ItaliaOggi, 11 ottobre 2019
L’Arabia svela il tesoro Hegra
Hegra è il nuovo petrolio dell’Arabia Saudita che punta sul turismo. La sua apertura è il simbolo dell’avvio della trasformazione del Paese arabo. Hegra è una perla e una vetrina politica del Regno saudita. Infatti, questo sito archeologico è per il Paese quello che Petra è per la Giordania, un gioiello capace di attrarre turisti. Se ne è parlato in occasione della mostra intitolata «Al Ula, meraviglia d’Arabia» esposizione in corso all’istituto del mondo arabo, a Parigi, in corso fino al 19 gennaio 2020 che mostra vestigia sublimi e affascinanti.Nella grande campagna di promozione che l’Arabia Saudita ha lanciato per accompagnare l’apertura del paese al turismo, il sito nabateo di Hegra gioca il ruolo della testa d’ariete quale «perla del deserto» con le sue tombe monumentali e l’iscrizione, nel 2008, nella lista del Patrimonio mondiale dell’Umanità dell’Unesco. La regione di Hegra è ricca di una eredità culturale che va oltre i due secoli nei quali il popolo nabateo ha dominato la regione.
Dietro il sito archeologico di Al Ula (territorio di 22 mila chilometri quadrati a un’ora e mezzo d’areo dalla capitale Rijad), considerato «la meraviglia dell’Arabia», si estende il sito di Hegra con un centinaio di tombe nabatee sono sono uno choc visivo e emozionale per chi ha la fortuna di vederle da vicino. Meno raccolte rispetto a quelle di Petra, in Giordania, sono ugualmente scavate nella roccia, estremamente potenti e magnetiche. Qui, più di duemila anni fa si riunivano gli appartenenti a una o più confraternite religiose. Questi massicci immensi che appaiono nel deserto creano un’atmosfera mistica.
Un corridoio di 7 mila anni di storia. Le tombe sono una testimonianza scavata nelle rocce della civiltà nabatea, un popolo nomade che ha governato sulla regione per due secoli. E dei quali ha parlato nel primo secolo avanti Cristo lo storico greco Diodoro di Sicilia. L’origine geografica di questo popolo non è molto conosciuta. I nabatei furono commercianti dell’Arabia antica, insediati nelle oasi del Nord Ovest cui al tempo di Flavio Giuseppe fu dato il nome di Nabatene, indicando approssimativamente l’area che fungeva da confine fra la Siria e l’Arabia, dall’Eufrate al Mar Rosso.
I nabatei scrivevano in aramaico che nella regione era la lingua della comunicazione internazionale, ma parlavano probabilmente una lingua che è l’antenato dell’arabo attuale. Questo popolo avevava guadagnato l’opulenza grazie al commercio dell’incenso e della mirra. Controllavano la rotta carovaniera che dal Sud della penisola araba arrivava fino a Petra, nell’attuale Giordania. Dopo la partenza dei romani, la scrittura nabatea si è evoluta nel IV secolo per dare vita alla scrittura araba.