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 2019  ottobre 15 Martedì calendario

Periscopio

Gli echi affascinano, gli sprechi giammai. Dino Basili, Uffa news.Più che farci conoscere un prodotto, la pubblicità deve farcelo desiderare. Mario Benincasa. Il Giornale.
Compiere novant’anni mi sembra impossibile. Qualsiasi festeggiamento mi fa l’effetto della prova d’un funerale. Con la differenza che al funerale non ci sarò e quindi me ne frego. Mentre oggi ci sono. Natalia Aspesi, 90 anni, giornalista (Simonetta Fiori). la Repubblica.
Dopo un annetto, l’esperimento Lega-Mds voluto da Mattarella è fallito. Intanto, un numero maggiore di italiani si è indirizzato a destra con le elezioni europee. Raffrontando l’attività di governo, hanno promosso la Lega primo partito al posto dei grillini retrocessi a terzo. Tanto che, secondo urne e sondaggi, l’odierno Parlamento è superato dagli eventi. Pare una foto del passato, non lo specchio dell’oggi. Il caso è previsto dalla Costituzione (art.88) che avrebbe consentito al Presidente di sciogliere le Camere obsolete per eleggerne di nuove in sintonia con l’elettorato. Giancarlo Perna. LaVerità.
I giornali italiani li trovo ben fatti. Ma tutta la stampa tricolore ha un vizio antico: se ti perdi una puntata, non ci capisci più niente. Negli editoriali è imbattibile. I tedeschi forse sono più bravi nei reportage. E nelle interviste: le nostre sono ruvide, le vostre spesso compiacenti. Giovanni di Lorenzo, direttore di Die Zeit (Stefano Lorenzetto). Corsera.
L’Italia è il 14mo paese europeo che ha firmato il memorandum sulla Belt and Road Iniziative (Bri), la cosiddetta Via della seta. Non c’è un’Europa di serie A e di serie B. Venerdì 29 marzo ha firmato anche il Lussemburgo, perché Juncker non si è dissociato? Non abbiamo venduto i nostri porti, anzi i cinesi hanno partecipazioni ovunque in Europa, come il 35% dello scalo di Rotterdam e nessuno ha protestato. A Genova abbiamo firmato un accordo di consulenza per la realizzazione di alcune opere, a Trieste si tratta di venti metri di molo. Michele Geraci, già sottosegretario allo Sviluppo economico, Lega (Fabio Savelli). Corsera.
Quando incontrai Guido Carli allo Iai (Istituto affari internazionali), dopo la caduta del governo Andreotti, gli chiesi con un po’ di malizia se l’Italia sarebbe riuscita a rispettare i parametri fissati dal trattato per il debito pubblico e il deficit di bilancio dei singoli Stati. Ebbi l’impressione che avesse parecchi dubbi. Ma aveva lavorato bene a Maastricht per il suo Paese e, pur conoscendo i difetti dei suoi connazionali, sperava che le prospettive aperte dal trattato sarebbero state, per la classe dirigente nazionale, un colpo di frusta. Sergio Romano. Corsera.
Lo zio Gino Lunelli mi chiamava in Africa ogni domenica. Mi è stato sempre vicino, capiva il valore della solidarietà, se ne occupa lui stesso, con una struttura in Mozambico dedicata alla nonna. In una di quelle telefonate, nel 2004, mi dice: vorrei che tornassi, c’è un posto che fa per te in azienda. Nel frattempo avevo conosciuto l’uomo che poi è diventato mio marito, anche lui impegnato nella cooperazione. Ne abbiamo parlato, lui è rimasto ancora un po’ in Uganda e poi in Etiopia, io sono tornata. Camilla Lunelli, responsabile comunicazione di Cantine Ferrari (Luciano Ferraro). Corsera.
Mio padre, medico, era fermanente convinto dell’importanza dell’educazione musicale. Aveva una grande cultura dell’opera. E a tre anni mi porta al Petruzzelli di Bari a vedere l’Aida. Poi a sette anni, il giorno di San Nicola quando a Molfetta si ricevono i regali, mi ritrovai un violino. E l’ho odiato, perché speravo di trovare un fucile di legno a tappi, caramelle, altri giocattoli. All’inizio, per me, lo studio della musica è stato tutt’altro che un divertimento. Non la vissi come una punizione no, ma una sorta di extra lavoro. Poi le cose piano piano cambiarono. Fu decisivo l’incontro con Nino Rota, il famoso compositore delle musiche dei film di Fellini e Visconti. Mi sentì suonare il pianoforte e disse «questo ragazzone ha il talento per fare il musicista». Era il 1956, a Bari. Ma mio padre era inflessibile: non permise mai di abbandonare gli studi ordinari per quelli musicali. Il che significò per me, sa cosa?, al mattino scuola normale e al pomeriggio Conservatorio Piccinni di Bari. Fin da allora, dunque, una vita di lavoro, con insegnanti severissimi. Poi a Napoli dove mi sono diplomato in pianoforte e infine a Milano dove sono diventato direttore d’orchestra. Riccardo Muti (Pietro Visconti). Libertà.
Sarebbe stupendo, che fosse la borgatara (com’è ritenuta dai più a Milano) Lorenza Baroncelli che fa rifulgere Milano. «Ma io veramente sono nata a Ginevra», dice oggi lei, mangiando uno spaghetto sul ristorante sopra la Triennale, affacciati sui grattacieli che rifulgono tra le polveri sottili. «Mio padre insegnava fisica nucleare al Cern, si parlava solo di bosone di Higgs. Poi finalmente ci siamo trasferiti a Roma70, un quartiere vicino all’Eur. Ho cinque fratelli, di cui due ingegneri e una storica dell’arte». Michele Masneri. Il Foglio.
Se ripenso a quel «pagherete caro, pagherete tutto» sotto alle case di Brera, penso che magari i miei coetanei erano confusi, e rivoluzionari immaginari: però tenuti insieme da un’ansia di ribellione ai padri che poi, di fatto, ha rovesciato (ci piaccia o no) il sentire e i costumi dell’Occidente. Non era una rivoluzione che veniva dal nulla, ma covata dentro al primo benessere, al primo consumismo era nostalgica di ideali di uguaglianza e giustizia, e nutrita anche, in tante famiglie, da una fede ridotta a pura forma, che a 16 anni non può bastare. Marina Corradi, scrittrice. Avvenire.
Cartellino giallo. A sventolarlo idealmente all’indirizzo di tre studenti della sede distaccata dello Stringher è stato un collaboratore scolastico che, notata la tenuta dei ragazzi, li ha bloccati alla porta, allertando gli insegnanti che avevano il turno di sorveglianza. Gli adolescenti, che frequentano la quarta e la quinta e che ieri mattina si trovavano nell’edificio di via Valente che ospita i laboratori dell’alberghiero, sono stati ammessi in classe, con la garanzia di rivedere l’abbigliamento a partire dalla prima campanella di oggi. Ma cosa c’era che non andava? I jeans strappati... Messaggero Veneto.
Abusare di Facebook può essere molto pericoloso. Lo sa benissimo una donna che è finita davanti al giudice con l’accusa di diffamazione aggravata per aver pubblicato una ventina di post sulla bacheca della moglie del suo amante in cui le dava della «cornuta». Trentino versione digitale.
Vittoria mi lascia libero di fare solo quello che non mi piace. Roberto Gervaso. Il Giornale.