Corriere della Sera, 12 ottobre 2019
Panatta compra un circolo di tennis a Trieste
«Io sarò amministratore unico, l’amico Philippe Donnet mi aiuterà a fare i conti: in questo è più bravo di me. I bambini del nostro tennis vorrei diventassero più Roger Federer che Rafa Nadal. Almeno un po’ pof, pof, se possibile, insomma...».
La vita ricomincia a 69 anni ristrutturando lo storico Sporting Club Zambon di via Medaglie d’Oro a Treviso, all’ombra del ciuffo morbido da eterno adolescente, con un meraviglioso avvenire alle spalle (Roma, Parigi e la Coppa Davis in un’unica, indimenticabile, stagione: correva il 1976), a 538 chilometri da dove tutto cominciò. Tc Parioli, Anni 50, le prime trasmissioni in bianco e nero della Rai, l’inaugurazione del tratto dell’Autostrada del Sole da Milano a Parma, gli Oscar a Federico Fellini, e Adriano Panatta detto Ascenzietto, figlio del custode. Da qualche anno vive in Veneto: «Per ragioni sentimentali». Posso scriverlo, Adriano? «Ma certo. Ho traslocato da Roma a Treviso per amore di Anna, la mia compagna. Donna bella, dolce e intelligente». Anna Bonamigo, avvocatessa trevigiana, detta Boba. La spesa al mercato di San Parisio, la carne alla macelleria Stecca di Borgo Cavour, a piedi al cinema Corso, Piazza dei Signori da solcare in bicicletta. Un’altra galassia rispetto all’anarchico gigantismo di Roma, che gli resta nel cuore. «Di Treviso mi piace tutto: qui sono finalmente riuscito a costruirmi una dimensione di normalità. E mi sento tranquillo nella mia vita».
Lontano dalla Capitale, la panattitudine è un’aura da portare in giro con più leggerezza, ma il primo amore non si scorda mai. Il tennis. «L’iniziativa è mia. Il Tc Zambon, gravato da un pignoramento promosso dalle banche creditrici, era già andato all’asta quattro volte. Sempre deserta. Ormai sono stabile sul territorio, il tennis è un settore che conosco: ne ho parlato a Parigi con Philippe, amico carissimo e ad di Generali. Avrei l’intenzione... Ottimo, facciamo insieme, è stata la sua risposta». Una srl che porta le iniziali dei due nomi, A&P International, 550 mila euro di controvalore sottoscritto, un progetto da 2,5 milioni di investimento per riqualificare tutta l’area. Apertura a ottobre 2020. Panatta businessman, dopo volée al bacio, rovesci di velluto e veroniche satinate.
«Ci avevo giocato, al Tc Zambon, cento anni fa quando ero giovane – racconta Panatta —. Un’istituzione della marca trevigiana. Dopo tante vicissitudini, ora siamo alla fase burocratica: il piano finanziario, la presentazione al Comune di Treviso, con il sindaco Conte abbiamo ottimi rapporti. Penseremo anche a un nuovo nome: a proposito, se ha un’idea...». Difficile immaginare che un tennis gestito da Adriano non porti il cognome Panatta. «Sarà un club all’antica, per soci adulti, bambini e nonni. E per le donne, che dalla palestra all’estetica avranno a disposizione un settore dedicato a loro. Non sarà un circolo mordi e fuggi. Piscina, ristorante, club house: chi viene resterà tutto il giorno. Ho in mente il modo di vivere il club dei miei tempi, dal Tc Parioli al Circolo Canottieri Aniene. E i maestri insegneranno il tennis che dico io: classico, non estremo, le impugnature improbabili dei poveri giocatori infelici saranno bandite, vietato il rovescio a due mani. Se non si divertono, i bambini il tennis lo abbandonano. Vorrei evitarlo. E sarò lì tutti i giorni, anche in campo. Meglio se di padel, però, così corro meno...». La partita a padel con Alessandro Di Battista è già negli annali: «L’ha conosciuto mio figlio Alessandro al parco, mentre facevano giocare i pupi. Ha chiesto di incontrarmi. Con una racchetta in mano mi sento più a mio agio».
Un ritorno al passato per il più moderno dei nostri campioni. Bella sfida o pensione dorata, Adriano? «Che sia dorata è tutto da dimostrare! Nuova avventura, diciamo. Un impegno che mi piace prendere. Avevo voglia di un progetto, basta andare avanti e indietro per l’Italia. L’anno prossimo compirò 70 anni. Ormai si è fatta una certa».