Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  maggio 04 Sabato calendario

Da "Breve storia dei sentimenti umani" di Oscar Farinetti (La Nave di Teseo)

È tutta la vita che copio, e mi sono trovato sempre benissimo. Credo che copiare sia uno dei gesti più furbi, umili, onesti e poetici che si possano intraprendere. Furbo perché si fa prima ad arrivare allo scopo. Umile perché per copiare occorre pensare che esistano persone con più talento di noi; occorre preferire i dubbi alle certezze. Onesto perché per me copiare non significa imitare e neppure rubare. Significa scoprire in un altro progetto, in un’altra persona, un’idea bellissima che, adattata al nostro progetto, ci consentirà di saltare tanti passaggi, aiutandoci così a raggiungere prima il nostro scopo originale (e si cita sempre la fonte, non ci si vergogna di aver copiato). Infine poetico, perché copiare per adattare è un’arte sopraffina che implica la discesa in campo delle corde poetiche della mente e del cuore. È pura poesia. E scusatemi se, brutalmente, definisco questo modo di agire «copiare». Colpisce l’immaginario, dunque è utile.

Per inventare l’auto si è copiato dal cavallo, per la lampadina dalla candela

D’altra parte provate a pensare come in centinaia di secoli si è costruito il futuro: copiando e migliorando le invenzioni della generazione precedente. Per inventare l’auto si è copiato dal cavallo, per la lampadina dalla candela. Pensate al percorso millenario dal vulcano al focolare, al camino, alla cucina a legna, al fornello, al piano cottura, al forno, alle piastre a induzione: ciascuno ha copiato dall’altro. Perfino per creare computer e intelligenza artificiale stiamo copiando dalla prima e più importate invenzione di cui non conosciamo precisamente l’inventore: l’uomo.

Dunque, copiare è l’arte sopraffina per assicurarci il futuro. Diciamo che è indispensabile per provare un sentimento umano di cui noi italiani abbiamo un enorme bisogno: il senso del futuro.

Dico sempre ai miei amici siciliani, che amo e stimo: «Vi sarete domandati molte volte perché con i vostri 1428 chilometri di costa, tra le più belle del mondo, non siete capaci di attrarre che un terzo dei turisti della piccola Romagna, la quale, diciamo così, non possiede uno tra i più bei mari del mondo. Evidentemente non avete trovato una risposta. Allora facciamo prima, andate in Romagna e copiate. Copiate il loro senso dell’accoglienza, copiate il loro modo di intrattenere, copiate le loro strutture e infrastrutture». Allo stesso modo suggerirei a Roma di andare a capire sul posto perché Dubai fa il doppio in fatto di turisti stranieri. E magari copiare alcune delle buone idee che gli arabi hanno avuto.

Pensate a una bambina e un bambino delle scuole elementari compagni di banco, ora immaginate la bambina che, sorniona, butta l’occhio sul compito del compagno di banco. Sicuri che stia copiando? Magari gli ha dato precedentemente qualche consiglio e ora controlla se il compagno sta scrivendo correttamente. Magari glielo ha chiesto lui, magari ha già finito e vuole aiutarlo. Oppure prima lui ha copiato da lei e ora si sdebita. Non sappiamo di preciso cosa stia succedendo. Ma una cosa è certa: sono meravigliosi, loro sono il futuro.

Romano Prodi, che stimo infinitamente, ha detto: «Ciò che manca agli italiani è il senso del futuro». Concordo in pieno

Romano Prodi, che stimo infinitamente, ha detto: «Ciò che manca agli italiani è il senso del futuro». Concordo in pieno. Nel 2015, all’Expo di Milano, gli Emirati Arabi hanno anticipato il motto con cui lanceranno il loro Expo del 2020, recita così: «Connecting minds, creating the future» (letteralmente: «Collegare le menti per creare il futuro»). Eh già, si fa proprio così. È l’unico modo per impadronirsi del senso del futuro. Collegarsi serve a scambiarsi idee, copiarsi a vicenda… come probabilmente fanno quei due bambini.

Il fatto è che noi italiani ci colleghiamo poco, perché tendiamo a pensare di avere sempre ragione noi e che le idee degli altri siano meno valide delle nostre. Spesso non le ascoltiamo neppure. È arrivato il momento di cambiare. Incominciamo così: copiamo da chi è più bravo di noi, verrà il giorno in cui ci sdebiteremo.