La Stampa, 14 ottobre 2019
Due mostre su Gianni Agnelli
Un Tiepolo e una Fiat 125 tagliati esattamente nelle stesse proporzioni e separati per raccontare una catena di coincidenze. Una storia che si rincorre, anzi: l’altra metà della storia.
Un pezzo sta a Torino, alla Galleria Noero (da domani), e l’altro a Glasgow, al Moderne Institute. Due mostre in contemporanea, con il medesimo titolo A–A’, B–B’, e ovviamente figlie dello stesso artista, Simon Starling, britannico, vincitore del Turner Prize nel 2005 e abituato a lavorare a ritroso. Ogni suo allestimento spolpa idee e oggetti e ne ripercorre lo sviluppo fino alle origini per connettere punti solo apparentemente distanti.
Spesso hanno anche meno di sei gradi di separazione, in certi casi nascono addirittura incollati, come il Tiepolo con il suo carico di fascino nascosto proprio nella cesura: nessuno sa chi o perché lo abbia separato ma ormai è spaccato e ha persino due nomi differenti. Il ritrovamento di Mosè è esposto alla National Gallery di Edimburgo e L’alabardiere fa parte della collezione Agnelli. Starling lo ha riprodotto, sempre diviso, però ha evocato la parte mancante con uno spazio trasparente: ognuno è esposto con la propria ombra, a collocazioni invertite. Ne esce un viaggio fatto di intuizioni, invenzioni e scoperte che coinvolge l’Avvocato, il suo rapporto con Torino, le sue manie, l’eredità che ha lasciato.
Un gioco di identità
Starling immagina un Gianni Agnelli appagato dell’idea di avere un capolavoro a metà, come se il lato mancante ne accrescesse il valore, aprisse una porta all’immaginazione. Nel quadro sembrano tutti in maschera, in un lusso così esibito da risultare posticcio, pure gli alabardieri sono agghindati. L’Avvocato potrebbe aver preso il suggerimento al contrario quando ha scelto un’utilitaria come mezzo di trasporto privilegiato per la sua città: «Il più ricco su una delle macchine della massa, come uno qualsiasi però con una targa fatta di zeri stra-riconoscibile, quindi cade la teoria del mescolarsi alla folla. Forse voleva esaltare il prodotto, il lavoro dei suoi operai, dire che non stava in un altro mondo anche se in realtà era impossibile condividesse il loro. Magari si divertiva all’idea di cambiare rango alla guida. Mi spiace non averlo conosciuto, la personalità mi intriga».
Il gioco di identità, vero o presunto, si lega bene all’anima di Torino, «sono alla sesta mostra qui e più penso di conoscere il posto più mi ci perdo, in modo piacevole perché il recente passato operaio si mescola a un certo barocco, i palazzi e le utilitarie, i conflitti sociali in cerca di sintesi... un continuo dialogo tra livelli dove altrove regnerebbe l’incomunicabilità».
Da Dario Fo alla Brexit
La Fiat 125 color blu presidente è mozzata e immobile, eppure è lei che conduce il pubblico tra le stanze. Il taglio è stato fatto dai designer di Mirafiori e le foto dei levrieri grigi che richiamano quelli del Tiepolo (altra opera in mostra) sono state scattate sui set usati per immortalare le auto. Anche se il racconto è ipotetico, la scena è ricostruita su collegamenti più che reali, con la cesta di vimini che faceva da portapacchi, anzi da portasci, sul dorso dell’auto, ricostruita identica e trasformata in scrigno per una collezione di lettere e immagini.
C’è pure la faccia di Agnelli, ma in realtà è una maschera indossata da un manichino stilizzato che ha le misure dell’artista e il calco della sua mano. Regge un libro di Dario Fo, Clacson, trombette e pernacchi, una commedia nera, satira amara negli anni del terrorismo, con una trama basata sullo scambio di persona tra un operaio e un imprenditore dove la caricatura dell’Avvocato è facilmente riconoscibile. È l’artista travestito dal soggetto che lo ha ispirato mentre legge di un altro travestimento e maneggia riferimenti pericolosi: «Con tutto il rispetto per la vostra storia, così complessa in quel periodo da essere a noi completamente incomprensibile».
Starling però ci ha messo pure un presente che conosce bene: una mostra che parte da un taglio e da una divisione tra il Regno Unito e il resto dell’Europa non può non richiamare la Brexit: «È come se l’Italia e l’Inghilterra stessero tirando da due parti opposte». In caso di strappo definitivo, la cesura non uscirebbe perfetta come quella che ha segato la Fiat.