il Fatto Quotidiano, 14 ottobre 2019
Quando a tifare è il dittatore
Da noi le discussioni da Bar Sport si sprecano, specie da quando sulla panchina della Juventus siede un allenatore che tifa Napoli (Sarri), su quella dell’Inter uno che tifa Juventus (Conte), su quella del Napoli uno che tifa Milan (Ancelotti) e su quella del Milan uno che tifa Inter (Pioli). Come sempre in questi casi il popolino si divide: chi accetta e fa buon viso a cattivo gioco, chi condanna e prende le distanze.
La fede è sacra, si dice. Figuriamoci quando il supporter in discussione non è un “addetto ai lavori” ma un personaggio famoso, per non dire famigerato, addirittura un dittatore o un criminale di guerra. Che fare, in questi casi? Al Barcellona, una settimana fa, hanno deciso di tagliare la testa al toro. Benché Francisco Franco sia sempre stato considerato un tifoso dell’Atletico Madrid che cambiò barricata saltando sul carro del Real dopo il primo trionfo dei blancos in Coppa dei Campioni (1956), circolava insistente quella fastidiosa testimonianza del giornalista Francisco Ussìa che raccontava: “Franco non è mai stato madridista. Bernabéu mi disse che Franco stravedeva per Gento e tuttavia era totalmente tifoso del Barça, cui condonò molti debiti; grazie a quei soldi venne costruito il Camp Nou”; e così, domenica 6 ottobre, i 4478 soci si sono riuniti in assemblea per votare la cancellazione di ogni traccia di presenza di Franco nella storia blaugrana sopprimendo due onorificenze concesse al Caudillo nel 1971 (aiuti di stato per la costruzione di un padiglione) e nel 1974 (una medaglia d’oro assegnatagli nel 75° anniversario del club). Detto e fatto e adiòs Caudillo. Il Barça ti schifa, adesso che se la vedano Real e Atletico.
Che fare quando scopri che un crudele dittatore o un criminale di guerra è o è stato un tuo grande tifoso? I tifosi dello Schalke 04, club di Gelsenkirchen, non si danno pace da decenni; si narra che Hitler, estasiato per i 6 titoli in 9 stagioni conquistati dal club tra il ’34 e il ’42, avesse perso la testa per i biancoblu; e anche a Bologna l’imbarazzo è palpabile visto che Mussolini, che pur prediligeva campioni di boxe (Carnera) o di auto (Nuvolari), s’invaghì dello squadrone che tremare il mondo faceva per via dei 4 scudetti vinti in 6 anni tra il ’36 e il ’41.
Ma ognuno ha la sua croce. Supertifoso dell’Arsenal era Osama Bin Laden che i servizi segreti negli anni ’90 seguivano perfino nello store dei Gunners dopo le partite; nel nascondiglio di Gheddafi, il leader libico ucciso nel 2011 e padre di Saadi, che giocò una partita in A col Perugia di Gaucci, venne ritrovata una tazza da tè del Liverpool; e quando il Chelsea di Antonio Conte, il 12 maggio 2017, vinse il titolo in Inghilterra il dittatore dello Zimbabwe Mugabe, pazzo per i blues, diede una festa da mille e una notte, forse l’ultima visto che di lì a poco un colpo di stato lo tolse di torno. Anche l’Inter ha le sue gatte da pelare: non bastasse il criminale di guerra serbo Karadzic, tra i tifosi della Beneamata c’è ora la new entry Kim Jong–un, il dittatore nordcoreano; così almeno assicura Antonio Razzi che in Corea è di casa. Pinochet tifava per il Colo–Colo, Stalin per la Dinamo Mosca, la tigre Arkan, criminale serbo, per la Stella Rossa Belgrado, il narcotrafficante colombiano Escobar tifava e finanziava il Nacional Medellin. Insomma: chi è senza scheletro nell’armadio scagli la prima pietra.