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A Stoccolma, aspettando il Nobel per la Letteratura
Le luci al secondo piano dell’Accademia svedese sono accese. Il portoncino di via Kallärgränd dove ha sede la prestigiosa istituzione che assegna il Nobel per la letteratura è chiuso, ma dentro qualcuno sta lavorando. Domani verranno annunciati i due vincitori. Travolto da uno scandalo sessuale senza precedenti, lo scorso anno il premio è stato cancellato. Ora riparte bicefalo, assegnando in un colpo solo due riconoscimenti, uno valido per il 2018 e l’altro per il 2019.
L’atmosfera nel vecchio quartiere Gamla Stan, dove ha sede l’Accademia, è calda nonostante la temperatura invernale. Più che dei premi letterari si parla di Greta, che venerdì potrebbe vincere il Nobel per la Pace. Nella piccola libreria Bok Handel si azzardano però previsioni sui premi letterari. La libraia Helena Landberg tifa per Jamaica Kincaid: «Mi auguro vinca lei», dice ridendo. Insieme a lei c’è Ingrid Caldberg, che ha appena pubblicato un saggio sulla storia del premio, dal titolo Nobel. The enigmatic Alfred, his world and his prize . «È il mio preferito —diceIngrid indicando unodei romanzi più amati di Kincaid, MrPotter — Anch’io spero scelgano lei».
L’anno zero
In realtà quest’anno le previsioni sono molto difficili. Più che probabile che tra i due vincitori ci sia una donna. C’è chi azzarda addirittura che entrambi i premi saranno femminili. Ma basterà per ripulire l’immagine patriarcale della vecchia Svenska Akademien? Comunque sia, questo è l’anno zero, l’anno del pensiero magico. Le precedenti liste di candidati sono state azzerate, troppo compromesse con il passato. Ladbrokes, la famosa società di scommesse britannica, quella con i bookmaker più scatenati, quest’anno non fa pronostici. La sensazione è che l’azzardo sul nulla non convenga. Qualcosa però si muove. Su Unibet i nomi circolano: in pole position due canadesi, Anne Carson e Margaret Atwood, che va recuperando posizioni nelle ultime ore. Seguono la franco caraibica Maryse Condè, la polacca Olga Tokarczuk e la russa Lyudmila Ulitskaya. Qualche posto più giù la statunitense Marilynne Robinson e la cinese Can Xue. Tra gli uomini, gli inossidabili Haruki Murakami e Ngugi Wa Thiong’o, presenti ogni anno. Kincaid non è tra le favorite dagli scommettitori, ma a Stoccolma scalda i cuori della gente.
La scelta dovrà essere popolare per aiutare l’Accademia a recuperare un po’ di credibilità. Nell’ultimo anno sono stati eletti sette nuovi membri e il neo segretario Mats Malm è un docente di critica letteraria cinquantacinquenne che non ha nulla a che fare con il vecchio corso. È lui a confermarci che le liste dei candidati sono state create ex novo: «Il nuovo Comitato Nobel ha presentato proprie liste. In aprile ha proposto all’Accademia 15-20 nomi e a ridosso dell’estate l’elenco si è ridotto a otto. Domani prima dell’annuncio, l’Accademia si riunirà per dare la sua approvazione ai nomi proposti dal Comitato». La decisione sarà presa quindi all’ultimo momento? Chissà non sia un modo per evitare fughe di notizie. L’editrice Lena Josefsson, che incontriamo a pochi passi dall’Accademia, dove ha i suoi uffici, crede che gli accademici godano di una rinnovata fiducia: «Gli scandali sono alle spalle. Si riparte».
Il restyling
Certo gli Dei hanno dovuto abbassare la testa. Fino a due anni fa erano considerati intoccabili. La Borshuset, il fastoso edificio sede delle loro riunioni del giovedì, era il loro regno, segreto e inaccessibile. Oggi appare un fortino precario. La Fondazione Nobel, che finanzia il premio con 9 milioni di corone svedesi, circa 832 mila euro (quest’anno il doppio, visto il premio bicefalo), ha imposto l’entrata di cinque intellettuali esterni nel Comitato Nobel. Un commissariamento a tutti gli effetti. Ora vi siedono in tutto nove persone con a capo il poeta Anders Olsson, un settantenne della vecchia guardia amante degli haiku e della meditazione. Olsson per apparire più pop qualche giorno fa ha scelto di parlare attraverso un video caricato su You Tube, in cui dice che il premio deve essere meno eurocentrico e più orientato verso le brave scrittrici. Tra i grandi silurati dell’ancien régime c’è Horace Engdahl, dai suoi nemici chiamato "il diavolo", che la fa breve: «Abbiamo attraversato un periodo turbolento nei rapporti tra l’Accademia e la Fondazione, per questo ho scelto di dimettermi dal Comitato. L’ho fatto per non mettere a repentaglio il dialogo e il premio. Fa parte dell’accordo che mi astenga da commenti sull’attuale situazione».
Lo scandalo
Per capire come si è arrivati a questo, bisogna fare però un passo indietro. Tutto inizia nell’autunno di due anni fa, quando diciotto donne accusano di molestie il fotografo marsigliese Jean-Claude Arnault, marito della poetessa Katarina Frostenson, accademica tra le più stimate. L’affaire si ingigantisce e come un polipo agguanta il mondo dorato della più importante istituzione culturale svedese. Gli Dei precipitano dall’Olimpo, svelando le loro miserie. Arnault, che gestiva il club culturale Forum, il più esclusivo di Stoccolma, è inoltre accusato di aver rivelato in anticipo il nome di alcuni vincitori. Gli accademici litigano tra loro ma non ammettono colpe, fino a quando in un’intervista a Repubblica PerWastberg, allora a capo del Comitato Nobel, chiede scusa a nome dell’intera istituzione.
Il gran finale
Ma gli intrighi e i veleni fanno parte del gioco. Ingrid Caldberg ci racconta che già nel 1901, prima edizione del premio, gli accademici non godevano di ottima fama: «Erano considerati old fashioned, troppo conservatori, ridicoli. Quell’anno tutti si aspettavano che avrebbero premiato Tolstoj, invece scelsero lo scrittore francese Sully Prudhomme. Fu così scioccante che quattordici autori svedesi, tra cui Strindberg, scrissero una lettera a Tolstoj per chiedergli scusa». Domani andrà in scena la puntata di una saga che meriterebbe di essere trasformata in unaserie tv, TheAcademy, stile The Crown.