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 2019  ottobre 09 Mercoledì calendario

Periscopio

Testa a testa tra «ottimismo disperato» e «pessimismo euforico». Dino Basili. Uffa news.Un buon giudice deve aver peccato. Bruno Masure, Dèbloc-notes. J’ai lu. Plon, 1998.
Un morto non ha dei diritti, salvo che in Corsica dove ha il diritto di voto. Philippe Val. Charlie Hebdo.
La crisi politica di agosto è stato il più fulmineo cambio d’abito in scena che il teatro politico ricordi. Bruno Manfellotto. Gedi.
Buona o cattiva una filosofia del ’68 in Francia c’è stata, sicché adesso Finkielkraut, Ferry e Renault possono iniziarne la demolizione. Sarebbe molto più difficile demolire la cultura sessantottesca italiana. Infatti non c’è stata. Saverio Vertone, Viaggi in Italia. Rizzoli, 1988.
Priva di passione politica, quindicenne solitaria, osservavo le manifestazioni del ’68. Guardavo le facce dei giovanissimi poliziotti sugli autoblindo e ne ero imbarazzata: quasi coetanei, e già «nemici». Ragazzi del Sud, proletari davvero, non come la maggioranza dei i miei compagni. Già questo mi lasciava perplessa. Ma ci credete veramente?, avrei voluto chiedere, mentre li vedevo allontanarsi urlando contro il Governo e contro il sistema. E certo, c’erano quelli che erano di sinistra perché «si doveva» esserlo, e quelli che alzando il pugno chiuso mostravano il Rolex al polso. Però c’erano anche dei figli di operai che venivano da Quarto Oggiaro, e Il Capitale lo avevano letto davvero. C’erano quelli con i nonni partigiani, cresciuti dentro una eredità tramandata. La sera, in certe aule c’erano ancora ragazzi che litigavano sul testo del volantino da ciclostilare. Marina Corradi, scrittrice. Avvenire.
Il problema non è cambiare idee. Il problema è che molti non cambiano tono, portando nella nuova fede lo stesso fanatismo che professavano nella vecchia. Massimo Gramellini. Corsera.
Sul piano della politica, l’ambizione di instaurare società perfette è degenerata e, nel cuore stesso dell’Europa, ha dato luogo ai totalitarismi. Ne sono venuti fuori i campi di sterminio e il gulag. Salvatore Natoli, filosofo. (Antonio Gnoli). la Repubblica.
I partiti che compongono il governo considerano la sicurezza una questione fascista, il rigore un principio di destra, il controllo dei confini un tema di Papeete. Ma soprattutto sono troppo presi a farsi la guerra tra di loro per avere il tempi di farla ai criminali. Alessandro Sallusti. Il Giornale.
Manette, tasse, merendine, promesse impossibili, qualche intrigo internazionale, nomine e il governo Conte-bis si è già impantanato. Al Quirinale e nelle capitali europee, finita l’euforia per il suicidio politico di Salvini, l’irritazione monta. Se ne sta già facendo carico il vicepresidente esecutivo Ue per l’Economia, Valdis Dombrovskis, che ha bollato come «aria fritta» la Nota di aggiornamento al Def presentata pomposamente dall’esecutivo giallorosso. Gli è stato comunque sussurrato che il nostro premier lascerà ferma al 22% l’Iva ordinaria, su cui è posta l’attenzione di tutti, mentre a Capodanno infilerà l’aumento delle aliquote Iva del 4% e del 10%, sperando che nessuno se ne accorga. Luigi Bisignani. Il Tempo.
Dopo la pronuncia della Consulta che per alcuni ha dato il via al suicidio assistito, la Chiesa bergogliana si è svegliata di colpo indignandosi che l’Italia si avvii alla buona morte. Un coro di geremiadi sull’inumanità dei nostri tempi e sull’uso discrezionale della vita che invece è sacra e non ci appartiene, poiché Dio ce l’ha data e neppure in dono ma in comodato. Insomma, le Eminenze diventano improvvisamente faconde sui Fini Ultimi, il Dio Celeste, i Destini Soprannaturali dell’uomo. La Chiesa quindi ritrova la voce pastorale scoprendo, senza ammetterlo, i guai combinati per fare politica anziché il suo mestiere. Giancarlo Perna. LaVerità.
Per quanto la rete si dia e pretenda solo elogi, il paragone che essa induce sarebbe invece quello più sgradevole. La rete infatti rimanda al ragno che la tesse e colposamente vi rigira le vittime che, poco alla volta divora. Geminello Alvi, Il capitalismo. Marsilio, 2011.
Al cinema ci vano tutti. Avvocati, operai, negozianti, intellettuali, bambini, nonne, teppisti, imbecillì, studenti, pensionati. C’è chi va al cinema per evadere, chi per riflettere, chi per ridere, chi per indicazione di regime, chi per pomiciare, chi per piangere, chi perché fuori piove. Poi c’è chi va per lavoro: i critici. Ma i critici sono gli unici che non entrano quasi mai in un cinema vero. Di solito vedono i film in una saletta privata, senza il pubblico. E in questa elitaria solitudine, alcuni di loro dimenticano che il cinema è fatto proprio per il pubblico. Ma certi critici, il pubblico lo disprezzano. E quando sono di fronte a film commerciali, che hanno un grande successo popolare, vengono dilaniati da attacchi di bile. Enrico Vanzina, Commedia all’italiana. Newton Editori, 2008.
La Romagna di Leo Longanesi è chiusa, seria. I romagnoli di professione gli facevano orrore, come il Passatore, i tribuni del vino, gli arnesi del folclore alla Bertinoro. Detestava il dialetto. Come mio padre. Piero Buscaroli, Una nazione in coma. Minerva edizioni, 2013.
Diceva Luigi Einaudi: «Certe volte dovevo trattare dei problemi del giorno. Ma invece di aprire statistiche e libri, prendevo il treno. Ci sono situazioni economiche che vanno viste da vicino. Una volta, per esempio, mi buttai su quella del porto di Genova. Camminai per giorni e giorni. Andai da Ricci, andai dall’on. Chiesa per il problema degli operai, scoprii un commissario di pubblica sicurezza che sapeva tutto dei migranti... Un commentatore politico dovrebbe sempre fare anche l’inviato speciale». Mino Monicelli, Il giornalista. Vallecchi, 1964.
Mio zio Roberto Roggero, in Russia come ufficiale pilota della 166ma squadriglia Osservazione Aerea, ricorda: «Un giorno i tedeschi che presidiavano il campo d’aviazione ci chiesero se volevamo andare con loro ad assistere all’esecuzione di cinquecento ebrei. Non ricordo se qualcuno degli avieri italiani ci andò. Però poco tempo dopo alcuni tedeschi regalarono un pianoforte a uno dei miei avieri che aveva la passione per la musica. Lui chiese dove lo avessero preso e i tedeschi risposero che era roba portata via agli ebrei». Giorgio Ruggero, Lungo il Don. Feltrinelli, 1988.
Erano nella macchina ferma, a fari spenti, sullo spiazzo a mezza luna del distributore chiuso. Tutt’intorno, la città pietrificata. Nantas Salvalaggio, Il salotto rosso. Mondadori, 1982.
I soprammobili agghindano la casa come gli aneddoti la conversazione. Roberto Gervaso. Il Giornale.