nei reati a udienza preliminare.
E la prescrizione? Se era già noto dai dati ministeriali che il 70% matura prima del processo, ora la rilevazione Ucpi-Eurispes – al netto di altre cause di estinzione del reato come rimessioni di querela, esito della messa alla prova, oblazioni, morte dell’imputato – mostra che la prescrizione falcia il 10% delle sentenze di primo grado: cioè di prima del momento dopo il quale la legge grilloleghista (contro la quale gli avvocati scioperano dal 21 al 25 ottobre) inizierà a bloccarla dall’1 gennaio 2020 senza alcun contrappeso. Di certo nei tribunali si lavora, ma come in catena di montaggio: l’udienza dura in media quasi 8 ore, ma i processi sono così tanti che la durata media è 14 minuti nei monocratici e 40 nei collegiali.