Libero, 13 ottobre 2019
Ha vinto 35 milioni al Superenalotto e si dispera
Se lo dice perfino il vincitore di 35 milioni di euro al Superenalotto, che i soldi non fanno la felicità, forse bisogna cominciare a prendere sul serio questa tesi provocatoria. Intervistato ieri da Marco Liorni per la trasmissione “ItaliaSì!” nella sua nuova casa, col volto coperto neanche fosse un criminale, l’anonimo fortunatissimo ha snocciolato lamentele continue come Geremia profeta. Certo, ha potuto abbandonare il lavoro – ha resistito tre settimane facendo la sceneggiata, poi è andato dal capo e si è licenziato – ha realizzato il sogno di far avere un bambino alla moglie di 51 anni grazie alla fecondazione assistita, ha beneficato amici saldando loro debiti bancari o estinguendo mutui (e aiutare gli amici, quando è possibile farlo, è sempre un piacere. Ma, a parte questo, la sua vita sembra diventata un incubo. In cima al quaderno delle doglianze c’è la solitudine, tema ricorrente dei ricchi, specie quelli che diventano tali dall’oggi al domani. L’uomo giocava da anni sempre gli stessi numeri arrivati in sogno alla madre, poi un giorno fatale la combinazione è uscita e la sua vita è cambiata completamente e, a giudicare dalle sue parole, in peggio. Ha dovuto lasciare il paese dove viveva, perché lì sapevano tutti della sua vincita, e ora abita in uno di quei paranoici comprensori blindati con la vigilanza; il figlio è scortato da una guardia del corpo onde evitare sequestri, e, quando deve dare un consiglio al “collega” superfortunato, cioè il lodigiano vincitore dei 209 milioni del Superenalotto, sfoga la sua amarezza: «Al vincitore dei 200 milioni di Lodi direi non ti fidare di nessuno. Il 90% della gente che si avvicina è solo perché vuole soldi», un’affermazione da vero misantropo, e oggettivamente è difficile essere misantropi e insieme felici. «Adesso mi sento solo», ha rincarato il milionario, «gli unici veri amici che ho sono quelli che non mi hanno mai chiesto un euro», e immaginiamo che saranno stati pochissimi, e forse anche costoro, presto o tardi, cederanno alla tentazione di ottenere qualche vantaggio dal loro facoltoso amico.
CAPRICCI DA SODDISFARE Ma non c’è proprio nulla di positivo nel vincere 35 milioni di euro? Anche qui, ascoltando le parole dell’uomo, sembrerebbe di no. Infatti tra i suoi piaceri elenca l’acquisto di un posacenere da 500 euro – un capriccio senza alcun significato – oppure la soddisfazione di poter «comprare, se lo desidero, una macchina in 10 minuti». Anche a noi piacerebbe poter acquistare una macchina in 10 minuti, ma non sarebbe sufficiente per assicurarci la felicità. E allora, benché finora abbiamo sempre creduto a detti come «meglio piangere in Rolls-Royce che in una Panda», e abbiamo sempre guardato con scetticismo ai tanti ricchi che si atteggiano a infelici perché, appunto, i soldi non danno la felicità, di fronte al grido di dolore del vincitore del Superenalotto un po’ vacilliamo: che abbia ragione lui? Che sia veramente una disgrazia vedersi piovere sul capo una fortuna così sfacciata? In effetti i soldi servono per la felicità, ma quanto basta. Dopo una certa giusta misura, come diceva il vecchio Aristotele, non si vive più grazie ai soldi, ma per i soldi, e allora la vita può veramente rivelarsi infelice. Forse per un uomo, soprattutto per uno abituato a vivere modestamente, 35 milioni di euro sono davvero una cifra smisurata e eccessiva. Facciamo un gioco: immaginate di vincere ora, adesso, una cifra di quell’entità. Una volta fatte quelle cose che anche l’uomo ha già fatto, come aiutare i propri cari e gli amici più stretti, essersi liberati di un impiego poco soddisfacente e aver finalmente preso la casa dei sogni (ma quale, tra le tante possibili? E dove?) resta la domanda: che fare? Comprare un posacenere da 500 euro?
IL DESERTO DEGLI AFFETTI Bisogna essere veramente disperati e, come insiste l’uomo, soli. Quella solitudine che dà la diversità estrema, infatti l’amicizia è una forma di uguaglianza e di parità, ma come si fa a essere amici con una persona così ricca? Qualunque tipo di rapporto è squilibrato, e sarà difficile anche fidarsi l’uno dell’altro. Ora, l’uomo non ammetterà mai, tuttavia, che stava meglio prima, perché sarebbe assurdo. Tuttavia è possibile che, in effetti, a sua insaputa per così dire, la sua vita fosse migliore prima. Forse piangere in Rolls-Royce è meglio che in una Panda, ma se poi scendi dalla Rolls e trovi il deserto degli amici, degli affetti, e la guardia del corpo che ti scorta ventre a terra fino all’ingresso di un bunker anonimo, allora meglio l’utilitaria circondati da squattrinati che però ti vogliono bene per quello che sei, e non perché ti vedono come un assegno circolare ambulante.