La Stampa, 15 ottobre 2019
Il metodo Gasti per leggere le impronte digitali
C’è stato un tempo in cui, come scrive il poliziotto scrittore Andrea Giuliani, i criminali si identificavano «con squadre e compassi»: era la scienza antropometrica, fondata sulla misurazione di varie parti del corpo (cranio, larghezza del bacino, lunghezza degli arti, cicatrici) da cui Cesare Lombroso coniugò il concetto di «criminale per nascita», secondo cui la predisposizione a delinquere era strettamente legata alle caratteristiche anatomiche.
A rivoluzionare quel metodo, che lasciava ampi margini di incertezza, è stato l’alessandrino Giovanni Gasti. Originario di Castellazzo Bormida, classe 1869, figlio del sindaco Giuseppe Gaspare, dopo la laurea in giurisprudenza era entrato nel corpo delle Guardie di pubblica sicurezza. Nel 1902, l’astigiano Salvatore Ottolenghi, di formazione lombrosiana, cui era stato assegnato il compito di istituire una scuola di polizia scientifica, aveva voluto con sé Gasti che rivoluzionò i metodi di identificazione criminale. All’antropologia sostituì la dattiloscopia, basata sulla immutabilità delle impronte digitali, diverse da individuo a individuo, anche se di gemelli omozigoti. «Già da tempo e in diversi Paesi si svolgevano studi dattiloscopici» spiega Andrea Giuliani, autore di molti testi tra cui «Impronte digitali. Il metodo Gasti». Praticamente l’ampia combinazione delle linee, cosiddette «minutae», dà vita al «dermatoglifo» che costituisce una sorta di firma della pelle.
Partendo da queste conoscenze, Gasti ha ideato un metodo di classificazione delle impronte digitali basato sulla distinzione tra dieci macroaree, da cui discendono ulteriori sottoaree fino a determinare dieci milioni di combinazioni. «L’innovativo metodo – spiega il questore di Alessandria, Michele Morelli – fu presentato nel 1906 al VI congresso di antropologia criminale di Torino; definito «semplice, rapido e pratico», da quel momento venne impiegato anche dalle forze di polizia di altri Stati». È rimasto in vigore fino all’introduzione, «nel 2000, del sistema digitale Afis, il cui principio è, comunque, basato sul metodo Gasti».
Oltre che protagonista della nascita della moderna polizia scientifica, l’alessandrino è stato anche il precursore dei servizi segreti, nel ruolo di direttore dell’Ufficio centrale di investigazione. Era stato mandato a Milano a guidare la questura e nel 1919, si occupò della sorveglianza del movimento fascista stilando un dossier segreto su Benito Mussolini: «È il celebre "rapporto Gasti", completo di cenni fisiopsicologici – spiega Morelli –, recentemente tornato alla ribalta con il romanzo "M", vincitore del Premio Strega».
L’occasione per ricordare Giovanni Gasti nel suo paese natale coincide con il 150° anniversario della nascita la cui celebrazione, oggi, si associa al conferimento della cittadinanza onoraria alla Polizia di Stato. Stamane, il sindaco di Castellazzo, Gianfranco Ferraris, consegna ufficialmente l’onorificenza al capo della polizia, prefetto Franco Gabrielli.