Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  ottobre 13 Domenica calendario

Intervista a Goffredo Bettini (su Pd e alleanze)

Goffredo Bettini, lei per primo ha ipotizzato un’alleanza strategica con il M5S, ora lo dice anche Zingaretti. 
«Sono d’accordo con Zingaretti. Secondo me non abbiamo altra scelta che cercare un rapporto strategico con i 5 Stelle, candidandoci a governare l’Italia anche per i prossimi anni. Sennò che abbiamo fatto a fare questo governo? Solo per consegnare l’Italia a Salvini senza l’aumento dell’Iva?». 
Un partito con il M5S? 
«Non penso a un contenitore politico unico, ma a un progressivo avvicinamento, a un confronto leale e sincero, con la voglia reciproca di conoscersi e cambiare». 
In che senso cambiare? 
«Siamo stati schiacciati sull’immagine di una élite arrogante e lontana dalle persone e loro al contrario si sono collocati sul terreno dell’antipolitica. A noi il rapporto con i 5 Stelle servirà a riprendere contatto con una parte di popolo che abbiamo perso, a loro a capire la complessità della democrazia rappresentativa». 
Quindi un’alleanza. 
«Non basta il rapporto con i 5 Stelle: occorre un campo più largo con tutta la sinistra, con le forze del cattolicesimo democratico e con le forze laiche e liberali. Anche Italia viva può avere un ruolo decisivo. Renzi può essere un alleato importante, se cerca però di conquistare voti nuovi; se lo spazio elettorale lo intende conquistare attraverso un conflitto con il Pd, sarebbe distruttivo e non costruttivo. Però guardo anche più in là: guardo con attenzione i movimenti dentro Forza Italia, che ha componenti allergiche a Salvini. Insomma, non dobbiamo precluderci nulla». 
Tutto ciò per paura di Salvini? 
«La Lega non è affatto finita. Le cause che le hanno permesso di crescere non sono state ancora bonificate. Tuttavia Salvini ha messo paura. Non è il fascismo. È il tipico esempio di un populismo che accetta le elezioni ma una volta vinte imprime alla società una svolta autoritaria e illiberale. Insomma non è Mussolini, è Perón. Ma lui ha sbagliato: quando ha chiesto i pieni poteri è andato fuori misura e ha allarmato gli italiani. C’è, quindi, la possibilità di costruire un’alleanza larga per sconfiggerlo. Superando l’autosufficienza di un riformismo tanto astrattamente “puro”, quanto incapace di guidare i processi reali». 
Il Pd è pronto a questa sfida? 
«Nel momento in cui la nostra iniziativa politica va resa più tempestiva, agile e movimentata, dobbiamo rifondare le nostre ragioni costituenti nella nuova situazione che abbiamo dinnanzi. Sapienza tattica e pensiero forte, ecco quello che serve. Vedrei con favore un passaggio congressuale, ma diverso rispetto al passato. Basato, cioè, su tesi politiche, discusse in modo aperto dai nostri iscritti e nella società italiana». 
Un congresso che elegga il segretario? 
«Il gruppo dirigente deciderà le forme più adatte. Finora si è mosso molto bene». 
Quali sono i problemi del Pd? 
«La mia preoccupazione è che noi da troppo tempo non proponiamo agli italiani un modello di società. Sto scrivendo un libro che sarà pronto alla fine del mese. Il titolo che ho pensato è: “I deformati”. Viviamo in una società senza forme e questo produce la solitudine delle persone, che finiscono per girare solo intorno a se stesse, con “l’espulsione dell’altro” e l’affermazione di un narcisismo insopportabile. La destra ha reagito a questa condizione, ma proponendo delle forme regressive. Tocca a noi elaborarne di alternative. Su questo il nostro silenzio è stato troppo grande». 
Quale sistema elettorale può favorire l’alleanza? 
«Penso che vada cambiata l’attuale legge. Il Pd è nato in una logica maggioritaria. Ma il maggioritario che abbiamo vissuto fino a oggi è distorto. Senza il doppio turno non garantisce la volontà degli elettori e può portare a risultati sorprendenti e squilibranti. Comunque, se alla fine si arrivasse al proporzionale, decisiva rimane una correzione in senso maggioritario con uno sbarramento di accesso sufficientemente alto». 
Una differenza sostanziale con i 5 Stelle? 
«Sulla giustizia, senz’altro. Sono un garantista. Occorre una riforma morale e politica. Non il moltiplicarsi degli errori giudiziari, il linciaggio mediatico e la carcerazione preventiva. Qualche giorno fa è morto Penati, vittima di una giustizia malata».