la Repubblica, 16 ottobre 2019
I micidiali elicotteri made in Italy di Erdogan
Una ventina di curdi si nasconde in un fitto oliveto. Hanno sentito il rumore di un elicottero e sono convinti che le chiome degli alberi li renderanno invisibili. Invece il visore infrarossi “spoglia” gli ulivi e individua le sagome delle persone. Non si sa se siano uomini o donne, civili o miliziani. I piloti turchi li uccidono uno dopo l’altro, inseguendo quelli che cercano di scappare. Sparano un centinaio di proiettili, commentando la carneficina con grida di giubilo e mimando il suono delle raffiche: “Ta-ta-ta-ta”. Lentamente continuano a seminare pallottole, finché a terra non c’è più traccia di vita.
Il filmato è stato girato nel febbraio 2018 durante la prima offensiva contro i curdi in Siria. E permette di capire quanto siano importanti per la Turchia gli elicotteri costruiti grazie all’Italia. Di tutto l’arsenale in mano a Erdogan, quei velivoli progettati dal gruppo Leonardo sono l’unica arma insostituibile. Il Sultano ha centinaia di carri armati, cannoni e cacciabombardieri, ma possiede solo una quarantina di elicotteri da combattimento Mangusta. Che oggi coprono l’avanzata delle sue colonne verso Kobane, proteggendole dal rischio di imboscate con la loro supremazia tecnologica.
Per Ankara sono “un orgoglio nazionale": i primi interamente prodotti in patria. Erdogan ha benedetto l’inaugurazione della fabbrica e il volo d’esordio. In realtà si tratta di creazioni del made in Italy: la versione avanzata dell’Agusta A129 Mangusta, che i nostri militari hanno usato in Somalia, Iraq e Afghanistan. Sono macchine micidiali. Piccole, veloci, robuste ma zeppe di apparati hi-tech. Scoprono gli obiettivi con un radar e un sistema infrarossi, a cui non sfugge nulla neppure di notte, nemmeno nei boschi. Hanno una torretta con un cannone a tre canne rotanti: per puntarlo basta che il pilota guardi il bersaglio, l’arma segue il suo occhio e spara 500 colpi in meno di un secondo. Possono lanciare 76 razzi che trasformano il terreno in un inferno. O guidare missili che sbriciolano i bunker. Cabina, motori e trasmissioni sono blindati – un Mangusta italiano in Afghanistan ha incassato cento pallottole senza problemi – e c’è un congegno per deviare i rari missili terra- aria dei guerriglieri. Per i curdi fermarli è quasi impossibile.
Chissà se il governo Conte ha uno strumento legale per impedire che questi Mangusta continuino a fare strage. Se troverà il modo di troncare i rapporti tra un’azienda statale come Leonardo e un Paese che si sta macchiando di crimini gravissimi. “Leonardo – precisa la società – opera nel rispetto delle normative nazionali, europee, internazionali e Nato sull’esportazione militare. Nel caso di evoluzioni del quadro normativo, Leonardo naturalmente si adeguerà alle nuove direttive nazionali”.
Il contratto per i Mangusta risale al 2007, quando la Turchia era ancora a un passo dall’entrare in Europa. Erdogan non voleva comprare degli elicotteri: chiedeva tutto quello che serviva per costruirli. E per questo ha pagato una cifra enorme: Finmeccanica ha ottenuto un miliardo e 79 milioni soltanto per la licenza, l’assistenza e i prototipi. Altri 300 milioni sono stati sborsati nel 2010 per una fornitura rapida di nove Mangusta. Un affare d’oro, senza badare alle implicazioni umanitarie.
Era chiara la destinazione di queste armi: distruggere i curdi del Pkk, che continuavano la resistenza in nome di Abdullah Ocalan, detenuto dal 1999 proprio dopo l’espulsione da Roma. I vecchi elicotteri americani Cobra erano minacciati dalle sanzioni di Washington, invece producendoli in casa non ci sarebbe stato più il rischio di restare senza ricambi. In più il contratto con Finmeccanica consentiva il salto di qualità nell’industria aeronautica, con i tecnici italiani che avrebbero insegnato tutto: una sfida per cui Ankara ha messo sul tavolo oltre tre miliardi.
Non è stato semplice. Ma – come ha dichiarato Erdogan – “abbiamo superato gli ostacoli, realizzando gli elicotteri che pattugliano orgogliosamente i nostri cieli”. Il contratto prevede di costruirne 52, più un’opzione per altri 41: questi ultimi destinati ai reparti del ministero dell’Interno, ossia i giannizzeri del regime. Attualmente ne sono in servizio circa 40, tutti impegnati in prima linea. E quasi completamente dotati di apparati made in Turkey, anche se Leonardo riceve una somma per ogni esemplare.
L’esordio in battaglia risale al 2015: due di questi velivoli – che i turchi chiamano Atak – hanno assaltato una base del Pkk. La prova generale di quello che è accaduto nel gennaio 2018 con la prima invasione della Siria. Coppie di Mangusta spianavano la strada a cannonate. Il 10 febbraio i curdi per la prima e unica volta sono riusciti ad abbatterne uno. Immediata la reazione di Erdogan: «Possono distruggerci un elicottero ma per questo pagheranno un prezzo molto più alto». Un’altra conferma di quanto il Sultano tenga ai Mangusta, che noi continuiamo a permettergli di costruire.