Il Messaggero, 12 ottobre 2019
Biografia di Cesare Lombroso
Nell’ottobre di centodieci anni fa moriva Cesare Lombroso. È improbabile che qualcuno ne celebri l’anniversario, perché questo famosissimo medico ebbe nemici, come si dice, a destra e a sinistra, e il suo insegnamento è ormai fuori moda. Tuttavia all’epoca ebbe un notevole seguito, e ancor oggi il suo nome è associato all’immagine del criminale riconoscibile dai tratti somatici. Ma chi era Cesare Lombroso?
Era nato nel 1835 a Verona da una famiglia di ebrei rigorosamente osservanti. Presto perdette la fede, e gli studi di Medicina lo orientarono verso quel materialismo ateo che allora contrassegnava gli studiosi di fisiologia. A 31 anni fu nominato professore straordinario all’Università di Pavia, e nel 1871 fu chiamato a dirigere il manicomio di Pesaro. Nel frattempo aveva elaborato una teoria sugli alienati pericolosi, che lo portò a studiare le caratteristiche fisiche degli internati. Dopo mature riflessioni e osservazioni, ne dedusse che certe anomalie somatiche determinano, ed al contempo rivelano, specifiche tendenze criminali. Credette di trovarvi conferma nell’esame del cranio del brigante Giuseppe Vilella, e soprattutto in quello di Vincenzo Verzeni, un feroce serial killer che aveva ucciso due donne, ne aveva succhiato il sangue, divorato i polpacci e asportato gli organi genitali. Arrestato e processato, Verzeni aveva ammesso di aver strangolato le vittime e di aver provato un immenso piacerein quelle macabre bevute. Sottoposto a perizia psichiatrica, fu riconosciuto insano di mente e finì suoi giorni al manicomio giudiziario.
IL DESTINOLombroso lo definì sadico sessuale, vampiro e divoratore di carne umana. E fin qui erano tutti d’accordo. Ma il rigoroso criminologo andò oltre, e individuò le cause della perversione omicida nella conformazione ossea della faccia dell’assassino. Una volta infilatosi in questo percorso, Lombroso convinse se stesso e un’intera scuola, che l’uomo delinquente era riconoscibile dai tratti fisici, e che il suo funesto destino era irrimediabilmente segnato dalla nascita. La cultura europea, reagendo a secoli di disquisizioni teologiche sulla funzione della pena come retribuzione etica a una colpa volontaria, era allora fortemente influenzata dal materialismo positivista, di cui il determinismo era la conseguenza naturale: l’uomo, si diceva, agisce secondo impulsi determinati dalla sua conformazione anatomica contro i quali nessuno può far niente, salvo neutralizzare il pericoloso individuo con una adeguata prevenzione, possibilmente ospedaliera.
In questa visione fatalistica non c’era ovviamente posto né per la morale né per la religione. Lombroso, sia pur in modo meno grossolano, era figlio di quel pensiero di Moleschott e Feuerbach che l’uomo è ciò che mangia. Il criminale, evidentemente, era il prodotto di quel che avevano mangiato i suoi antenati. Naturalmente questa conclusione provocò reazioni vigorose. Dal punto di vista teorico era facile dimostrare che non vi era alcun fondamento razionale in simili astrazioni speculative, che sconfinavano nel pregiudizio. E sotto il profilo pratico le cose andavano anche peggio, perché moltissimi individui con le caratteristiche fisiognomiche dei criminali erano miti e onesti cittadini, mentre altri crudeli furfanti non presentavano affatto i segni cari a Lombroso. Ma il sasso era stato lanciato, e per molti anni i suoi insegnamenti influenzarono medici e giuristi.
LO SPIRITISMOFiorirono le classificazioni dei connotati dei truffatori, degli assassini, dei ladri e di altri farabutti: testa piccola, fronte sfuggente, zigomi pronunciati, mascella prominente, occhi errabondi, sopracciglia folte, naso storto, viso giallo, barba rada, e altre singolarità. Molti di noi possono riconoscere, nelle proprie antipatiche imperfezioni, alcuni tratti del delinquente nato.
Consolidate le proprie certezze, l’illustre medico varcò i limiti delle sue stesse convinzioni rigorosamente empiriche, e si accostò allo spiritismo. Qui cadde nella trappola di una famosa medium dell’epoca, Eusapia Palladino, esperta in fenomeni paranormali di smaterializzazione, telecinesi e altre fumisterie. Il rude materialista avallò gli esperimenti di questa imbonitrice, i cui trucchi furono alla fine smascherati dalla comunità scientifica internazionale. Non sappiamo quanto questa delusione abbia influito sulla salute di Lombroso, che cominciò a soffrire di disturbi fisici e mentali. Morì a 74 anni, lasciando il suo scheletro al museo che stava progettando.
I TESCHIQuesto museo di criminologia costituisce la sua eredità più tangibile, e Lombroso non ne vide l’ inaugurazione, avvenuta proprio nell’anno della sua morte. Vi sono raccolti centinaia di teschi, cervelli, scheletri, strumenti di contenzione, reperti di delitti, maschere mortuarie e persino piante carnivore. Temendo che questa macabra esposizione alimentasse una sorta di compiacimento per le miserie umane, molti ne chiesero la chiusura. Ma per ora, e almeno in parte, il Museo rimane accessibile. Del resto non è necessario vistarlo per capire che l’uomo è mezzo angelo e mezzo demonio: basta leggere la Genesi, lì è scritta ogni cosa.
Oggi la teoria lombrosiana è, come dicevamo superata, e nessuno ci crede più. Un filosofo può legittimamente obiettare che tra cento anni saranno superate anche le attuali (in)certezze della psichiatria forense, che del resto non sta dando grande dimostrazione di affidabilità. Gli abbagli degli esperti sono frequenti, e non sono rari i casi in cui degli indagati definiti socialmente non pericolosi il giorno dopo hanno strangolato la moglie o violentato una passante. Èun buon motivo per non affidarsi supinamente a queste mezze verità, anche se non è un buon motivo per rassegnarci a uno scetticismo corrosivo e inconcludente. La storia delle scienze è notoriamente più ricca di errori che di verità, ma comunque un errore fecondo ha un valore più grande di una sterile inerzia.
LE MALATTIECosì Lombroso, con le sue originali teorie, ha in parte contribuito a riportare concretezza in un mondo dove l’esasperata concezione tradizionale del libero arbitrio aveva ignorato i condizionamenti delle malattie organiche e dei disagi sociali nel comportamento dei criminali. Ma Lombroso fu troppo radicale nelle sue ipotesi, troppo categorico nelle sue conclusioni, e troppo ostinato nel mantenerle anche davanti alle smentite dell’esperienza. Alla fine il suo materialismo sconfinò nella superstizione, e i suoi bizzarri accostamenti allo spiritismo lo condussero a patrocinare la ciarlataneria. Dimostrando, ancora una volta che quando si finisce di credere in Dio si finisce per credere a tutto.