Libero, 7 ottobre 2019
Fanno più male le sigarette elettroniche o normali?
La regola è non mandar giù come oro colato il beverone ideologico che stanno propinando dappertutto sul loro conto. Parliamo della sigaretta elettronica e della classica “bionda”. A far luce sulla questione è una delle massime autorità italiane in materia, il dottor Biagio Tinghino, classe 1959, past-president della Società Italiana di Tabaccologia, direttore scientifico della National School of Medical Tobaccology nonché responsabile dei centri territoriali per il tabagismo dell’ASST di Vimercate. Tinghino non manca di sottolineare come nel giro di pochi mesi siano aumentate le segnalazioni dei maggiori organi internazionali di sorveglianza sanitaria sui danni da sigarette elettroniche. Fra coltri d’incertezze, pochi giorni fa, a pronunciarsi è stata anche la più importante rivista scientifica che cura i report di andamento delle malattie (MMWR Morbility Mortal Wkly Report). «Ha notificato cinque casi di polmonite da inalazione di sigarette elettroniche», evidenzia il luminare, «Ma sembrerebbe solo la punta dell’iceberg, visto che negli Usa, negli ultimi tempi, sono state 450 le persone a essere state ricoverate con disturbi meno gravi». Potrebbe esserci una “congiura” dei produttori di sigarette contro chi fabbrica le e-cig? «È difficile gridare al complotto dei produttori di sigarette tradizionali visto che in realtà spesso sono loro stessi a vendere sigarette elettroniche. Negli ultimi anni, le multinazionali del tabacco sono diventate produttrici di e-cig, alcune delle quali molto potenti». Che cosa può avere provocato questa epidemia negli States? «Da quanto riferito dal prof. Davidson, della Queensland University, in Australia, i giovani pazienti (18-35 anni) hanno cominciato ad avere difficoltà respiratorie, dispnea, nausea, vomito e dolori addominali, oltre che febbre elevata; dimostravano una carenza di ossigeno e avevano i polmoni infiltrati da qualcosa. Tutti avevano usato, più o meno recentemente, olio di marijuana, inalandolo attraverso i vaporizzatori elettronici». Il problema, allora, è il THC della cannabis? «In realtà le attenzioni non sono puntate sui principi attivi (THC o nicotina), ma sui solventi usati per scioglierli e renderli “svapabili”». “Svapare” è innocuo? «No. Dobbiamo distinguere tra i danni a breve termine e i danni derivanti da un uso prolungato. Nel breve termine possiamo dire che le e-cig fanno molto meno male del fumo di tabacco, il che non significa che siano innocue. I dati sull’uso a lungo termine per ora sono pochissimi, ma cominciano ad arrivare proprio con queste segnalazioni. Ci sono malattie, come il cancro, che impiegano anni per svilupparsi a causa di un agente patogeno». Ci sono danni certi? «Sono i danni da nicotina, una sostanza capace di generare una forte dipendenza, ma anche di creare restringimento delle arterie coronarie, aritmie cardiache, aumento dell’insulino-resistenza, della pressione arteriosa, riduzione del filtrato renale e anche alterazioni permanenti della struttura delle arterie, facilitando il loro indurimento. Poi ci sono i dati che rivelano che le sigarette elettroniche emettono metalli pesanti come nichel e cromo, noti cancerogeni, oltre al piombo». L’elemento di somiglianza tra le bionde e la sigaretta elettronica sarebbe la nicotina? «Esattamente. Qualche decennio fa era di moda lo slogan “il tabagista fuma per avere nicotina, ma viene ucciso dal fumo”, che non si è rivelato del tutto esatto. Uccide anche la nicotina, meno, ma uccide. E soprattutto “nicotina chiama nicotina”, produce assuefazione». È preferibile la sigaretta elettronica alla tradizionale? «È il ragionamento che fanno alcuni esperti, ma non siamo sicuri che questa deduzione intuitiva nella realtà funzioni. In Italia, secondo i dati pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2018, il 75,3% dei consumatori di sigarette elettroniche fuma anche le sigarette “classiche”, consuma cioè in modo duale. E questo tipo di consumo non elimina il rischio di infarto. Anche se si riduce il numero di sigarette tradizionali (fino a 5), il pericolo d’infarto resta elevato perché per infarti e per alcuni tumori spesso conta di più la durata del tabagismo che l’intensità». Bisognerebbe esaminare che cosa succede su vasta scala... «C’è chi l’ha fatto, mettendo a confronto nazioni che tendono a scoraggiare l’uso di e-cig. Le sigarette elettroniche – secondo un recente studio – possono far scendere il numero di fumatori tradizionali nel breve termine, ma nel lungo periodo le cose cambiano. Ciò che fa la differenza è l’adozione di politiche di contrasto al tabacco, come l’aumento delle tasse, la proibizione della pubblicità, disincentivi per le vendite». I risultati dipendono da due variabili: quanti giovani iniziano a usare sigarette elettroniche e quanti fumatori smettono con questo sistema. E qui sta il problema, che l’uso di questi dispositivi sembra “normalizzare” nella mente dei ragazzi l’uso della nicotina, con una falsa percezione di innocuità. Gli studi dicono che chi ha usato e-cig ha quattro volte più probabilità di diventare fumatore tradizionale. Negli Usa fino al 7% dei ragazzi ha sperimentato e-cig» Esistono cure efficaci per smettere di fumare? «Esistono cure che innalzano le probabilità di smettere. Ma i servizi sono pochi, non esiste una normativa nazionale, i farmaci vengono pagati di tasca propria. Abbiamo bisogno di aiuto per far conoscere l’efficacia delle cure, altrimenti togliamo alle persone la possibilità di “guarire” dalla dipendenza. Proporre la riduzione del danno senza aver seguito cure efficaci è come consigliare a un malato di cancro di non fare la chemio, di non operarsi, e di saltare alle cure palliative». I medici italiani sono ben informati su questo tema? «Non sempre. A me è capitato di ricevere una domanda in un congresso da parte di un medico-mamma, la quale mi ha chiesto se aveva fatto bene a comprare la sigaretta elettronica alla figlia adolescente per «prevenire i danni da fumo». La collega non aveva neanche preso in considerazione la possibilità che la figlia non iniziasse né a fumare né a usare e-cig. Questo succede quando si accettano passivamente informazioni generiche legate più a slogan che a dati scientifici».