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 2019  ottobre 11 Venerdì calendario

L’incontro di Cairo con Berlusconi

Nel pomeriggio di domenica Silvio Berlusconi ha accolto Matteo Salvini e Giorgia Meloni nella sua casa-ufficio milanese di via Rovani per un bel vertice del centrodestra che fu e a cui non crede più nessuno: “Uniti” alle prossime Regionali e maggiore “coordinamento” dei gruppi parlamentari, il topolino partorito dalla montagna del faccia e faccia.
Giornata di incontri, quella di domenica, per il fu Cavaliere, che la mattina aveva invece aperto le porte di casa sua, quella di Arcore, a un altro ospite: Urbano Cairo, presidente e amministratore delegato di Rcs, editore di La7, già manager della Publitalia del Biscione e oggi venditore di pubblicità in proprio, nonché patron del Torino calcio. Insomma, a livello imprenditoriale una replica al momento un po’ più in piccolo del pensionando Caimano, di cui fu giovanissimo persino assistente personale.
L’incontro, segreto, sarebbe stato preparato e officiato dai due eterni alter ego di Silvio, Fedele Confalonieri e Gianni Letta: dagli uomini del partito Mediaset dunque, non dalla corte politica dell’anziano re di Arcore, il fu cerchio magico della declinante Forza Italia, che infatti smentisce sdegnato persino l’ipotesi di una chiacchierata tra i due editori.
Il motivo è semplice: anche se non si sa cosa i due si siano detti, il retropensiero di tutti corre alla sempre negata, “per ora”, volontà di Cairo di seguire anche in politica il percorso di quel che sembra il suo modello. Che l’editore di Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport e La7 ci pensi, nonostante il conflitto di interessi che già perseguitò Berlusconi, è il segreto di Pulcinella: giusto alla fine di agosto ha rilasciato un’intervista al Foglio pomposamente intitolata “Un altro governo è possibile. Il manifesto politico di Urbano Cairo”.
All’interno di quel colloquio c’è anche una frase che non può non riverberarsi nell’incontro di domenica: “Io non sono e non sarò mai l’erede del Cavaliere. Io sono molto diverso da lui. Per essere ancora più chiaro: non vivo nell’attesa di ricevere una qualche investitura, né intendo assumere la guida di partiti già esistenti che hanno attraversato una parabola puntellata di successi e fallimenti. Nella vita non si prende il posto di qualcun altro… Se si vuole compiere il grande passo, si dà vita a una creatura inedita, la s’inventa di sana pianta. Gli innovatori inventano il nuovo, non riciclano il vecchio”. Difficile che Cairo, incensato sui suoi media come Xi Jinping in Cina, abbia cambiato idea e pensi di caricarsi Forza Italia: d’altra parte lo spiegò allo stesso Berlusconi proprio ad agosto, in un precedente incontro in cui il re di Arcore gli offrì sostanzialmente la guida di un nuovo “partito dei moderati” da fondare all’uopo.
E allora? Il padrone di La7 sta pensando di entrare in politica? “Al momento (sic) l’idea non mi sfiora”, aveva detto alla giornalista Annalisa Chirico un mese e mezzo fa. Nel frattempo, però, lo spazio politico di questi benedetti “moderati”, il mitico centro, s’è riempito come non mai: Carlo Calenda è uscito dal Pd e cerca di capire cosa fare; Matteo Renzi s’è scisso dando vita a un partitino che promette di svuotare Forza Italia; da Milano si muove per rappresentare quell’area anche a livello nazionale il sindaco Beppe Sala. Se Cairo sta pensando di candidarsi al prossimo giro – tra un paio d’anni abbondanti se l’ircocervo giallorosé regge – deve iniziare a muoversi adesso, anche se, come al solito, sotto traccia: “Progettavo la scalata a Rcs da dieci anni senza farne mai parola con nessuno, nell’assoluto riserbo”.
Ovviamente i tacchini di Forza Italia, già pronti alla strage di Natale via taglio dei parlamentari e crollo elettorale, non vedono di buon occhio le mosse di Cairo: loro preferirebbero gestire il declino, magari trovando un modo gentile per farsi salviniani. Eppure il suo nome è considerato quello giusto per prendere in mano l’eredità di Forza Italia dentro pezzi rilevanti dell’inner circle berlusconiano: ad esempio i lettiani (nel senso dello zio Gianni e non di #enricostaisereno), ma anche Marina Berlusconi gradirebbe la “discesa in campo” (citazione) di un imprenditore così simile al padre.
Il buon Urbano intanto, che praticamente tutti i giorni finisce in pagina sui suoi giornali, costruisce con cura la sua figura pubblica, si guarda intorno curioso, fa quattro chiacchiere con l’uomo che dal nulla s’inventò un partito di governo giusto 25 anni fa e gioca coi media sulla leggenda del suo impegno politico. L’annuncio, se mai ci sarà, arriverà solo a cose fatte: d’altronde ha progettato la scalata a Rcs per dieci anni senza dirlo a nessuno. E poi pure Berlusconi fece più o meno così…