Corriere della Sera, 17 ottobre 2019
Il grande caos dei mezzi Atac
Venticinque autobus Atac andati a fuoco quest’anno durante il servizio. L’ultimo lo scorso 5 ottobre a Tor Bella Monaca, uno dei quartieri più difficili della Capitale: all’ora di pranzo il 20 express, un autosnodato di 18 metri, viene divorato dalle fiamme in appena 15 minuti mentre, tutto intorno, almeno in cento tra passeggeri in fuga, automobilisti e scooteristi riprendono il rogo con i cellulari per postarlo sui social. Poi le aggressioni sui mezzi: tantissime, quasi 200 dall’inizio dell’anno, di cui 63 nei confronti degli autisti che – non soddisfatti del pulsante di Sos collegato via Atac alla Questura – hanno provocatoriamente chiesto di poter «portare a bordo il taser». A fine settembre era toccato a Lucio Iannucci, conducente del 46, brutalmente picchiato da una banda di adolescenti mentre era in servizio a Boccea, zona nord della Capitale. E sabato scorso, di notte sulla via Casilina, a Roma Est, un bus è andato distrutto dopo il raptus di un 24enne libico: entrato ubriaco nella vettura, ha sradicato un bracciolo di un sedile e frantumato tutti i vetri scatenando il panico tra i passeggeri, prima di essere catturato dalla polizia mentre cercava di dileguarsi nel buio. Quindi il caso di ieri, il 301 che si schianta su un albero della Cassia causando 50 feriti.
Sono solo gli ultimi di una serie infinita di episodi a dare il senso della maledizione che si è abbattuta sui bus dell’Atac, municipalizzata del Comune di Roma in crisi (debito da 1,4 miliardi di euro) affidata al Tribunale fallimentare attraverso una procedura di concordato preventivo in continuità. Significa che il servizio pubblico può continuare e che il maxi debito nei confronti dei 1.200 creditori è «congelato», a patto però che l’azienda rispetti i rigidi paletti fissati dai giudici. Primo fra tutti quello di produrre più chilometri nel servizio di superficie, cioè i bus.
E infatti è proprio l’Atac, sul bilancio 2018, a parlare di «rischi, incertezze e possibili criticità nell’attuazione del piano concordatario» in riferimento soprattutto agli autobus che non vanno. Del resto la flotta sarebbe di 1.700 mezzi, ma ogni giorno, tra guasti legati all’età dei bus – 7 su 10 hanno più di 12 anni di vita, con punte di 17, record in Europa – e imprevisti di vario genere, Atac è costretta a lasciare 600 vetture e altrettanti autisti nelle rimesse. Il tutto, per l’utenza, si traduce in 4 mila corse saltate ogni giorno – 17 in media per ogni linea – con tempi di attesa che sfiorano la mezz’ora, per allungarsi fino a 90 minuti nelle periferie. Il servizio non va, insomma. E i chilometri persi sono oltre due milioni l’anno.
Nell’ultimo report aziendale la colpa della crisi è data alla «flotta dei mezzi vecchia», nonostante i nuovi acquisti del Comune, e alla «manutenzione carente». Per migliorare il servizio e blindare il concordato, tramite Consip, il Campidoglio ha comprato in Turchia 227 nuovi mezzi e anticipato a quest’anno 41 milioni per l’acquisto di altri 120 autobus. Le prime 80 vetture su strada da agosto hanno già registrato i primi guasti (una su quattro rientra ogni giorno in rimessa per riparazioni), così in Comune si discute della nuova commessa. Attraverso Consip potrebbero essere acquistati altri mezzi dalla Industria Italiana Autobus che produce in Turchia. Ma alcuni consiglieri M5S pressano per il boicottaggio.