il Giornale, 6 ottobre 2019
Passare dai democratici a Italia Viva conviene
È ancora presto per dire se abbia fatto la scelta politica giusta chi è passato dal Pd a Italia Viva, ma dal punto di vista delle finanze personali degli ex piddini scissionisti non c’è dubbio, lasciare il Pd e andare con Renzi conviene. Per i parlamentari che hanno fatto il trasloco la differenza vale circa 2.500 euro al mese. Non che cambi il loro stipendio da deputati o senatori, quel che cambia sono i versamenti mensili che l’appartenenza al gruppo Pd imponeva e che invece il nuovo gruppo renziano non prevede. Un parlamentare eletto nel Pd deve bonificare a fine mese in media 1.500 euro al partito nazionale, come «contributo al Pd nazionale per i servizi resi», e si intende i benefit che riceve in cambio, tipo una segreteria o l’addetto stampa spesso in condivisione con altri colleghi. Ma siccome il partito democratico è strutturato su vari livelli, un eletto deve anche versare dei soldi alla struttura regionale di sua competenza, altri 1.000 euro di solito, che rappresentano la restituzione dei fondi spesi dal partito regionale per la campagna elettorale con cui è stato eletto. In questo caso c’è un contratto scritto che impegna l’eletto a rimborsare il Pd, e quindi l’obbligo rimane anche nel caso in cui cambi partito. Teoricamente, perchè poi finisce che il parlamentare si rifiuta di pagare e il partito gli fa causa, come è accaduto con Pietro Grasso, passato dal Pd a Leu e «moroso» rispetto al Pd di ben 83mila euro. Il giudice ha condannato l’ex presidente del Senato e ingiunto di pagare il Pd, ma lui ha detto di voler fare ricorso.
Ma oltre al pagamento del Pd nazionale e regionale c’è poi anche al livello cittadino, in media altri 500 euro, come finanziamento per le attività organizzate sul suo territorio. Insomma a fine mese ballano circa 3mila euro, che vanno ad incidere non poco sull’emolumento da parlamentari di 10mila euro lordi, a cui comunque si aggiungono i rimborsi forfettari (esentasse) di circa 7mila euro. E una volta passati con Renzi? Ovviamente un parlamentare non verserà più un centesimo al Pd nazionale né cittadino, e probabilmente neppure restituirà i soldi al regionale, risparmiando quindi 3mila euro. Anche il gruppo renziano ha stabilito una quota di finanziamento da parte dei suoi parlamentari, ma molto più economica rispetto a quella del Pd: 500 euro al mese. In più si è deciso per un versamento una tantum per finanziare la Leopolda, circa 1.000 euro a testa (i parlamentari renziani sono una quarantina per ora). È probabile che la quota mensile aumenterà, perché al momento il movimento Italia Viva ha poche spese avendo poche strutture e personale da pagare. Ma comunque il risparmio per un parlamentare rispetto a stare nel Pd è consistente. Basta leggere l’ultimo bilancio Pd per avere una quantificazione del «debito» verso il Pd. Il capogruppo renziano Davide Faraone nel 2018 ha versato al partito 27mila euro, la ministra Teresa Bellanova 30mila euro tondi, come pure Ettore Rosato. Sacrifici mensili a cui hanno detto addio aderendo a Italia Viva. E la Boschi? Risulta in regola con i pagamenti sia al Pd nazionale che a quello di Bolzano (è stata eletta in Alto Adige), mentre l’ultimo versamento di Renzi al Pd risale al febbraio 2019. Dopo quella data, notò La Notiziagiornale, il comitato renziano «Azione Civile Ritorno al Futuro» che organizza la Leopolda, ha destinato una quota importante di finanziamenti (40mila euro) per sponsorizzare la pagina Facebook di Renzi. Come se l’ex premier preparasse già da allora la scissione dal Pd e avesse per questo deciso di non finanziarlo più anche se smentiva di volersene andare. Insomma Pd stai sereno (e con meno soldi).