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 2019  ottobre 16 Mercoledì calendario

Il dramma dei contadini è un film di successo Didier Guillaume

È uscito da tre settimane appena. Ma sono già un milione i francesi ad aver visto al cinema «Au nom de la terre», la storia di un allevatore, che, oberato dai debiti, si suicida: un sorta di western contemporaneo, tenero, solenne e pure molto duro, che sta diventando la storia corale di tutta una parte della Francia, quella profonda, il mondo dei campi in crisi e delle sue vite spezzate. 
Il regista è Edouard Bergeon, 37 anni, alto e due braccia che si potrebbero dire «rubate all’agricoltura». Ieri pomeriggio, a Parigi, ha dovuto salire in fretta sul suo scooter per raggiungere il ministro del settore, Didier Guillaume, che aveva visto il film e ne voleva parlare con lui. Anche Emmanuel Macron si è commosso, una volta che la parola fine ha chiuso «In nome della terra».
In realtà a Parigi ci sono poche sale che lo danno ancora. Il film non ha successo. «Invece, lo vanno a vedere in provincia, nelle città piccole e medie – racconta Bergeon –, soprattutto coloro che vivono in un contesto agricolo: è raro che un film parli di loro. Io credo di averlo fatto in maniera giusta, perché sono cresciuto in una fattoria, non lontano da Poitiers». Non solo: quella di Pierre, il protagonista del film, interpretato da Guillaume Canet, è la storia vera di Christian Bergeon, padre di Edouard, che aveva ripreso l’azienda familiare nel 1979. E aveva vissuto l’industrializzazione dell’attività agricola, particolarmente intensa a partire dagli anni 90 (contadini e allevatori erano spinti a investire sempre più per accrescere la produzione, ma al tempo stesso iniziarono a ridursi gli aiuti europei e quanto veniva pagato loro dai gruppi agroindustriali per le derrate agricole). Insomma: sempre più debiti, sempre meno guadagni.
Farla finita con i pesticidi 
Il padre di Edouard morì il 29 marzo 1999, «ma la situazione oggi – sottolinea il regista – è ancora peggio». Sono allarmanti i dati sui suicidi tra i contadini: secondo i più recenti della Mutualité sociale agricole, la principale mutua del comparto, uno al giorno decide di togliersi la vita. Nella prima potenza agricola europea (73 miliardi di euro di fatturato nel 2018), i coltivatori diretti hanno guadagnato l’anno scorso in media 2530 euro lordi, ma con grandi divari (un quarto meno di 642), mentre le multinazionali francesi dell’agroindustria come Lactalis macinano generosi utili. «Una parte della Francia lavora e non guadagna – aggiunge Bergeon – ma ai parigini non gliene importa più di tanto. Non si rendono conto che sono quei francesi a produrre ciò che si ritrovano nel piatto».
Quel maledetto 29 marzo di vent’anni fa non se l’è dimenticato. Suo padre ingurgitò dei pesticidi per uccidersi «che forse fu un gesto simbolico, sono i prodotti simbolo di una certa industrializzazione dei campi. Ma ci ho pensato solo dopo aver terminato la sceneggiatura del film». Edouard aveva appena sedici anni. Il papà venne a svegliarlo. «Mi disse che non voleva morire, mi chiese scusa». Spirò tra le sue braccia. Storia dimenticata, come tante altre, di una campagna lontana. Ma la memoria di Christian e di tutti quelli che non ci sono più rivive ora in «Au nom de la terre».