la Repubblica, 6 ottobre 2019
Com’è cambiato il popolo dei rave
Sbarcati come pirati su una riva dell’alto lago Maggiore, hanno cominciato a scaricare veloci le masserizie. Ma, avuta notizia di un raduno o rave party in località Fornaci di Caldè, i carabinieri della compagnia di Luino si attivavano e, giunti sul posto, qui trovavano: un centinaio di persone, due casse acustiche, 7 fusti di birra, una tanica di vino bianco, una bombola di gas. «Non c’era neanche odore di canne…», dice il capitano Alessandro Volpini, comandante della compagnia di Luino.«È stato un pomeriggio di dialogo. Gli abbiamo spiegato che non potevano stare lì, che il posto è a rischio crollo, così se ne sono andati, dispiaciuti». Hanno ricaricato tutto sulla chiatta, riagganciata al rimorchiatore regolarmente affittato, e si sono portati via diversi sacchi di spazzatura, perché «quando siamo arrivati stavano effettivamente pulendo tutto per bene».
Nelle stesse ore, parliamo dello scorso weekend, in val d’Orcia 3mila persone si concentravano alla diga di San Piero in Campo, per ballare e/o sballare con la “cassa dritta": 130 ma anche 200 battiti al minuto, un ritmo sciamanico che come minimo ti manda in trance. Alle due del mattino di sabato attaccava la musica – techno e suoi derivati – e Antimo Verrone, titolare della country house Dimora Buonriposo, sentiva «come un rumore di lavatrice lontana, un vum vum vum, ma basso». Poi è diventato un bum bum bum e i clienti degli agriturismi «e noi residenti non abbiamopiù dormito finoa lunedì. I vetri vibravano, e anche l’acqua della piscina». Il volume di fuoco si è abbattuto su cristiani e animali, e «c’erano muri di casse alti 5 metri. Professionisti, eh, tutti tedeschi, arrivati con i camion». C’erano anche le forze dell’ordine: gli uomini del commissariato di Chiusi, i 6 carabinieri di Radicofani, i 12 di Montalcino e i 4 di Pienza. Ma come si fa a sgomberare un rave illegale di queste dimensioni, forse neanche l’esercito. Verrone ha cominciato a raccogliere le firme di protesta e «sono arrivato a 50». È indignato: la zona è patrimonio Unesco, forse gli organizzatori non lo sapevano, «credono di non dare fastidio, ma c’era da impazzire». Ammette che «tutto è stato lasciato pulito: hanno raccolto la spazzatura nei sacchi ma han dovuto lasciarli lì perché erano una montagna. Quindi noi abbiamo pagato 450 euro per farli portare via».
Gli esperti del settore sono più o meno concordi: «Location sbagliata». Concordano anche sul fatto che il rave sta benissimo, piace molto e cresce, rispetto agli inizi gloriosi e semiclandestini nei ‘90. Si sposta e si muove a livello europeo, sul sito shockraver.tracciabi. li/infoparty23 si trovano gli appuntamenti venturi, tra cui un temibile «Somewhere in Portugal», da qualche parte in Portogallo qualcuno non dormirà per tre giorni. Ma anche Calenzano, e Bologna, questi però in club o «legal location». Poi ci sono quelli illegali, che viaggiano sui social e su Whatsapp, ma lì viaggiano anche i carabinieri, e quindi arrivano e – se possono – fermano tutto, o sorvegliano e basta, se la massa di partecipanti è imponente come in Val d’Orcia.
È un mondo affascinante e necessario, o intollerabile e insensato, dipende dadove lo siguarda. Solo inLombardia ne fanno sei la settimana. La Toscana va alla grande, vedi Val d’Orcia ma anche l’ultimo capodanno in Valdichiana, e il 15 settembre in una cava a Carrara, a Ferragosto a Montepulciano. «È un grande miscelatore sociale, fatto di persone che arrivano e parcheggiano l’Audi, e di quelli che vivono per strada facendo colletta», dice Pablo Pistolesi, 45 anni, dj conosciuto come Pablito El Drito, scrittore, esperto di controcultura e autore di Once we were ravers e Rave in Italy per Agenzia X. E un organizzatore per forza anonimo spiega che «nessuno ci guadagna: non c’è biglietto, al massimo una sottoscrizione da 2 euro, quindi accessibile a tutti. Chi organizza si ripaga delle spese con il bar: 5mila lattine pagate 50 centesimi e rivendute a 2 euro, ed ecco i soldi per alimentare i generatori per le casse acustiche», sono impianti da 50/60mila watt, perciò vibra anche l’acqua delle piscine. Per Pablito, «molti cercano di criminalizzare il rave, perché è scomodo: giovani che non rispettano le regole». Ma ai giovani piace l’idea di libertà, e il divertimento è praticamente gratis. Non c’è security, entra chi vuole. Ci sono controlli invece sulle droghe varie che entrano in circolo, nei rave come in discoteca. «Ma le regine sono alcol e cannabinoidi», spiega Lorenzo Camoletto, responsabile per la parte privato-sociale del progetto Neutravel, finanziato dalla Regione Piemonte e collegato in diretta con il 118.Neutravel —ma ancheLab57 a Bologna, Nautilus a Napoli – fa il drug checking, cioè testa le sostanze, così uno sa cosa sta per mangiare e cosa rischia. «Noi usiamo la tecnologia Raman», una macchinetta che fa la scansione della pastiglia o dei cristalli e la identifica: metanfetamina, ketamina, o uno dei loro moltissimi derivati «perché il mercato ne sforna sempre di nuove». Oltre a questo, le équipe preparano un banchetto informativo e una zonachill out, protetta il più possibile dal suono, per chi vuole tranquillizzarsi. Elisa Fornero, assistente sociale e coordinatrice Neutravel sul campo, garantisce che «i ragazzi sono interessati e solidali; ciaiutanosempre amontaree smontare le strutture». Chi sono i “ragazzi”? In media hanno 23 anni, un quarto è laureato, il 36% ha un diploma. «Siamo lontani dallo stereotipo dell’emarginato, senza lavoro, studi, famiglia», spiega Camoletto. Nessuno di loro intende morire, anche se ogni tanto qualcuno è morto di ecstasy o simili. Quest’anno due le vittime in area rave: Francesco Ginese, morto mentre scavalcava un cancello alla Sapienza, dove c’era la Notte bianca dei collettivi, e il dj Maurizio Canavesi, accoltellato sotto casa da unamicoalritorno daunrave inToscana.
«Tutti sono contenti di vedere il nostro furgoncino alle feste, che non sono luoghi di perdizione e consumo sfrenato di sostanze», dice Elisa, «sono uguali a qualunque discoteca». «E il movimento è sempre più grande e più forte, e poi siamo tantissimi», dice Tobia D’Onofrio, autore di Rave New World (anche questo edito da Agenzia X). ma ammette che «l’utenza che 30 anni fa era legata all’ underground oggi si scontra con il mainstream. Il fenomeno culturale è esploso». Quindi, siano i cento di Luino o i 3mila in Toscana, difficile fermare il bum bum bum.