ItaliaOggi, 15 ottobre 2019
In Veneto mancano i preti: richiamati quelli in pensione
Quota 75. È la soglia di anzianità per il pensionamento dei sacerdoti. Più alta rispetto a un normale mestiere, ma la crisi delle vocazioni registrata in Veneto impone il ritorno in servizio dei parroci di vecchia data. E formalmente già ritirati.Secondo i dati dell’Osret, l’Osservatorio socioreligioso del Triveneto con sede a Vicenza, l’anno prossimo, tra Pasqua e Pentecoste, quando le diocesi celebreranno il rito dell’ordinazione, i preti potrebbero essere meno di 20. Un dato su tutti: nel 1996, anno della prima rivelazione dell’Osret, i sacerdoti presenti nel Nordest erano 5.861. Nel 2016, ultimo anno conteggiato, sono scesi a 4.132. Come ovviare alla mancanza di parroci?
I preti stranieri, per esempio, potrebbero rappresentare una soluzione. In Italia i sacerdoti provenienti da paesi esteri sono 1.178. Uno su 30. E in Veneto erano presenti già nel 2006. È il caso di Javier Orger Morillo Revelo, che 13 anni fa era arrivato dalla diocesi di Tulcàn, in Ecuador, a Stanghella, in provincia di Padova. Revelo, all’epoca, aveva raccontato le difficoltà iniziali incontrate con i fedeli prima di spazzare via ogni scetticismo e integrarsi perfettamente con la sua comunità. Per il vescovo di Padova, Claudio Cipolla, però, «la risposta alla crisi delle vocazioni non possono essere i preti stranieri». Secondo il capo della diocesi patavina occorre invece «costruire una comunità di cristiani». Oppure affidarsi ai preti in pensione. Come ha fatto la diocesi di Treviso, che di recente ne ha richiamati sette col ruolo di assistenti nelle parrocchie rette in passato o in quelle d’origine.
«Quello del collaboratore parrocchiale è un compito prezioso», ha detto al Corriere del Veneto il trentino Tiziano Telch, responsabile dei seminari per la Conferenza episcopale triveneta. «Un modo preziosissimo di mettersi a disposizione del territorio e del Vangelo. Spesso dai preti più anziani arrivano bellissime testimonianze vocazionali, caratterizzate dalla capacità d’ascolto e dal saper vivere in fraternità». «È accaduto e accade che ad alcuni si chieda di rimanere parroci anche dopo il superamento della fatidica soglia dei 75 anni, ma dipende dalla forza e dalla storia di ognuno. E comunque nessuno, se non per particolari condizioni di salute, si ritira a vita privata, perché fare il prete non è un lavoro, è una scelta di vita».
La crisi, però, non riguarda solo i sacerdoti. La scorsa estate, a Roncade, in provincia di Treviso, la sagrestana è andata in pensione dopo 33 anni di servizio in parrocchia. E il responsabile della comunità, don Tiziano Rossetto, in mancanza di un sostituto, aveva invitato i fedeli a fare i turni in chiesa e in canonica. Con i consueti compiti. Secondo Telch, «se non ci fossero i laici saremmo davvero in forte difficoltà».
La crisi delle vocazioni ha portato le diocesi venete a riorganizzarsi sul territorio. Con due o più sacerdoti che, dal capoluogo di provincia, guidano anche una decina di unità parrocchiali. Con un dato che va in controtendenza: i diaconi, in Veneto, sono in costante aumento. Nel 1996 erano 162, mentre ora arrivano a 370.