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 2019  ottobre 14 Lunedì calendario

Biografia di Bianca Guidetti Serra

Era l’11 novembre 1934 quando l’allora studentessa quindicenne Bianca Guidetti Serra (Torino, 1919–2014) annotò nel diario: “Come passa il tempo! Sono già in quinta ginnasio, e mi pare ieri che ho incominciato le scuole. Probabilmente studierò legge, e col tempo occuperò lo studio di papà. Avvocatessa Bianca Guidetti Serra (…), ecco il mio luminoso e chimerico avvenire”. Non si sbagliava.
Ottant’anni dopo, nei giorni seguenti alla morte di Bianca, avvenuta nel giugno del 2014, lo storico Angelo d’Orsi la ricordava così: “Fu l’avvocato delle buone cause. Difese i deboli, i perseguitati, gli innocenti ai quali una giustizia ingiusta pretendeva di far pagare la ‘colpa’ di essere contro le ingiustizie di ogni genere”.
L’avvocatessa Bianca Guidetti Serra, o Bianca la Rossa, come s’intitola la sua autobiografia scritta con Santina Mobiglia, era nata il 19 agosto di 100 anni fa a Torino. La sua vita è coincisa con oltre mezzo secolo di battaglie della sinistra. Battaglie segnate dall’antifascismo e dalla Resistenza, e dalle lotte per i diritti dei lavoratori, dalle schedature illegali della Fiat alle “fabbriche della morte” come l’Ipca e l’Eternit, fino alle iniziative per il diritto di famiglia, durante il ’68 in difesa dei giovani, e per la tutela dei minori, sui temi della giustizia. Tante iniziative stanno caratterizzando la celebrazione del centenario della nascita di questa grande donna, che, come rammenta il figlio Fabrizio Salmoni, appartiene “al più ampio spettro della ‘sinistra’, dagli anarchici a Lotta Continua, all’area della nonviolenza, ai sindacati, al breve esperimento di Democrazia proletaria, al Pci (che pure aveva lasciato dopo i fatti in Ungheria del 1956) e, sempre più malvolentieri, alle sue prime trasformazioni”. Salmoni ha colto l’occasione del centenario per parlare delle agende e dei diari inediti di sua madre, scoperti di recente, e per affidarne qualche frammento allo spettacolo Le stagioni di Bianca, diretto da lui, con le musiche di Luigi Venegoni. I diari sono dal 1934 al 1939; gli altri testi sono su fogli sparsi, fino agli anni Novanta. Sono memorie come questa, risalente al 16 aprile 1945, alla vigilia degli scioperi che prepararono la liberazione di Torino. “I comizi volanti – scriveva Bianca – si diffusero nei giorni che precedettero l’insurrezione. Con Giuseppina Vittone, fummo assegnate a una fabbrica che oggi non esiste più: la Bergugnan. Arrivammo con il tram. Di corsa. Sulla porta, è un’immagine–simbolo che mi è rimasta dentro, vi era un operaio che ci aspettava. Era palesemente armato. Ci disse: ‘Compagne, state tranquille, ci siamo noi’. Alludeva, penso, alla Sap (Squadra di azione patriottica, ndr) interna. Ci fece entrare. Attraversammo di corsa i due cortili deserti e raggiungemmo il refettorio che rigurgitava di gente. Vi erano stipati operai e impiegati (forse non proprio spontaneamente). Noi avevamo preparato un discorso. Io avevo il compito di delineare una sintesi della situazione politco–bellica; Gennarina doveva dare indicazioni organizzative: che cosa dovevano fare le fabbriche in vista e durante l’insurrezione”. Bianca iniziò a parlare: “Mi issarono su un tavolo. Cercando di vincere l’emozione che mi pervadeva cominciai: ‘Compagni!’ (ci era stato raccomandato di dire cittadini, operai, impiegati) ma dissi: ‘Compagni!’ e proseguii: ‘Gli alleati avanzano; le gloriose armate sovietiche sono alle porte di Berlino…’. Non finii la frase. Scrosciò un applauso pieno, fragoroso, che mi parve straordinario. Tutti urlavano, battevano le mani… Proprio davanti a me c’era una vecchia operaia; piangeva ma erano lacrime su un viso luminoso di gioia. Cominciai a piangere anch’io”.
È con la medesima passione per la libertà che Bianca, un anno dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria, appunta: “10 ottobre 1957. Ho riflettuto molto in questi mesi sul significato della decisione di non riiscrivermi al Pc; e sul significato politico del fatto. Non sempre sono certissima di aver fatto bene. Come problema individuale, invece, non ho alcun dubbio. Le ragioni che mi hanno portata ad aderire al Pc sono le stesse che mi hanno indotta a lasciarlo. Sono però altrettanto decisa a continuare a militare. Comunque vada avrò agito secondo la mia coscienza”.
Continuò a militare, fino alle ultime amarezze. Scriveva della sua avventura nel Pds: “27 aprile 1997. Sono stata rieletta consigliere. In un modo che non mi è piaciuto. Avevo detto no. Basta. Carpanini e Nigra mi hanno convinta: perché sono indipendente, perché sono di sinistra e quindi do la mia pennellata alla lista, ecc. Mi riservo. Sul giornale appare che sono in lista. Mi si dice che sarò capolista. Mi riservo. Poi dico sì. Sul giornale due giorni dopo: il capolista è Tranfaglia. Ritirarmi sarebbe sembrato a questo punto, una forma di risentimento. Sono uscita seconda”. C’è un’altra nota significativa nel 1997. Bianca riferisce di un incontro nel centro di Torino: “10 giugno 1997. Via Botero. Un uomo né vecchio né giovane cammina sul mio marciapiede in senso opposto. Si sta arrotolando una sigaretta, cosa che ormai non fa più nessuno. ‘E allora – mi dice – la facciamo questa bicamerale?’. ‘Penso di sì’ gli rispondo senza sapere chi è. ‘Io però sono ancora sempre per i 21 punti di Bordiga’. ‘Può aver ragione. Ma sono passati tanti anni e tanti fatti’. ‘È vero! Ma io sono per la coerenza!’. ‘Anch’io’ gli rispondo, e ci allontaniamo. Discorso da matti?”.