Il Sole 24 Ore, 12 ottobre 2019
Il caso della petroliera iraniana in fiamme
Un nuovo misterioso incidente a una petroliera – questa volta battente bandiera iraniana – complica la trama sempre più pericolosa delle relazioni mediorientali. Ma le quotazioni del barile ancora una volta non si infiammano, benché il rischio geopolitico sia a livelli di guardia come non accadeva da molti anni. Il Brent ha chiuso leggermente al di sopra della quota psicologica dei 60 dollari al barile dopo la relativa impennata di circa il 2% con cui di prima mattina aveva reagito alla notizia di una nave iraniana in fiamme nel Mar Rosso di fronte al porto di Jeddah: un attacco compiuto con due missili, forse provenienti dall’Arabia Saudita secondo le prime illazioni o forse – ma questa era solo una voce incontrollata – da un sottomarino israeliano.
La Suezmax Sabiti, con a bordo un carico di un milione di barili di greggio, è stata colpita mentre navigava in direzione nord, verso il canale di Suez, afferma la National Iranian Tanker Company (Nitc). Ma in realtà non ci sono certezze sulla rotta, perché da 57 giorni questa era una petroliera fantasma, come gran parte della flotta di Teheran, che si mantiene nascosta per dribblare le sanzioni americane. L’Ais (Automatic Identification System) – transponder di cui tutte le navi commerciali sono dotate per garantire la sicurezza della navigazione – è stato riacceso solo dopo il presunto attacco, tanto che all’inizio si era pensato che la petroliera colpita fosse un’altra, la Sinopa, anch’essa iraniana.
A caldo funzionari della Nitc avevano riferito di missili lanciati «probabilmente dalla direzione dell’Arabia», il primo alle 5 del mattino e il secondo alle 5,20. Nessuna vittima tra l’equipaggio, ma danni a due serbatoi, con sversamento di greggio in mare, subito arginato dai tecnici iraniani.Fumo nero e fiamme sono stati visti (e fotografati) da numerosi testimoni. Ma la Sabiti dopo poche ore ha ripreso la navigazione, verso il Golfo Persico, mentre Teheran si è data da fare per stemperare le accuse. La Nitc non solo ha chiarito di non avere ipotesi sull’accaduto, ma ha negato incendi a bordo e diffuso immagini della Sabiti in cui non si osservano danni evidenti. Il ministero degli Esteri iraniano ha confermato due esplosioni, promettendo indagini approfondite su quella che ha definito «una pericolosa avventura».
Da parte americana, la Quinta Flotta, di stanza nel Bahrein, ha fatto sapere di non avere informazioni al di là di quanto appreso dai media.E tuttavia il Pentagono più tardi ha confermato l’invio in Arabia di 3.000 uomini, «pronti a rispondere a ogni eventuale crisi» malgrado gli Usa, si precisa, «non cerchino alcun conflitto con l’Iran».
La Sabiti è la terza petroliera iraniana vittima di un “incidente” nella stessa area negli ultimi sei mesi. Navi cisterna di altri Paesi erano state sabotate a maggio e a giugno di fronte al terminal di Fujairah, negli Emirati Arabi Uniti. In Arabia ci sono stati attentati falliti contro oleodotti e giacimenti e poi, lo scorso 14 settembre, l’attacco più grave: quello contro gli impianti di Abqaiq e Khurais, bersagliati da 18 droni e 7 missili, in un attacco che gli Usa (ma anche la Germania e la Francia) sospettano di matrice iraniana.
Nuovi focolai di tensione si sono accesi in Medio Oriente anche con l’offensiva della Turchia nel nord della Siria e i disordini, con oltre cento vittime, in Iraq, il secondo produttore di greggio dell’Opec, con 5 milioni di barili al giorno. In America Latina intanto, accanto alla tragica crisi del Venezuela, oggi anche l’Ecuador è scosso da violente proteste, che hanno ridotto la produzione petrolifera.
Il mercato finora non si è lasciato impressionare, distratto dagli alti e bassi delle trattative commerciali Usa-Cina e da segnali di indebolimento della domanda petrolifera. Anche l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) ieri ha ridotto le stime: ora si aspetta un incremento di 1 mbg nel 2019, il minimo dal 2016. Le previsioni dell’Opec e della statunitense Eia sono ancora più pessimiste: 980mila e 840mila bg rispettivamente.