Libero, 10 ottobre 2019
Burioni affossa l’omeopatia
Da tre giorni, nelle librerie italiane, è in vendita un libro destinato ad alimentare un po’ (per essere buoni) di polemiche. Si chiama Omeopatia (ed. Rizzoli, 18 euro). Tre le parole nel sottotitolo: bugie, leggende e verità. In alto, a caratteri cubitali, il nome dell’autore: Roberto Burioni, l’immunologo e professore di Microbiologia e Virologia all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano, diventato noto al grande pubblico per le sue appassionate crociate a favore dei vaccini. Siccome non era contento di tutti gli insulti e i vaffa che i sostenitori No vax hanno rivolto alla sua persona e al suo pensiero (certificato dalla scienza), ha pensato bene di “prendersela” con l’omeopatia alla quale il 17% della popolazione italiana (più o meno otto milioni di persone) crede e si affida per risolvere problemi di salute. Perché lo ha fatto? «Viviamo in un tempo in cui la scienza è trascurata, in un Paese reduce dai casi Di Bella e Stamina (due metodi di cura per il cancro e le malattie degenerative rivelatesi privi di qualsiasi fondamento e validità, ndr). Un Paese in cui gli atteggiamenti antiscientifici hanno provocato gravi danni», spiega Burioni. «I vaccini sono stati soltanto la punta di un iceberg, pensi che nel 2015 la copertura in Italia era inferiore a quella del Ghana». Ora le cose sono cambiate e il medico spera che accada lo stesso anche con l’omeopatia. Partiamo dalla bugia spiegata nel libro. «È che l’omeopatia non serve a nulla, è una teoria senza alcuna plausibilità scientifica. Oggi, nel 2019», spiega Burioni, «ce lo dice la chimica: nei preparati non c’è nessun principio attivo, risulta priva di qualsiasi efficacia». Anzi, per trovarne una minima traccia bisognerebbe assumere piscine intere di preparato, visto che, spiega Burioni tra le pagine del suo scritto, l’elemento principale dei preparati omeopatici è l’acqua, «nel migliore dei casi pura, ma niente altro. Chiara, fresca e dolce (se c’è stato aggiunto dello zucchero) acqua». La leggenda? «È quella dell’oscillococco» di cui si parla nel primo capitolo del libro. «Un errore sperimentale che è diventato un farmaco. Una cosa che nemmeno in un film surreale...». l’oscillococco E racconta della storia di Joseph Roy, medico militare che, finita la Prima Guerra Mondiale e voglioso di indagare sulla natura dell’influenza spagnola che aveva ucciso più del conflitto (si stima tra i 40 e i 100 milioni di persone contro i 10 della Guerra) si mette al microscopio che sa utilizzare come un allievo alle primissime armi, e confonde le bolle d’aria che si creano nei vetrini maldestramente maneggiati per un batterio che chiamerà oscillococco, che è pure un nome suggestivo. «Oggi in farmacia si può trovare una cosa che non esiste a caro prezzo». Infine, c’è la verità. «Tante persone in buona fede pensano di trovare giovamento, ma è soltanto una impressione che studi rigorosi non provano». Esiste, secondo il medico, un «effetto placebo che influisce sulla percezione di medici e pazienti» che sono «suggestionabili». Ci sono malattie, come il raffreddore, per esempio, che guariscono da sole. O con l’acqua, verrebbe da dire, magari con un po’ di zucchero. Leggere per credere. Certo, a chi nell’omeopatia crede non si può certo imporre per legge di affidarsi a cure di «provata efficacia». Ma non va nemmeno dimenticato che non «affidarsi» può portare anche alla morte, come è successo due anni fa ad un bambino di Cagli, provincia di Pesaro Urbino, morto a sette anni per una otite curata con l’omeopatia e trasformatasi in encefalite, e come è successo a Bari ad un bambino di quattro anni è morto di polmonite. Anche lui curato con preparati omeopatici. È vero, esiste la libertà di cura, ma «solo quando si è correttamente informati», fa sapere la Gimbe, fondazione che promuove formazione e ricerca in ambito sanitario. economia che gira E allora? Se l’omeopatia è acqua fresca, perché i medici continuano a proporla e così molti farmacisti? Se non ha una efficacia comprovata, perché medici e farmacisti sono abilitati a prescrivere e a vendere questi preparati? La risposta è semplice. «Molta gente ci guadagna», scrive Burioni nel libro. «Ci guadagnano le università che organizzano corsi, ci guadagnano i medici, ci guadagnano i farmacisti, ci guadagnano le aziende che producono preparati omeopatici che in Italia hanno avuto, nel 2018, un fatturato di circa 300 milioni di euro». Insomma, i soldi, si dice in qualche angolo d’Italia, fanno venire la vista a chi non ce l’ha. Un giro d’affari, secondo Burioni (ma è in ottima compagnia) che sottrae risorse preziose che invece potrebbero essere utilizzate per la sanità «certificata». «Anche se interamente a carico del cittadino che li compra, i prodotti omeopatici godono della detraibilità fiscale come tutte le altre spese sanitarie», spiega Nino Cartabellotta, presidente Gimbe, «significa che tra prodotti e visite mediche “omeopate” si generano detrazioni stimabili tra i 30 e i 40 milioni all’anno». Soldi, inutile dirlo, a carico di tutta la comunità. «È grave che l’omeopatia venga offerta a spese del Servizio sanitario nazionale in alcune Regioni», osserva Burioni. Che ai medici di settore riconosce il solo merito di «saper parlare con i pazienti», e ai quali suggerisce di riconoscere che «due più due fa 4 e non si può dire che fa cinque o tre». La scienza contro l’acqua fresca.