il Giornale, 14 ottobre 2019
In un film la storia dell’isola delle Rose
Il manufatto è ricostruito a grandezza naturale. Emerge dalle acque di un bacino artificiale, il più grande d’Europa per le riprese acquatiche. Siamo negli Studios dell’isola di Malta a pochi chilometri da La Valletta dove hanno girato Il Gladiatore, Troy e i Pirati dei Caraibi.
Sul tetto di questa palafitta, fatta di mattoni e di cemento grezzi, Elio Germano e Matilda De Angelis girano una sequenza, ripetuta una ventina di volte tra campi e controcampi, in cui gli imprevisti della vita sembrano stare per dividere il loro amore. I due discutono sulla sommità della piattaforma, davanti e dietro il blu del mare a perdita d’occhio. Lei gli dice che si sta per sposare e lui incredulo le risponde che non è fatta per il matrimonio «perché tu appartieni a questo mondo». «Non so mica se questo è un mondo, è più una discoteca, un lido», dice lei. «Una discoteca? Ma è uno Stato libero, con una lingua ufficiale, una moneta, l’acqua potabile e tutto...». Ma chi è lui? Chi lei? E, sopratutto, che ci fanno 400 metri quadrati di costruzione in mare aperto?
Facciamo un passo indietro perché questa storia ha dell’incredibile se non fosse realmente avvenuta. Chissà che cosa è scattato veramente nell’industrioso cervello dell’ingegnere bolognese Giorgio Rosa quel giorno del 1958 quando, a 33 anni, sì è messo in testa di costruire una piattaforma in mezzo al mare, fuori dalle acque territoriali italiane, di fronte alle spiagge di Rimini. Nell’estate del 1967 i 400 metri quadrati diventano un’attrazione turistica e il primo maggio del ’68 Rosa dichiara l’indipendenza del suo Stato: «Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj» ossia, tradotto dall’esperanto lingua ufficiale della micronazione, «Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose».
Le motivazioni del gesto non sono politiche ma figlie di una generosa commistione tra tecnica, boom economico e utopia poetica perché anche gli ingegneri hanno un cuore. Ed è proprio da qui che si sviluppa il film, dal titolo certo non casuale, L’incredibile storia dell’isola delle Rose, le cui riprese sono in corso in questi giorni in un’altra isola del Mediterraneo che è riuscita a essere Nazione. Scritto insieme a Francesca Manieri e diretto da Sydney Sibilia (il talentoso regista salernitano della saga di Smetto quando voglio), è un film originale Netflix prodotto dalla Grøenlandia di Matteo Rovere (il regista de Il primo Re da cui ha tratto la serie ancora inedita per Sky Romulus): «Siamo sicuri che questa storia così universale possa piacere agli spettatori di Netflix in tutto il mondo» assicura Teresa Moneo, responsabile internazionale dei film della piattaforma. Due le settimane di riprese acquatiche qui a Malta a cui se ne aggiungeranno altre sei o sette tra Bologna, Roma e Rimini con un budget superiore agli 8 milioni di euro. Elio Germano interpreta Giorgio Rosa con un inedito accento bolognese imparato dopo un mese nei bar della città, mentre Matilda De Angelis, che diventerà la moglie dell’ingegnere, non ha faticato essendo proprio di Bologna.
«Un giorno – racconta il regista, Sydney Sibilia – sono incappato nella sezione Non tutti sanno che... di Wikipedia e ho scoperto questa storia incredibile. Con Matteo Rovere nel 2015 siamo andati a Bologna a incontrare l’ingegner Rosa e gli abbiamo chiesto: Giorgio ti farebbe piacere se facessimo un film su di te?. La risposta è stata No. Ma si scherniva. Lui è morto nel 2017 ma insieme al figlio e alla famiglia abbiamo portato avanti il progetto». Una vicenda che è stata raccontata da documentari, servizi tv e anche da Walter Veltroni che nel 2012 ha scritto il romanzo L’isola e le rose: «Walter ha scritto un libro in cui ha modificato la storia – spiega Sibilia – noi invece rimaniamo fedeli alla realtà. È un film che parla di un Sessantotto molto particolare, molto pratico, e racconta di come la libertà, quando è assoluta, spaventi. Non è tanto quello che fai ma quello che puoi fare che fa venire l’ansia alle istituzioni».
E mentre l’ingegner Rosa («il cui spirito oggi potrebbe essere di quelli della Silicon Valley», dice Sibilia) costruisce la sua isola che non c’è e i giovani della sua età leggevano Diabolik e Corto maltese (tanto per rimanere in tema di isole), l’Europa si interessa al caso – ecco la parte del film ambientata a Strasburgo con François Cluzet (Quasi Amici) e Thomas Wlaschiha (Game of Thrones), il Governo italiano inizia a preoccuparsi – saranno mica i russi alle porte? – e così il ministro degli Interni Franco Restivo (interpretato da Fabrizio Bentivoglio) del secondo governo Leone (Luca Zingaretti), quello cosiddetto balneare, ordina lo smantellamento della piattaforma nei primi mesi del 1969 in quella che, secondo Rovere, è «l’unica guerra di aggressione dello Stato italiano». Alla prima carica di dinamite la struttura resiste, alla seconda pure, mentre una burrasca la finisce. «Come un’idea, come una splendida utopia, è andata via» cantava l’anno seguente Francesco Guccini in L’isola non trovata riprendendo una poesia degli inizi del 900 di Gozzano.