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 2019  ottobre 09 Mercoledì calendario

Biografia di Loretta Goggi raccontata da lei stessa

«Intanto, mi dica: ha fatto buon viaggio?».

Insomma. Rallentamenti sulla rete. Spero di rientrare.

«Male che vada si ferma qui stasera. Non è una grande punizione, su. A Roma si sta benissimo in questa stagione».

Parla del clima?

«È una città che non si può giudicare con due parole. È bellissima, ma disastrata. Noi romani siamo un po’ così, che ce va bene tutto. Va be’ di qua, va be’ di là… e no che non va be’!».

Prima ancora di avere il tempo di mescolare il caffè, al bar dei Parioli dove ci incontriamo, mi illumina una fin troppo facile intuizione. Il segreto del successo di Loretta Goggi sta tutto in quella sua capacità di sedersi a un tavolino e di chiacchierare con generosità. Senza farsi pregare. Proprio come fosse in tv.


Sa che è difficile intervistarla?

«E perché?».


Ne ha fatte tante.

«Io?! E che ho combinato?».


Di interviste, dico. Ormai la annoieranno.

«No, sarebbe come se mi annoiasse cantare sempre le stesse canzoni: ogni volta, cambia chi mi ascolta».


Cantante, presentatrice, attrice, imitatrice, doppiatrice… cosa indicava la sua carta d’identità alla voce «professione»?

«Artista. “Soubrette”, anche per l’epoca, era un po’ antico».


Sa fare tutto. O no?

«Le cose che non so fare sarebbero anche tante. Per esempio ballare: è una cosa che faccio con eleganza (ride) ma non ho iniziato a 8 anni con le maestre russe. Dovevo fare Canzonissima al posto di Raffaella Carrà, ma Barrie Chase, la prima ballerina, diede buca. La Rai disse: non c’è problema, fa tutto la Goggi. Prima lezione a 22 anni, sotto il sole di Amalfi, con una calzamaglia di lana, per buttare giù qualche chiletto».


Ma ha sempre avuto un fisico pazzesco.

«Lo scriva! In realtà prima dei 25 anni ero chiattulella».


Cicciottella? Di recente l’abbiamo vista giocare a golf con Raffaella, sua eterna «rivale».

«Sì, all’Argentario. Ci siamo incrociate spesso lì, ma conosciute davvero mai. Questa era la prima volta che ci tornavo senza mio marito Gianni: mi è preso − come dite voi a Milano? − uno sciupùn! Ci siamo divertite, abbiamo parlato di tutto. Lei ha visto più lontano di me, ha conquistato l’estero; io sono stata più nazionalista. Ho sbagliato, ma la mia è stata una scelta di vita. Volevo stare vicina ai fidanzatini dell’epoca».


Dopo Carrà e Goggi, arrivarono Cuccarini e Parisi. Tra le due, oggi, volano stracci.

«Lorella è una persona molto tranquilla, volitiva e anche coraggiosa. Con Heather ho fatto Fantastico: a livello ballettistico è un’eccellenza».


Chi butta giù dalla torre?

«Mi butto io, che non sono portata per la danza».


Rispetto alla Carrà, si è autodefinita «un’eterna seconda».

«Essere un’icona è una cosa: lei, Mike, Baudo, Corrado lo sono. Io no: ho fatto così tante cose diverse che definirmi era impossibile. Come fai a identificarti con una che ti cambia sotto il naso 200 volte?».


Una scelta, la sua?

«Sono in eterno movimento, anche interiormente: mi cerco, mi scruto, mi amo, mi amo meno, mi scopro… Il pubblico ha faticato a starmi dietro, non sempre ha capito le mie scelte».


Per esempio?

«Quando arrivai seconda a Sanremo i miei discografici dissero: “Basta tv, adesso canti e basta”. Ci ho pensato: dischi, concerti, promozione spesso gratis… No, ho ripreso in mano la mia professione e ho continuato a fare quello che volevo».


È stata la prima donna a presentare il Festival.

«Allora solo gli uomini potevano condurre; noi eravamo ritenute incapaci di gestire gli imprevisti della diretta. Era così offensivo che decisi di mollare la Rai per la Fininvest. In Hello Goggi ero protagonista già nel titolo».


Ecco perché visse così male l’esperienza di Miss Italia con Mike Bongiorno, quando abbandonò lo show perché introdotta dopo mezz’ora di trasmissione.

«Mi ha offesa come donna, ancora prima che come artista».


In questo periodo si ama, o meno?

«Sto riscoprendo la Loretta che viveva ancora coi genitori e che, d’improvviso, si è affacciata alla popolarità. Papà mi ha accompagnata ovunque, fino ai 27 anni. Ma a Fantastico ci andai da sola. E infatti – tac! – mi sono innamorata subito».


La libertà!

«Non l’ho mica vissuta così la mia prima sera a Milano. Andai a fare la spesa al supermercato: la mia emancipazione».


Perché si rivede in quella Loretta?

«Mi ritrovo negli entusiasmi di quando mi sono aperta alla vita. Sono passata da mio padre a mio marito, un uomo dalla forte personalità, e mi sono messa completamente al servizio della nostra storia d’amore, così come lo ero della mia famiglia, prima. Adesso, di nuovo sola, torno a scoprire se ho voglia di alzarmi oppure no, di andare al cinema… o no».


Con suo marito non era così?

«In una coppia, uno dei due deve smussare i propri angoli».


Eravate molto uniti: casa e lavoro, sempre assieme.

«Mi sono totalmente affidata a lui, anche per la mia carriera».


Il segreto della vita di coppia non è trovare i propri spazi?

«Guardi, ho trovato Gianni a 29 anni e ho detto: “questo è mio e non me lo faccio scappare”. Sono diventata indispensabile – questa è la parola giusta – per lui, come lui lo era per me. Era uno spirito libero, mi ha insegnato a volare: lo chiamavo Jonathan Livingston. Credeva di non poter contare su un’artista come me per la gestione pratica della vita. Gli ho fatto cambiare idea».


I famosi opposti che si attraggono.

«Opposti di sicuro: litigavamo molto, ma mai per lavoro. Era una questione di carattere».


Che carattere aveva Gianni?

«Era un profugo istriano. Era cresciuto senza famiglia: perse il padre a 3 anni e la mamma a 14. I suoi atteggiamenti granitici nascondevano una grande dolcezza. Pensava che fossi cresciuta nella bambagia, mi diceva sempre: “Non metti mai i calzini spaiati!”. Non vedeva il mio potenziale di follia. Ma mi creda: io un po’ matta lo sono».


La vostra relazione, all’inizio, era clandestina.

«Di più: top secret per due anni. Non potevamo decidere su due piedi che questa cosa non fosse passeggera. Sentivo una forte responsabilità: ero una donna di successo; lui non solo aveva 13 anni più di me, ma era sposato con figli. Quando tornai dall’India, gli chiesi: chi ci dice che non sia un trip?».


Quando ha capito che non lo era?

«Una sera, a cena. Mi versò il vino e notai la sua mano che tremava. Quell’omone così emozionato mi fece tenerezza».


Esclude un’altra «maledetta primavera»?

«Sì. Oddio, non posso giurarlo: sa, in un attimo di rincoglionimento prima di andare in una casa di riposo, magari… Ma poi ho una certa età».


C’è un’età in cui si smette di innamorarsi?

«No. Ma per me sì».


Che ci era andata a fare in India?

«Ero con degli amici dei miei genitori, i cui figli vivevano là. Ho scoperto un mondo fantasmagorico. Mi chiedevano: “Hai fatto un fioretto? Se non ti droghi qui, dove ti droghi?”».


Già, ha l’aria della persona meno trasgressiva del mondo.

«Ma che ne sa lei, scusi?».


Mi confessi un suo peccato.

«Non sono così piatta come sembro».


La Goggi ha le sue piccole trasgressioni.

«Medie, non piccole».


Per Wikipedia il suo esordio discografico sarebbe Lourdes 1858 – Le apparizioni della Madonna con Bernadette, del 1958.

«Forse, per le edizioni Paoline. Ho fatto tante incisioni per loro: un sacco di favole, la vita di Bach… Al Vaticano ero di casa: ho fatto anche la dj per Radio Vaticana».


Come?

«Nel ’71: mettevo i dischi di Patty Pravo e Gianni Morandi».


È sua la voce del canarino Titti.

«Da quando avevo 15 anni l’ho sempre doppiato io».


Era una star dei grandi sceneggiati, gli antenati delle serie tv.

«Me le guardo tutte. In America le più famose attrici del cinema, come Nicole Kidman, possono tranquillamente fare la tv. In Italia, invece, guai».


Lei è la dimostrazione vivente del contrario.

«Sì, ma quanto ci ho impiegato. E che fatica!».


Da Fantastico in giù, lei è stata il Varietà. Il genere è morto?

«Tanto bene non sta. Costava tantissimo: scenografie, costumi, orchestra… E chi se li può più permettere? E poi, il pubblico si è abituato al peggio: in tv ti becchi quello che c’è. Non c’è più il gusto di analizzare quel che vedi: si cambia canale in un secondo. Ma non mi faccia passare come una legata al passato; la nostalgia non serve a nulla».


Su Google, la gente cerca: Loretta Goggi… canzoni.

«Eh».


Non incide un album da 30 anni.

«E chi ha voglia di fare la promozione!».


Potrebbe anche evitarsela.

«E secondo lei si comprano il mio disco, così?».


Io sì.

«Lo dice perché è qui. No, voglio cantare quello che mi pare: non devo vendere e andare incontro ai gusti di nessuno».


A seguire, su Google: Loretta Goggi Maledetta primavera.

«Sempre canzone è. Non c’è festa dove non la mettano».


Non ne può più?

«Ma per niente! Arrivai a Sanremo con il preconcetto che, da imitatrice, non avessi una voce mia. È vero che cantare mi terrorizzava: quando reciti sei nascosta da una maschera; quando canti sei solo. Ero così angosciata che Alice quasi mi rimproverò: “Senti, devo cantare anche io, smettila!”».


E l’ansia svanì.

«Sul voglia di stringersi e poi la voce tremava ancora. Ma sul seee per innamorarsi ancora la galleria esplose in un applauso. In quel momento capii che, dentro di me, avevo già vinto».


Quest’anno potrebbe tornarci.

«Io, a Sanremo?».


Non in gara, da co-conduttrice.

«Non ci penso nemmeno, odio l’effetto nostalgia».


Ci delude.

«Vede: me lo proponessero, il mio “no” sarebbe una di quelle scelte di cui sopra».


È da sempre definita «quella brava».

«Un limite».


Ovvero?

«La bravura ti incasella. Non ti permette di sbagliare, non ti consente colpi di testa. Essere “quella brava” è stucchevole».


Vorrebbe la definissero quella “brava e…”.

«Vorrei essere considerata una brava attrice. Girerò il prossimo film di Massimiliano Bruno. Sono al cinema con Appena un minuto: interpreto una donna lontana da me, una madre».


Non ha figli. Rimpianti?

«Non avendone avuti, non so dirle che cosa mi sia persa. Però sono zia, e capisco che cosa voglia dire averne».


Cioè?


«Avere la capacità di comprendere anche quello che non condividi: una fatica pazzesca».


Non avere figli è stata una scelta?

«Ci abbiamo provato, ma eravamo chimicamente incompatibili. Non ho mai fatto niente per averne a tutti i costi».


Mai pensato all’adozione?

«No. Avrei forzato una cosa che lassù… Lei crede?».


No.

«Io molto. Mia madre diceva: “Il Signore manda il freddo secondo i panni”. Dio avrà pensato che non fossi portata».


Tocchi ferro. Nona chiave di ricerca su Google: Loretta Goggi… è morta.

«No!».


Giuro. Come immagina quel momento?

«La morte fa paura, mi auguro di non soffrire. Ma da credente penso che qualcosa di noi sopravviva alla vita terrena. Non sono una santa: qualche conticino in sospeso ce l’ho».


Niente paradiso?

«No».


Purgatorio o inferno?

«Il purgatorio ha diversi livelli…».


In che girone ci rivedremo?

«Chissà. Spero di non finire all’inferno».


Bisogna farla grossa per quello.

«Alle volte non ci si rende conto della gravità delle nostre azioni. Chi spaccia, sa che ammazza?».


Ha appena festeggiato 69 anni. Cosa si è regalata?

«Vorrei fare un viaggio a Gerusalemme».


Cosa pensa di trovarci?

«Come spiegarlo? Camminare dove ha camminato Gesù…».


Il suo saluto cult è: «Felicità!”». Che cosa è la felicità?

«John Lennon disse: “La vita è quello che ti succede mentre sei impegnato a fare altri programmi”. Lo stesso è la felicità: un attimo fulminante; sarebbe da fotografare».


Il suo ultimo momento di felicità?

«Questo non glielo dico».


Si è data della «Cicciottella». Sono 40 anni che mi arrovello sul testo della canzone, un puro delirio. Chi è Cicciottella, un’ecologista bulimica?

«Una bimbetta che “non voleva diventare un grissino”, una che si voleva godere la vita. Però quello che si mangiava non erano i bignè, ma l’energia. Io invece ai dolci non resisto. Sa che quest’anno ho preso 4 chili?».


Il girone dei golosi, dunque. Tutto qui?