la Repubblica, 17 ottobre 2019
Rai, alza il volume
Rai, alza il volume. Ma proprio in senso letterale, parlate più forte, chiaro, comprensibile, tutti voi che passate da un talk o recitate nelle fiction convinti che il tono basso sia sexy, quando invece provoca irritazione nelle case, tentativi continui di adeguare il volume, imprecazioni che fatalmente vanno ancora di più a coprire il parlato della tv. Una prima lettera alla rubrica di Repubblica, del lettore Francesco Ghio: che ha l’aria di intendersene parecchio e chiede, oltre a un minimo sforzo da parte di chi parla in tv, più impegno dei tecnici, tarando meglio i microfonini da giacca, avvicinandoli di più alla bocca e addirittura adeguandoli al tono di chi parla. Vasto programma. Ma subito, dopo la pubblicazione della lettera, un fiume di altri messaggi dai lettori. È vero, spesso non si sente nulla, non si capisce, se poi i protagonisti parlano anche con pesante cadenza dialettale (quella romana è pesantemente sotto accusa) allora si rinuncia e basta e si cambia canale, perché non ci si capisce proprio nulla.
A quel punto, ovvio, le modalità della protesta si moltiplicano e vanno in ogni direzione. Una lettrice chiede che tutto, ma proprio tutto, venga sottotitolato, un altro lettore va anche oltre e chiede i sottotitoli nelle interviste a personaggi stranieri nei tg al posto del doppiaggio-traduzione di una voce italiana, in quanto lui conosce l’inglese e vorrebbe godersi l’audio originale. E così via, saltando dai talk alle fiction, una lettrice confessa di non capire quasi nulla dei dialoghi della benemerita Rocco Schiavone — dove c’è un super-romano, Marco Giallini, che dialoga con i valdostani e tra i suoi uomini ha cadenze molisane e pugliesi esibite con decisione.
Sono tutti spettatori, soprattutto, della Rai e dalla Rai è giusto pretendere di più. Solo un lettore fa riferimento ai talk-show, e qui allarga il discorso anche a quelli delle altre reti, rimarcando l’autentica maleducazione degli ospiti che si danno sulla voce e proseguono imperterriti: Blob l’altra sera ha mandato una sequenza di Agorà (Raitre al mattino) in cui due politici di nessuna fama – impossibile individuarli in quel breve spezzone – per almeno trenta secondi hanno proseguito a parlare l’uno sull’altro senza che nessuno in studio, non si dice con un’arma da fuoco ma semplicemente con uno stop verbale, li abbia fermati quando era arrivato il limite di sopportazione.
Come titolava la prima lettera, insomma: anche l’orecchio vuole la sua parte. E lungi dal soffermarsi sull’età media del pubblico tv, che aumenta giorno dopo giorno, da qualche parte bisognerà pure iniziare a migliorare la situazione. Per esempio dalla tolleranza zero se in studio talk non si parla uno per volta, oppure chiedendo a tutti di usare un tono di voce più alto e comprensibile (in tv e in radio chi è esperto urla quasi, e sa che la resa per chi ascolta sarà quella di un tono normale). Inoltre far alzare la voce agli attori delle fiction intimiste con i loro borborigmi per arrivare a un’offerta più ampia, per esempio su RaiPlay, di film e fiction e programmi con attivazione dei sottotitoli. E magari un giorno si arriverà pure a tarare i microfonini da giacca sulla voce dell’ospite e quel giorno ci si avvierà tutti più volentieri a pagare il canone, magari urlando di soddisfazione.