Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  ottobre 13 Domenica calendario

L’uomo arrestato in Scozia non è il mostro di Nantes

PARIGI Non era il mostro di Nantes ma un pensionato della Renault. Per dodici ore, una notte intera, la Francia ha pensato che la fuga di Xavier Dupont de Ligonnès fosse finita all’aeroporto di Glasgow. Il suo nome, e anche il suo sorriso abbronzato accanto alla moglie, radiosa, una delle ultime foto insieme prima della strage, è noto a tutti. Il volto del padre di famiglia borghese, benestante, felice, capace di imbracciare un fucile e sparare alla moglie, ai quattro figli, anche ai due labrador. Capace di nascondere i loro corpi dentro sacchi di plastica, annegarli nella calce, seppellirli nel giardino della loro bella casa a Nantes. Capace di inviare messaggi, lettere e mail alle scuole, ai familiari, agli amici: siamo partiti in Australia, sono un agente segreto, devo scomparire.
Ed è scomparso davvero. Mai più una traccia, un passo falso. Solo una volta, nel 2015, una cartolina a un giornalista che investigava sul suo caso e che pensava fosse morto: «No, sono vivo». Ma anche allora: era davvero lui? Per questo venerdì sera la notizia dell’arresto ha fatto l’effetto di una bomba: «arrestato Dupont de Ligonnès» è rimbalzato su tutti i siti, tutti i cellulari, tutte le conversazioni.
Lo scoop del Parisien al mattino di ieri si è rivelato un abbaglio della polizia scozzese, così almeno hanno spiegato i francesi. L’uomo arrestato sulla pista dell’aeroporto di Glasgow, all’arrivo di un volo da Parigi, è Guillaume Joao, ha una casa nelle Yvelines alla periferia di Parigi e una moglie in Scozia, Mhary. Una vita passata alla Renault. Le sue impronte digitali corrispondevano «in modo parziale» (5 su 16) a quelle che da anni girano nei servizi informatici di Interpol. E poi c’era il passaporto: rubato.

LE VERIFICHE
Ma in realtà le prime verifiche hanno cominciato a smontare il clamoroso annuncio. Innanzitutto i vicini della casa nelle Yvelines: una coppia conosce Guillaume dall’88, sempre stato lì, con sua madre prima, poi con sua moglie, da anni fa il pendolare con la Scozia. Poi il passaporto: Guillaume stesso aveva denunciato il furto nel 2014. Il verdetto finale è arrivato dall’analisi del Dna: l’uomo di Glasgow non è «il mostro».
Dupont de Ligonnès resta un’ombra. L’ultima traccia è una foto rubata da una telecamera di sicurezza mentre ritira i soldi da un bancomat, a Roquebrune-sur-Argens.
Da allora solo dubbi, sospetti, interrogativi. La madre e la sorella di lui continuano a credere che sia innocente. Un anno prima della strage, avrebbe confidato che erano tutti in pericolo e che «se fosse successo qualcosa, avrebbero fatto credere che era colpa sua». Ma viene anche fuori che la bella e felice vita della famiglia stava venendo giù, abbattuta dai debiti e dalle amanti di lui, una delle quali aveva intenzione di denunciarlo per recuperare un prestito. Altri evocano una «pista americana». Molti agenti che hanno seguito il caso, sono convinti che si sia suicidato. Un corpo ritrovato nell’aprile 2015 fece pensare che la sua corsa era finita nella foresta di Bagnols. Ma l’analisi del Dna smentì. Anche allora: una falsa pista.