Corriere della Sera, 9 ottobre 2019
Maratona, Kipchoge attacca il muro delle 2 ore
Al momento l’unica certezza è la pista di lancio: il Prater di Vienna, celebre parco pubblico della capitale austriaca. Il giorno e l’ora li stanno concordando esperti di meteorologia, fisiologia umana (e disumana), ritmi circadiani, aerodinamica e altro. Il secondo tentativo di sbriciolare il mitologico muro delle due ore in maratona dovrebbe avvenire sabato, tra le 5 e le 7 di mattina, quando i muscoli, i polmoni e il cervello di Eliud Kipchoge – per molti il più forte runner di lunga distanza di sempre – formeranno un mix perfetto con la temperatura (tra i 7° e i 9°), l’umidità e lo spirare del vento viennese.
Sul «1.59 Challenge», Ineos – terza impresa chimica del mondo, proprietaria dell’ex Sky di ciclismo, di una sfidante di America’s Cup, del Losanna e del Nizza calcio – ha investito una fortuna sostituendosi a Nike che, due anni fa, aveva appoggiato il primo tentativo (fallito) nell’autodromo Monza dove Eliud corse 25” più lento. Ora tutto è ingigantito. Kipchoge si misurerà lungo un anello piatto di 9.600 metri, in una zona della capitale dall’aria finissima, supportato (Ineos spera) dalla folla plaudente che mancava a Monza e visto da (stima) 800 milioni di utenti tv e Youtube.
Per aiutare il vincitore di Rio 2016 a mantenere costante il ritmo – oltre al solito raggio laser proiettato davanti a lui da un’auto elettrica – Ineos ha selezionato nel parco atleti Nike 42 lepri di livello mostruoso: medagliati mondiali e olimpici (per la maggior parte africani ma anche i fratelli bionici norvegesi Ingebrigtsen e gli americani Lagat e Centrowitz) capaci di volare senza scossoni al ritmo (2’50”59 al chilometro) che serve a scendere di un centesimo sotto le due ore. Il motto del tentativo è «Nessun essere umano ha dei limiti» e il focus dell’impresa si è spostato da quello fortemente commerciale di Monza (Nike lo usò come mega spot per lanciare le sue scarpe «col tacco») al tentativo del boss di Ineos, sir Jim Ratcliffe, di rendere più simpatica un’azienda che produce un mare di plastica.
Il progetto – e ci mancherebbe – è stato pianificato nei più minuti dettagli. Kipchoge (che detiene il primato mondiale «normale» di maratona: 2.01’39”) non si è mai separato nelle ultime tre settimane dalle 12 lepri più fedeli lavorando a fondo sulla sua già mostruosa capacità di correre in perfetta decontrazione a velocità siderali. Rispetto a Monza, l’obiettivo è di arrivare al punto critico (35°/37° chilometro) con più glicogeno nei muscoli, per non dover abbassare il ritmo. Come a Monza, il risultato ottenuto non potrà essere omologato: quella di sabato non è una gara e l’assistenza di lepri «intercambiabili» non è consentita dai regolamenti. Ineos ed Eliud sanno benissimo che il tentativo sarà unico e irripetibile: nessun atleta è o sarà in grado per molti anni di reggere – fisicamente e psicologicamente – uno sforzo simile.
Tra fumi e raggi laser, si sente un retrogusto artificiale: i cronisti (accesso al tracciato vietato) hanno firmato un impegno a divulgare solo i dati di performance forniti da Ineos. Ma il fascino abbonda comunque: correre 2 ore a 21 km/ora vuol dire volare sull’asfalto. Fatica, crampi, disidratazione sono in agguato e chiudere 1” più lenti del previsto è un fallimento.