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 2019  ottobre 09 Mercoledì calendario

Berlusconi: «In A fra due anni col Monza»

Per capire quanto il monzese Adriano Galliani tenga al suo Monza, basta guardargli la cravatta. Messa da parte quella gialla degli anni rossoneri, allo stadio Brianteo ne indossa una azzurro pallido. «È una nuova tradizione, porta bene. Dobbiamo finire davanti all’Alessandria, il nostro vero competitor».
Quando Andrea Agnelli lo ha chiamato prima della partita contro la Juve Under 23 – vinta in trasferta 4-1 dal Monza, solo in testa a 21 punti nel girone A di Serie C – hanno ricordato i tempi in cui vedevano insieme le finali di Champions. La coppa del 2003, conquistata dai rossoneri a Manchester proprio contro la Juve, Christian Brocchi se l’è tatuata sul braccio destro. Giocava in quel Milan, oggi allena questo Monza che sogna la Serie A in due anni.
Silvio Berlusconi, proprietario della società tramite Fininvest ma senza ruoli formali, ha compiuto 83 anni il 29 settembre. «Fatemi un bel regalo», ha detto ai giocatori prima che partissero per la partita contro la seconda Juventus ad Alessandria. Con la vittoria, ha festeggiato anche un anno alla guida dei brianzoli: firmò i contratti il 28 settembre 2018, di modo da essere in sella proprio nel giorno del suo compleanno.Presidente, per qualche mese, è rimasto Nicola Colombo, figlio di quel Felice che fu proprietario del Milan vincitore dello scudetto nel 1977/78, prima che nel 1980 lo scandalo Totonero lo facesse precipitare in Serie B. Ora come allora, Berlusconi è arrivato dopo il disastro. Il Monza è fallito nel 2004 e di nuovo nel 2015. È risorto nel 2016 con l’umiliante qualifica di Società sportiva dilettantistica. Silvio ha fatto sparire il «dilettantistica» dal nome e ha indicato il suo programma: «I miei giocatori saranno italiani, sbarbati, non tatuati e corretti. In campo non voglio vedere simulazioni, che sono una pena».
Un anno dopo può fare un bilancio. La presidenza è passata a suo fratello Paolo. Dei tatuati, non ha potuto fare a meno. Lo sono quasi tutti i calciatori. «Forse non do il buon esempio, ma il tatuaggio della Champions vinta Berlusconi me lo concede volentieri – scherza Brocchi, che finora in campionato ne ha vinte sette su otto, inciampando solo col Siena – è incredibile quanto ami la squadra. In casa, viene negli spogliatoi prima e dopo le partite».
La barba, nella formazione titolare, l’hanno in tre (uno è Filippo Scaglia, difensore centrale arrivato dal Cittadella l’anno scorso). L’idolo della curva Pieri, insieme a capitan Andrea D’Errico, è Mino Chiricò, trequartista comprato dal Lecce. La pregiudiziale del passaporto italiano regge. «Se saliremo in B, anche lì contiamo di potere fare a meno degli stranieri. In A sarebbe più complicato», dice Brocchi. Per preparare il doppio salto di categoria Berlusconi è partito dalle strutture. Ha investito 5 milioni per ammodernare il centro d’allenamento di Monzello e per cominciare ad adeguare il vecchio Brianteo. La costruzione dello stadio cominciò nel 1982 quando Galliani – che aveva ceduto a Berlusconi il 50 per cento della sua Elettronica Industriale, azienda di ripetitori tv – era fra i proprietari della squadra brianzola, trampolino verso l’iperuranio delle cinque Coppe dei Campioni col Milan. «Non mi perdevo una partita, nemmeno in trasferta – racconta ora Galliani, amministratore delegato del Monza – stavamo mettendo in piedi le emittenti tv, ma ero stato chiaro: il Monza non si tocca. Sono tornato il Galliani di quarant’anni fa. Appena posso, Senato permettendo, mi occupo della squadra. Ci metto passione, ma i monzesi devono ringraziare Berlusconi».
Per Silvio, che invecchiando apprezza sempre più le cose vicine, il Monza è comodo perché gioca a 8 chilometri da Arcore. «Potrei andarci in bicicletta», ripete. Ed è prezioso, perché gli consente i dieci minuti di microfono aperto domenicale in cui, di fronte ai cronisti, parla di politica e di quello che gli passa per la testa, come un tempo a San Siro.
Fare il patron del Monza è un hobby costoso. I soldi in Serie C si spendono, non si fanno. Galliani definisce «eroi» i presidenti che buttano quattrini nei campi di provincia. Il Monza, più ricco delle concorrenti, costa più di dieci milioni l’anno. In B, con la spartizione dei diritti tv, le cose cambieranno. Ma bisogna arrivarci. E intanto convincere i 123 mila monzesi (oltre 800 mila con la provincia) a riempire il Brianteo, che ha una capienza da 18 mila posti di cui però ancora oggi solo 7.500 sono agibili e a norma. La scena mesta dello stadio vuoto per tre quarti non deprime i calciatori, tanto più forti e pagati rispetto agli avversari. E non spaventa gli sponsor, che fanno a gara per potere dire un giorno «io c’ero». La maglia del Monza è ancora linda e senza una scritta, come negli anni Settanta. «I pretendenti non mancano – dice Galliani – ma vogliamo un nome che sia già da Serie A».
Per portare allo stadio i brianzoli, tradizionalmente inclini a tifare Juve ancor più che le due milanesi, la società le sta tentando tutte. Ha regalato astucci biancorossi ai bambini delle prime elementari monzesi, di modo che chiedano a papà di portarli allo stadio. Quanto paghi la campagna in termini di abbonati lo si saprà l’anno prossimo, se davvero il campionato da giocare sarà quello di B. Per ora le tessere staccate sono 2.200. Il doppio della passata stagione. Un quinto di quante ne vorrebbe Berlusconi.