il Fatto Quotidiano, 14 ottobre 2019
Catalogo dei falsi Modigliani
Si esce spaesati, increduli, indignati dalla lettura del travolgente L’affare Modigliani, di Dania Mondini e Claudio Loiodice, appena uscito per Chiarelettere. Perché – per quanto sia tristemente nota l’estesa compromissione del corpus figurativo di Amedeo Modigliani, crivellato da migliaia di falsificazioni – le circostanze di fatto, le repellenti complicità degli storici dell’arte, le cecità della magistratura documentate dal libro compongono un quadro devastante: l’eredità morale di Amedeo Modigliani è al centro di una guerra per bande che da decenni cercano di controllare un ‘sistema’ da miliardi di euro.
Prendiamo un caso, tra i tantissimi ricostruiti dai due autori con encomiabile rigore. Un caso esemplare, per il luogo stesso che ne fu teatro: “È a Roma che le truffe hanno assunto contorni da film. Ed è l’Istituto Archivi Legali Modigliani Parigi-Roma, dei soci Christian Parisot e Luciano Renzi, a tesserne le trame, con discreto successo, organizzando mostre e vendite. Nel giugno del 2009, per una sola settimana, organizza una piccola esposizione all’Avvocatura generale dello Stato, nella sala Vanvitelli. Un amore segreto la intitola il curatore Massimo Riposati. Il catalogo è scritto da Claudio Strinati, Michael Mezzatesta, Francesca Ramacciotti-Sommati, Christian Parisot, Vladimir Goriainov e lo stesso Massimo Riposati. Presentano un solo quadro, esposto per la prima volta in Italia: Jeune femme à la guimpe blanche. Unico ritratto di Simone Thiroux che l’artista livornese, secondo il catalogo, avrebbe eseguito nel 1916. Da quel momento comincia a girare tra le gallerie. Modì, a quanto ci risulta, non ha mai realizzato un quadro del genere. Ad accorgersene, ma solo dopo sei anni, sono stati gli uomini dell’Arma in forza ai Beni culturali, che nel 2015 ne hanno bloccato un tentativo di vendita. La trattativa era in corso e vedeva coinvolti un facoltoso americano e un mercante d’arte non meglio specificato. L’acquirente americano aveva probabilmente anche sponsorizzato la mostra all’Avvocatura, attraverso la quale avrebbe acquisito il diritto di prelazione sull’acquisto dalla famiglia presunta proprietaria del ritratto. Secondo le cronache, una truffa bella e buona architettata ad hoc per sottrarre 9 milioni di euro dal conto dell’appassionato d’arte. Quest’anno il tribunale ha finalmente sentenziato la distruzione dell’opera, in barba ai grandi critici che ne avevano osannato la bellezza e creato appositamente catalogo e mostra. Se le parti non ricorreranno in appello, a breve il quadro verrà mandato al macero”.
E non si tratta certo del caso più eclatante. Lungo otto ‘scene del crimine’, il libro ricostruisce (e spesso risolve definitivamente) altrettanti nodi cruciali: dalla storia stupefacente degli Archivi Modigliani (miscuglio di veri cimeli e strumenti per la falsificazione seriale) alla vicenda recentissima e surreale della mostra di Palazzo Ducale a Genova, che su 40 opere presentate come autografe di Modigliani riusciva ad allineare 21 falsi.
Ci sono narrazioni drammatiche, e commoventi: come quelle che ripercorrono gli ultimi giorni di Amedeo e sua moglie, nel 1920, o quelle che riaprono il caso della morte della loro figlia Jeanne, trovata sfracellata in casa sua nel luglio del 1984, proprio mentre a Livorno infuria la Beffa delle Teste. Allora Federico Zeri (curiosamente non citato nel libro) salvò l’onore degli storici dell’arte dichiarando subito inaccettabili le pietre esaltate invece da Cesare Brandi, Carlo Ludovico Ragghianti e Giulio Carlo Argan, in un devastante suicidio di massa della disciplina. In un memorabile Speciale del Tg1 del 10 settembre 1984, Zeri avanzò l’idea che, accanto alla burla, ci fosse una terribile truffa internazionale, che poteva aver portato perfino all’omicidio della figlia di Modì. Ora il libro certifica definitivamente questa lettura: la burla dei ragazzi (probabilmente davvero innocente) si sovrappose casualmente ad un piano criminoso orchestrato a tavolino da una rete internazionale di produttori e smerciatori di false sculture di Modigliani, che cercava di accreditare un nuovo filone di improbabili mammozzi miliardari.
Dal libro esce demolita la già assai poco credibile figura del piemontese Christian Parisot, trasformatosi da vestale in boia dell’eredità Modigliani. Ma risultano assai duramente colpite anche le immagini di funzionari dei Beni Culturali italiani (da Claudio Strinati a Maurizio Fallace), di curatori di mostre (come Rudy Chiappini), di personaggi pubblici come Vittorio Sgarbi o (seppure qua di striscio) Philippe Daverio. Nella postfazione, Piero Grasso scrive che “questo libro, frutto di un lavoro sul campo alla vecchia maniera, aiuta noi a capire e aiuterà, sono certo, gli investigatori a riaprire importanti capitoli di indagine e il legislatore ad affinare le norme per un più efficace contrasto al fenomeno”. C’è davvero da sperarlo, anche se probabilmente sarà impossibile restituire alle bisnipoti di Modigliani ciò che spetterebbe loro. In un libro dal titolo profetico (Rettili umani, di Alberto Costa 1891) che molto amava, Amedeo aveva sottolineato una frase contro “i negozianti di quadri e statue [che] si arricchiscono sfruttando a vil prezzo l’ingegno dei poveri artisti”. Era la storia della sua vita, ma nemmeno lui avrebbe potuto prevedere che un secolo dopo gli sarebbe andata perfino peggio.