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 2019  ottobre 15 Martedì calendario

Elettrodomestici rivenduti sottobanco

C’è chi piange ancora per quella lavatrice con 24 anni di onorato servizio alla cui proprietaria, al primo intoppo, è stato chiesto 500 euro per risistemarla. Tradotto: signora, meglio comprarla nuova, sistemarla non ne vale proprio la pena. E, alla luce dell’inchiesta di Altroconsumo sulla «fine», o meglio la «non fine», che fanno gli elettrodomestici, viene da pensare che quella lavatrice era perfetta, che sarebbe bastato poco per rimetterla a posto e che (a pensar male) ora si occupa del bucato (perfetto e che nulla ha a che vedere con i risultati delle moderne sorelle ad alta tecnologia) di chissà quale altra famiglia. Secondo una innovativa inchiesta di Altroconsumo ed Ecodom (il consorzio per il recupero e il riciclaggio degli elettrodomestici), in Italia il 39% di quelli che vengono chiamati «grandi bianchi», ovvero lavatrici, frigoriferi, asciugatrici, congelatori, forni e via così, viene «rapito». Proprio così, rapito, nel senso che di essi se ne perde traccia. Si parla di qualcosa come 44mila tonnellate di materiale altrimenti destinato allo smaltimento. La prova? È arrivata dai localizzatori satellitari che sono stati nascosti sugli elettrodomestici da «buttare» per monitorarne il percorso, dall’uscita di casa alla distruzione finale. Ebbene, dei 205 dispositivi che Altroconsumo e Ecodom sono riusciti ad applicare ad altrettante macchine «morte» e destinate al RAEE (il ciclo di corretto smaltimento), poco meno della metà si è perso per strada. Finiti in quelli che l’associazione italiana dei consumatori chiama «flussi paralleli», senza mai arrivare negli impianti di trattamento autorizzati. dove vanno? E dove sono finiti? «Su un campione valido di 174 RAEE (per altri 31 non è stato possibile effettuare un’analisi completa, perché il dispositivo GPS ha interrotto anticipatamente la trasmissione o perché il RAEE è ancora in viaggio) solo 107 esemplari (pari al 61% del totale) sono effettivamente approdati in impianti autorizzati, in grado di garantire un trattamento corretto dal punto di vista ambientale. Gli altri 67 esemplari (il 39% del totale) sono stati sottratti alla filiera formale, finendo in impianti non autorizzati, in mercatini dell’usato o in abitazioni private», si legge in una nota dell’associazione e del consorzio. mercato parallelo Un mercato parallelo, viene da pensare. Con qualcuno, immaginiamo, che ritira il vecchio elettrodomestico, lo risistema, lo rivende o ne rivende i pezzi utili a sistemare altri elettrodomestici. Che poi, alla luce del sole, sarebbe la cosa più giusta da fare visto che si parla tanto di ambiente, di rispetto del pianeta, mentre poi si è costretti a mettere mani al portafogli perché ci si sente dire che per sostituire una parte del proprio elettrodomestico bisogna chiedere un mutuo. Un paradosso. Se, ad esempio, aziende come la torinese Astelav, con il progetto Ri-Generation, in due anni ha riportato in vita circa 3mila elettrodomestici (privandoci di quasi 200 tonnellate di rifiuti) destinati alla discarica, perché non può farlo anche il tecnico che viene a casa? Perché non dare una seconda possibilità a quella lavatrice o a quel frigo risparmiando? «Abbiamo messo la nostra conoscenza degli elettrodomestici e la disponibilità dei ricambi al servizio dell’economia circolare, uscendo dalla mentalità dell’usa e getta che è sempre più diffusa», ha spiegato Ernesto Bertolino, amministratore di Astelav. Insomma, tornare indietro, fare come si faceva una volta, per andare avanti è forse la strada più idonea da percorrere. Tornando alla ricerca, nel 2018 secondo i dati del Centro di Coordinamento RAEE, esclusi i «rapiti», in Italia sono stati raccolti 310mila tonnellate di RAEE, ovvero il 42,8% della media in peso delle nuove apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato negli ultimi tre anni. Meno del 65% di raccolta che l’Ue ha imposto agli Stati Membri per quest’anno. «Questa indagine dimostra che a fronte di un quadro normativo favorevole a economia circolare e recupero delle materie prime, la filiera mostra ancora vaste e preoccupanti sacche di illegalità», il commento di Ivo Tarantino di Altroconsumo. Mentre Maurizio Bernardi, presidente Edocom, spera che la ricerca «possa dare ai decisori istituzionali indicazioni chiare sulle misure legislative da adottare per far emergere i flussi sommersi di RAEE».