Il Sole 24 Ore, 9 ottobre 2019
L’Irlanda si prepara al no deal
L’Irlanda si prepara al peggio e mette da parte 1,2 miliardi per far fronte al temuto no-deal. La misura è contenuta nel bilancio 2020 presentato ieri dal ministro delle Finanze Paschal Donohoe, che ha definito un’uscita di Londra dall’Unione europea senza accordo «l’ipotesi di base». «Questo non significa – ha precisato il ministro – che un no-deal è inevitabile, ma dobbiamo essere pronti se si verificherà».Di qui la decisione di rinunciare ai tagli alle tasse e agli incrementi di spesa degli ultimi anni per tenere da parte fondi destinati alle imprese, pur senza tornare all’austerity dei tempi recenti, soprattutto grazie a impegni già prefissati: investimenti nel campo delle infrastrutture, aumento degli stipendi nel pubblico impiego. Più in dettaglio, il finanziamento del piano anti-Brexit – che porterà il deficit allo 0,6% del Pil dal surplus di bilancio conseguito per la prima volta in dieci anni nel 2018 – prevede tra l’altro 650 milioni a sostegno di agricoltura, imprese e turismo e 365 milioni per i costi del welfare, stimati in aumento. Tra le conseguenze del no-deal, del resto, si calcola anche la perdita di 80-85mila posti di lavoro. Se infatti è vero che le imprese irlandesi più vulnerabili a una Brexit senza accordo valgono l’11% dell’export totale, da loro dipende più di metà degli impieghi diretti secondo le stime fornite dall’Ibec, la principale organizzazione imprenditoriale del Paese.«Gli interventi previsti nel budget – ha spiegato ieri Donohoe al Parlamento – forniranno sostegno ad aziende di tutte le dimensioni, con particolare attenzione ai settori più colpiti, inclusi alimentare, manifattura e servizi».
L’Irlanda è da tempo considerata il Paese più esposto, ovviamente dopo il Regno Unito, ai rischi di una Brexit senza accordo, anche se da mesi si sta preparando e sta cercando di attrezzare le sue imprese per far fronte a questa eventualità. In base al budget presentato ieri, l’economia crescerà l’anno prossimo solo dello 0,7% in caso di no-deal rispetto al +3,3% che registrerebbe con un accordo che garantisse la continuità degli scambi commerciali (e a confronto con il +5,5% che dovrebbe toccare quest’anno. Una pesante battuta d’arresto per un Paese da poco uscito (brillantemente) dalla grave crisi economica e finanziaria che lo costrinse nel 2010 a chiedere un pacchetto di aiuti internazionali. I sostenitori di Brexit speravano che l’interesse irlandese a tutelare la propria economia ammorbidisse la posizione di Dublino nei negoziati in corso tra Londra e l’Unione europea, che vedono proprio la “questione irlandese” – dal confine interno all’isola allo status futuro dell’Irlanda del Nord – al centro dello scontro. Ma su questo, finora, il governo guidato da Leo Varadkar non ha mostrato segni di cedimento.