il Fatto Quotidiano, 13 ottobre 2019
Morire a Roma non conviene
A Roma è vietato morire. Nella Capitale dell’emergenza rifiuti, anche il settore dei cimiteri è nel caos, fra liste d’attesa infinite, manutenzioni al palo, insicurezza e abusivismo. Una su tutte: i dirigenti di Ama Spa – la municipalizzata dei rifiuti che gestisce anche le sepolture – vorrebbero utilizzare impianti di altre città per le cremazioni che Roma non riesce più a sostenere. Proprio come avviene con l’immondizia.
La proposta, insieme a quella del “limite delle cremazioni” (con buona pace delle ultime volontà del “caro estinto”) è contenuta in un dossier di circa 300 pagine finita sulla scrivania dei pm di Corte dei Conti e Procura di Roma. Un libro nero del percorso impervio che i romani devono affrontare per assicurare ai propri cari una degna sepoltura, prima, e un giusto ricordo poi.
Le cremazioni rappresentano un problema reale. Anche per il cambio culturale avvenuto negli ultimi 20 anni. Nel 2001 sono state cremate 3.711 salme, ma nel 2008 il numero è salito a 7.482 su 26.753 decessi; nel 2018 il dato è raddoppiato: 15.340 cremazioni su 30.096 deceduti. Così i sei impianti attuali, pensati su un ritmo massimo di 7.000 salme l’anno, ormai non ce la fanno più. Tanto che, nei periodi di picco delle morti (in inverno) le salme attendono anche un mese prima di essere “smaltite”. Ama nel 2017 ha assegnato una gara per progettare l’ampliamento del cimitero Flaminio di Prima Porta, il più grande d’Europa: tre nuovi forni e 28 celle frigorifere, più altri interventi al costo totale di 6,2 milioni di euro. L’investimento è finito in un elenco di 17 progetti di manutenzione straordinaria “sospetti” che il Campidoglio ha bloccato, in attesa del parere di congruità atteso dalla Ragioneria capitolina. Il valore del piano è di 166 milioni, con Ama che ha già anticipato 200 mila euro di progettazione “in somma urgenza” e da due anni chiede al Comune l’autorizzazione per sbloccare subito 19 milioni di euro. Cosa che le viene negata. In Campidoglio vogliono vederci chiaro in relazione ad alcune voci che appaiono “sovradimensionate”. C’è la ristrutturazione dello spogliatoio del personale al Flaminio, che costerebbe 1,8 milioni di euro, il cui iter ricorda l’appalto da 500 mila euro al Verano finito nel mirino dei pm; sempre al Flaminio, ci sono i lavori della camera mortuaria, che costerebbero 1,3 milioni. Per rifare il manto stradale a Flaminio e Verano poi, si chiedono 4,9 milioni (il 5% del budget per le buche di Roma), mentre “manutenzione, risanamento e restauro conservativo” del Verano costerebbe ben 39 milioni. Infine, per l’ampliamento del Laurentino, ci sono due bandi da 12,7 milioni.
Ma lo stop ai fondi, pur dovuto a ragioni contabili, si traduce in disservizi evidenti. Il Comitato Tutela Cimiteri ha inviato in Campidoglio un dettagliato dossier di 27 pagine in cui si elencano inefficienze e degrado dei tre camposanti maggiori (Flaminio, Verano, Laurentino) e degli otto cimiteri minori. Segnalazioni confermate dagli operatori delle pompe funebri. Si parte dalle liste d’attesa. Ci vogliono in media 10 giorni per ottenere una tumulazione al Verano, mentre al Flaminio, passato il classico decennio dalla sepoltura, servono altri 7 anni per esumare la salma e spostare i resti in ossario. Poi c’è il tema delle concessioni private: migliaia di cittadini sono disposti a pagare Ama per costruire da sé tombe a terra, cappelle e sarcofagi, ma per ognuna di queste categorie (a seconda dei cimiteri) si può attendere dai 4 ai 10 anni: “Persi 2 milioni di euro negli ultimi 4 anni”, si legge nei documenti. Gli utenti segnalano anche edifici interdetti o pericolanti, erbacce, sporcizia e guano diffusi. Il caso più emblematico al Flaminio: tre intere palazzine – lettere O, P e Q – sono chiuse da 10 mesi, con 1.800 loculi inutilizzabili a tempo indeterminato: anche questo bando, da 2,4 milioni di euro, è stato bloccato dal Comune.
Non è tutto. In un esposto presentato dal consigliere capitolino di Fratelli d’Italia, Francesco Figliomeni, le carte che attestano anche la terza “emergenza”: sicurezza e abusivismo. Nonostante la recente campagna per la videosorveglianza e la guardiania, fino a pochi mesi fa venivano segnalati in Prefettura la presenza di numerosi senzatetto che trovano riparo fra i locali, in alcuni casi sbandati o che “detengono cani di grossa taglia senza rispettare i dovuti accorgimenti”. Poi fiorai, marmisti, giardinieri o persone che “risolvono” pratiche cimiteriali che offrono le loro prestazioni “abusive” fra i loculi: “Alcuni di loro si sono impossessati di manufatti sparsi per il suolo cimiteriale adibendoli a proprio ufficio”, si legge in una recente missiva Ama. Per loro è stato chiesto un “daspo”, come allo stadio.
Il tutto per i romani ha un costo. E proprio come i rifiuti, anche per i cimiteri le tariffe sono le più alte d’Italia. Con il prezzario 2017, la cremazione costa 450 euro contro i 306 di Milano; l’inumazione 342,57 euro contro i 171,35 del capoluogo lombardo; la concessione del loculo 3.377,12 euro contro i 2.736,12 della città meneghina o i 683,97 euro di Palermo.