Libero, 13 ottobre 2019
Il miglior chef della pasta è giapponese
Degli stranieri che osano cucinare la pasta riusciamo ad immaginare soltanto scene pietose: spaghetti collosi, penne cucinate al mattino, lasciate riposare e impiattate a cena, farfalle scotte servite con la marmellata, formati vari conditi con miscele di ingredienti che nemmeno ad una strega navigata verrebbero in mente… Insomma, siamo così convinti di essere i più bravi a cuocere la pasta nell’acqua bollente salata (che ancora c’è il dubbio se il sale va messo prima o dopo aver calato la pasta), a tirarla fuori al momento giusto (ma gli spaghetti vanno scolati o no?), e a condirla da dio, che ci siamo fatti fregare. Non dagli Usa (che lo hanno fatto l’anno scorso) o dal Sudamerica che pure una certa tradizione nel preparare la pasta siamo riusciti ad importarla in quelle terre. Ma dal Giappone, che con la pasta fino a pochi giorni fa c’entrava come i cavoli a merenda. Invece è proprio uno chef del Sol Levante che si è guadagnato il premio di campione mondiale di pasta. Si chiama Keita Yuge e nel suo albero genealogico nessun antenato tricolore. Eppure è riuscito a tradurre in arte meglio di chiunque altro – sfidando quattordici promesse della cucina mondiale, tra cui un solo italiano – il tema scelto dal concorso Barilla Pasta World 2019: “L’arte della pasta”. Una due giorni con tre prove in cui misurarsi, il (proprio) Capolavoro, la Tela Bianca (un mix di creatività e benessere) e il Gran Finale, ovvero la reinterpretazione del proprio Capolavoro con un tocco inaspettato. L’opera di Yuge è quella che ha convinto i 350 ospiti internazionali, tra giurati (per l’Italia Davide Oldani), esperti di cibo e media: “Penne al Gorgonzola al profumo giapponese”. L’eccellenza nostrana fusa con un tocco di Oriente è stata premiata venerdì scorso. Un capolavoro, questa creazione, deve esserlo stato per forza, al punto che già viene voglia di tuffare la forchetta in quel piatto italo-giapponese, con una crema di ostriche e una di gorgonzola in sake, e le penne adagiate su una purea di spinaci. Una delizia agli occhi e per il palato con cui lo chef under 35 che è riuscito ad impreziosire il suo piatto declinando questo miscuglio di acqua e farina in un alimento adatto e perfetto in ogni luogo del mondo. «Il mio desiderio è trasmettere alle nuove generazioni tutta la conoscenza e la tecnica che ho appreso in questi anni», ha spiegato l’ex promessa della cucina mondiale e ormai numero uno della pasta, con una gavetta nei migliori ristoranti del mondo, come lo Chez Inno di Tokyo, il Savoy di Parigi, il Quinto Canto di Osaka, il Salone 2007 di Yokoama. Una scultura in bronzo ispirata alla trafila della pasta gli è stata consegnata dalla giuria per ricordargli ogni giorno che è il migliore al mondo a cucinare la pasta. A noi, che ancora ci chiediamo se scolare o meno gli spaghetti, non resta che inchinarci di fronte allo «straniero» che rende poesia la nostra tradizione e sperare nella sperimentazione di Matteo Carnaghi, lo chef italiano ancora promessa.