Corriere della Sera, 12 ottobre 2019
Biografia di Serge Lutens, creatore di profumi
Il diavolo, probabilmente. Nella Medina del quartiere di Hartssoura, a Marrakech, nulla rivela dall’esterno il santuario di Serge Lutens, figura mitica ed enigmatica della profumeria di nicchia, dopo essere stato un protagonista del mondo dell’immagine tout court, dalla fotografia al cinema sperimentale, al maquillage. Una porta provvisoria, da «lavori in corso», introduce nella penombra di un dedalo di corridoi.
Siamo dentro una casa- capolavoro che Lutens sta realizzando da ben 46 anni, impegnando centinaia di fabbri, falegnami, scalpellini, incisori di tre generazioni: la sfida e l’ossessione della sua vita. Più che una dimora, un monumento alle capacità artigianali del Marocco. Partito da uno spazio esiguo di una vecchia madrassa (la scuola coranica) si allarga, ambiente dopo ambiente e anno dopo anno, a un intero quartiere. Un’enorme cripta, una tomba da faraoni costellata da piccoli ambienti nominati come le stanze domestiche, una sequenza intervallata dagli squarci di luce e dal rigoglio della vegetazione di tre splendidi corti. Il riad, la casa tipica marocchina, diventa una sacra rappresentazione. Lutens non abita qui, ma qui pensa e crea le sue fragranze come un demiurgo pronto a sfidare le invettive dell’Inquisizione.
Ci appare infine come un sacerdote dark: magro e vestito di nero, cammina appoggiandosi a un bastone. Siede su un tronetto tempestato di madreperla. La sacra rappresentazione sembra continuare. Ma subito Lutens sfodera una gentilezza che si mescola con un sorriso infantile. La simpatia sprizza dagli occhi vispi, l’umorismo prende ben presto il sopravvento. Il personaggio è già tutto qui, in un gioco di specchi che stempera l’inquietudine. Lui lo ha costruito pezzo dopo pezzo intagliandosi una biografia da romanzo, come un protagonista delle opere di Genet, autore da lui amato insieme con Baudelaire e Leopardi.
«Sono nato nel 1942 a Lilla, sono figlio della colpa, frutto di un adulterio. Dunque senza padre. Tutta la mia vita è un colmare questo senso di colpa anelando alla Bellezza. La colpa si porta dietro anche il rimorso. Ma se nella vita si riesce a fare delle svolte radicali, il rimorso diventa motore di creatività».
A Lilla, da bambino, Lutens scopre gli odori arabi passeggiando per la rue du Tournai, la strada dei maghrebini. «Mi dicevano: stai attento, non passare da lì, eravamo prossimi alla guerra d’Algeria. Ma io mi sentivo dalla parte di questi immigrati discriminati, decenni di psicanalisi mi hanno convinto che il nostro destino lo formiamo nei primi 7 anni di vita. Sarei stato sempre contro, un ribelle».
Arrivai in Marocco nel ‘68 per caso. Trovai dell’ambra che misi
in una scatoletta di cedro. Dissi: un giorno farò un profumo con queste materie
Marsiglia, febbraio 1968. Lutens è in vacanza per qualche giorno. Ha già all’attivo una brillante carriera da fotografo di moda e da un anno Christian Dior gli ha chiesto di pensare a un’immagine innovativa nel trucco. «Posso dire che rivoluzionai il mondo del maquillage usando colori forti e irriverenti dove nessuno se li si aspettava». Al porto si mette a chiacchierare con il comandante di un cargo che sta per partire per il Marocco. «Avete posto per un passaggio? Così salpai, imbarcando anche la mia motocicletta Norton. Giunsi in una Casablanca fredda e piovosa, volevo fuggire subito. Decisi di esplorare l’interno del Paese, raggiunsi Marrakech mentre il cielo si schiariva e apparivano le montagne dell’Atlante. I profumi della città mi avvolsero. Fu un coup de foudre, un colpo di fulmine, questo luogo era il più lontano possibile dalle regole della società europea che già detestavo. Trovai un pezzo di ambra che misi in una scatoletta di cedro. Mi dissi: un giorno farò un profumo con queste materie».
Nel frattempo Lutens continua a creare maquillage, ora per Shiseido; poi ecco la prima fragranza per la casa giapponese, «Nombre noir», (oggi oggetto di caccia da collezionista) anche se il primo profumo totalmente Lutens è «Feminité du Bois». Il suo più grande successo, «Ambre Sultane». Oggi sono più di 80 i profumi creati da questo «mago» che nei suoi esperimenti fa sempre risaltare le materie secche, i legni come il sandalo, il cedro, l’oud, «cioé la nobiltà della profumeria», precisa. Profumi che dividono («che noia se tutti fossero entusiasti delle mie creazioni») e che lui accompagna con descrizioni letterarie, lontane da ogni aulica o scientifica spiegazione delle piramidi olfattive. Come nell’ultimo nato, «La couche du diable», la tana del diavolo. «Del famigerato ne porta le vesti: un lungo mantello nero aperto sul rosso di un costume che avvolge il corpo e la testa...un volto emerge dal cappuccio, ha le sopracciglia inarcate dalla radice del naso fino ai punti più alti delle tempie: la smorfia di Satana...». «In fondo, che cos’e’ il profumo? – riflette Lutens – un ponte tra le immagini e le parole». Il diavolo, probabilmente.