Corriere della Sera, 14 ottobre 2019
La famiglia De Benedetti spaccata
L’offerta di Carlo De Benedetti è arrivata a sorpresa, e ha aperto pubblicamente un nuovo capitolo della storia a dir poco discontinua delle relazioni fra il padre e i figli, in particolare Marco e Rodolfo. Come dimostrano la manifestata intenzione di Carlo di rilanciare il gruppo editoriale presieduto da Marco estromettendo i figli, e le dichiarazioni incrociate: lo «sconcerto» e «l’amarezza» sottolineati da Rodolfo, presidente di Cir, la holding del gruppo De Benedetti, e la risposta di Carlo, che ha definito «bizzarre» le parole di Rodolfo e ha accusato i due figli di aver «determinato il crollo di valore dell’azienda» e, privi di «passione e competenza», di essersi «concentrati solo sulla ricerca di un compratore».
A sorpresa sì, per timing e modalità. E tuttavia è in effetti da tempo che sul mercato circolano rumor relativi a riflessioni, offerte, operazioni destinate a cambiare il corso di Gedi, la holding editrice di La Repubblica, La Stampa e Il Secolo XIX nata tre anni fa dalla fusione di Espresso e Itedi. Mosse che possono spiegare il blitz dell’Ingegnere, nonostante resti comunque sospesa la valutazione sulle ragioni che lo hanno portato a formulare un’offerta senza premio rispetto alle quotazioni, attualmente sui minimi, del titolo, e relativa solo a una parte della quota detenuta da Cir in Gedi, il 29,9% rispetto al 43,78%, corrispondente alla evidente volontà di fermarsi sotto la soglia che fa scattare il lancio di un’Opa, resa ancora più chiara dalla richiesta di distribuire ai soci Cir le azioni che sarebbero rimaste in portafoglio. Elemento questo che avrebbe tenuto fuori dall’operazione gli altri azionisti di Gedi (il flottante è di circa il 50%) e che evidentemente ha reso ancora più rapida la valutazione di Cir. La holding non ha atteso per rigettare l’offerta il consiglio programmato a fine mese sui conti, giudicando con tutta probabilità la proposta così formulata, anche al di là di qualsiasi altra considerazione sull’importo messo a disposizione per rilevare la quota (inferiore a 40 milioni), del tutto fuori mercato.
Un rapido e secco botta e risposta che può essere letto anche alla luce di alcune iniziative di Carlo De Benedetti, come l’affondo rivolto verso Eugenio Scalfari, fondatore de la Repubblica, consumato pubblicamente l’anno scorso, che ha messo in evidente imbarazzo Marco e Rodolfo. Ma che non può far dimenticare anche che lo stesso Ingegnere si è ritirato a favore dei figli. Nel 2009 ha lasciato le cariche operative e nel 2012 ha ceduto a loro gratuitamente il controllo del gruppo. Resta dunque l’interrogativo sul perché abbia deciso oggi di fare un’offerta che per le sue caratteristiche non appare adeguata e dunque corrispondente alla sua evidente volontà di riprendersi La Repubblica, sua passione da sempre.
Nei mesi scorsi si è parlato più volte di interessamento e negoziati con investitori: si tratta anche, come ha detto lo stesso Carlo De Benedetti nella risposta al figlio Rodolfo, di Flavio Cattaneo e del fondo Peninsula guidato da stefano Marsaglia. Ma si sarebbero concluse senza nulla di fatto. Più di recente invece sarebbero cominciate riflessioni sui risultati dell’integrazione fra Espresso e Itedi che avrebbero portato John Elkann, presidente e amministratore delegato di Exor e, dopo la fusione, azionista con il 5% circa e consigliere di Gedi, a incontrare Marco e Rodolfo De Benedetti. Il confronto sull’andamento economico-editoriale e sulle possibili soluzioni avrebbero riguardato diverse ipotesi, fra le quali quella di una marcia indietro con il ritorno ad attività separate, che sarebbe stata vista con più favore da Elkann. Opzione che i figli di Carlo si sarebbero proposti di esaminare, insieme però con la possibilità di procedere diversamente, mantenendo l’integrazione con un ricollocamento proprietario.
Riflessioni che sarebbero in corso e che avrebbero previsto in agenda nuovi incontri. In questo arco temporale dunque sarebbe intervenuta l’offerta senza premio e senza Opa di Carlo De Benedetti. Subito respinta perché giudicata irricevibile.