il Fatto Quotidiano, 15 ottobre 2019
Un fantasma dietro l’Air Force Renzi
Parafrasando una frase celebre di Winston Churchill riferita alla Russia, si può dire dell’Air Force di Matteo Renzi che “è un rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma”. Più si cerca di far luce su quell’affare dai contorni stralunati e più si scovano stranezze. Si scopre, ad esempio, che perfino la proprietà originaria di quell’aereo è misteriosa, avvolta nel fumo di una sigla: UTHL. Si sa per certo che Etihad, la compagnia dell’Emiro di Abu Dhabi fornitrice di quell’Airbus 340/500 con un leasing (affitto) del valore superiore di circa 26 volte il valore dell’aereo stesso, a sua volta gestiva in precedenza quel jet tramite un leasing. E che prima di chiudere l’affare con l’Italia, Etihad ha riscattato quello stesso leasing per diventare proprietaria del velivolo e che ha preso questa decisione in seguito a un’esplicita richiesta proveniente dall’Italia, in particolare da parte di chi a Palazzo Chigi stava trattando la partita. Anche se non è chiaro il motivo di una richiesta del genere, dal momento che lo Stato italiano avrebbe poi firmato il contratto di leasing non con Etihad, ma con Alitalia.
La cifra mostruosa dagli italiani a Etihad
Fatto sta che Etihad ha sostenuto a suo tempo di aver effettivamente riscattato, cioè comprato, l’aereo. Il passaggio di proprietà e la sigla UTHL risultano effettivamente nei registri aeronautici dei certificati di proprietà degli aerei. Trattandosi di leasing e di riscatto, a logica UTHL dovrebbe essere un lessor, cioè un soggetto, una società che per mestiere tratta aerei e li dà in affitto o li vende alle compagnie aeree di tutto il mondo. UTHL si sarebbe fatto riscattare da Etihad l’aereo di Renzi a fronte del pagamento di una somma di denaro. Presumibilmente a UTHL o ad essa più altri sono stati girati i 25 milioni di dollari (quasi 23 milioni di euro) o una parte di essi sborsati da Alitalia a Etihad a titolo di “prepagamento del leasing operativo” e documentati da una fattura che Il Fatto ha pubblicato nell’edizione del 2 ottobre.
Questa, almeno, è la spiegazione fornita dal capo della flotta Etihad, Andrew Fisher, ai rappresentanti del ministero dei Trasporti italiano, allora guidato da Danilo Toninelli, nel corso di un incontro riservato che si tenne il 9 agosto di un anno fa all’hotel St.George di via Giulia a Roma di cui Il Fatto ha già dato in precedenza notizia.
Ma la faccenda è strana. In quanto commercianti, anche se di un prodotto particolare come gli aerei, i lessor hanno tutto l’interesse a farsi conoscere dai potenziali clienti. Normalmente qualsiasi lessor al mondo si presenta con un sito su Internet, si fa pubblicità, spiega bene come e dove si trova, fornisce i contatti, spesso espone e descrive la merce in offerta. UTHL no. Nonostante tutte le ricerche condotte con l’ausilio di chi conosce bene la materia, di UTHL non c’è traccia e non risulta neanche ci sia un’autorizzazione a operare riferita a quella sigla.
Le mancate promesse di chiarimento degli arabi
Ma allora chi o che cosa è UTHL? Il Fatto ha rivolto questa semplice domanda a Etihad e ha inutilmente aspettato una risposta per quasi una settimana. Nonostante i reiterati solleciti da parte del giornale e le ripetute promesse di chiarimento da parte dei rappresentanti della compagnia araba, anche in forma scritta, nel momento in cui scriviamo non è ancora arrivata una riga di spiegazione.
Di fronte al muro di silenzio di Etihad, bisogna necessariamente ricorrere alle ipotesi per cercare di spiegare che cosa in realtà può essere questo o questa UTHL e quale ruolo può aver giocato nella strampalata storia dell’Air Force di Renzi. La prima ipotesi riguarda proprio il silenzio della compagnia araba: se non avesse avuto niente da nascondere riguardo all’acquisto dell’aereo da UTHL, Etihad non avrebbe dovuto avere reticenze di sorta a fornire le informazioni adeguate al Fatto.
Cosa si nasconde dietro quella strana sigla?
Se non è successo, vuol dire che c’è qualcosa da nascondere. Ma che cosa? Sempre per ipotesi si può ritenere che questa UTHL non sia mai esistita. O meglio, che magari esista sulla carta, ma sia una semplice sigla e che dietro ad essa non ci sia niente. E che quindi l’aereo di Renzi fosse di proprietà di Etihad già prima della comparsa di questa UTHL. E che questa UTHL sia solo una parent company, una specie di scatola, un cassetto di Etihad. Un mistero nel mistero. Di sicuro la vicenda dell’aereo di Renzi è uno dei capitoli dell’inchiesta più ampia che la Procura della Repubblica di Civitavecchia sta conducendo sulla bancarotta Alitalia.