Il Messaggero, 7 ottobre 2019
Stefano Massini: «La guerra creò il calcio femminile»
«Il giorno 6 di aprile dell’anno 1917 la radio dal fronte annunciava nuovi morti. Il giorno 6 di aprile dell’anno 1917 gli Stati Uniti entravano in guerra. Il giorno 6 di aprile dell’anno 1917 Lenin preparava la Rivoluzione Russa. Ma soprattutto il giorno 6 di aprile dell’anno 1917, durante la pausa pranzo, undici operaie della Doyle & Walker Munizioni cominciarono a correre dietro un pallone. Si dice che tutto iniziò con Violet Chapman, perché fu lei che diede per prima quel calcio». Parte con un allineamento sincronico di fatti appartenenti alla macro e alla microstoria, il nuovo libro di Stefano Massini, Ladies Football Club (Mondadori, 16 euro), 192 pagine di scrittura dinamica, un romanzo di forte vibrazione sonora che, disteso nel verso di un’epica contemporanea, si può leggere anche ad alta voce. Protagoniste undici giovani donne inglesi con caratteri e storie di vita tutte diverse, undici operaie di una fabbrica di munizioni di Sheffield che in piena guerra mondiale, per rabbia e per gioco, cominciarono un bel giorno a prendere a calci un pallone: una piccola bomba che non sarebbe esplosa sul fronte ma su campi pacifici, improvvisati all’ultimo momento. Nasce così la prima squadra di calcio femminile della storia. Uscito in libreria martedì scorso, Ladies Football Club è già alla prima ristampa.
Massini, può presentarci la sua squadra?
«Con piacere. Penelope Anderson, operaia alla fresa, mediana. Brianna Griffith, reparto esplosivi, centravanti. Olivia Lloyd, addetta alla fusione, terzino destro e intellettuale. Haylie Owen, lavora al reparto polveriera, sindacalista: difensore sinistro. Abigail Clarke, è stata collocata al reparto granate, sorella di becchino, difensore. Berenice MacDougall, addetta alla sezione colatura, figlia di pastore, moglie di pastore: ala sinistra. Justine Wright, operaia alla limatura, terzino sinistro. Melanie Murray, essere vivente. Tribù: umana. E comunque: centrocampista. Violet Chapman, lavora nel magazzino munizioni, fuggitiva cronica. In campo, finché ci resta: ala destra. Rosalyn Taylor, operaia ai cilindri proiettili. In campo, suo malgrado: devoto portiere. Ci sono tutte? Ah no, manca Sherill Brian, operaia alla moda. Hanno tra i 24 e i 35 anni».
Sono donne realmente esistite?
«Mi sono ispirato a donne realmente esistite ma le loro vite e le loro personalità sono di mia invenzione. Ho cominciato a studiare il fenomeno per caso, un anno fa, e l’ho trovato sensazionale. Il calcio femminile nasce in Inghilterra dentro le fabbriche. Però ho cambiato luoghi e nomi. La vera prima squadra della storia si forma a Preston, all’interno della Dick Kerr, e si chiamarono le Signore del Kerr. Nel mio libro, invece le chiamo Ladies Football Club, e la fabbrica diventa la Doyle & Walker Munizioni».
Una delle sue operaie, Hayle Owen, fa un discorso preciso contro il capitale: «La palla è una roba fabbricata da operaie come noi, in fabbriche come la nostra Per questo prendo a calci la fottuta palla: è una figlia dell’industria che ci sfrutta tutte».
«Dietro tante storie di campioni – pensiamo a Pelé – c’è una grande povertà. Il calcio è lo sport che più si presta a diventare lo sfogatoio della miseria. In Ladies Football Club, racconto il fenomeno delle operaie contro il padrone. Loro diventeranno famose anche per questo, perché incarneranno una forma di protesta. Tutto il contrario di quello che accade oggi. Pensiamo agli incassi miliardari dei calciatori. Oggi il calcio è dei Moratti, dei Berlusconi, insomma dei capitalisti».
All’inizio, le signore giocano con la Sister K.
«Così era chiamata la sorellina buona della bomba. Lei non scoppiava, non uccideva, si limitava a saltare. Ed era a forma di palla. Però una volta si confondono e si mettono a giocare con una bomba in carne ed ossa. Che per fortuna non scoppia».
Alla fine della guerra, questa eresia finisce. Eppure le Ladies avevano ottenuto grandi successi.
«All’inizio avevano cercato di scoraggiarle in tutte i modi, creando squadre avversarie ridicole. Ma loro riescono a diventare una vera squadra di calcio. La stampa inglese le esalta. Questa eresia era resa possibile dall’assenza degli uomini che, una volta tornati dalla guerra, si mettono di traverso e di lì a poco il calcio femminile viene dichiarato fuorilegge».
I campionati femminili di calcio che si sono svolti in Francia a giugno hanno avuto una buona eco mediatica.
«È vero, ma ho conosciuto diverse calciatrici italiane e mi dicono che la sensazione è sempre la stessa: in un mondo tutto maschile, come donna sei ancora percepita come corpo estraneo».
Ladies Footclub Club è costruito come una polifonia con undici strumenti da far suonare. Diventerà uno spettacolo?
«È probabile. È da lì che vengo. Come drammaturgo, sono sempre stato considerato il meno teatrale. Ora, come romanziere, porto sulla pagina il saggio, la letteratura, il teatro e il cinema».
Se ne farà un film?
«Una casa di produzione inglese si è detta interessata a comprare i diritti».